CAPECE
. La famiglia Capece, detta in origine Cacapice, originaria di Sorrento, si trasferì in Napoli ai tempi di Manfredi. Fu perseguitata da Carlo I d'Angiò, sicché quelli dei suoi componenti che riuscirono a farlo, lasciarono il regno. Dopo qualche tempo però gli esuli tornarono in patria e furono riammessi nel godimento dei feudi e delle ricchezze, di cui erano stati spogliati. I C. furono iscritti al seggio napoletano di Capuana e Nido, e, per non rimanere inferiori di fronte ai Caracciolo nelle elezioni dei rappresentamti ai seggi, si unirono ad altre famiglie, quali i Piscicelli, i Tomacelli, i Bozzuto, i Latro, i Galeota, i Minutolo, gli Zurlo. Tutte queste associarono il proprio cognome a quello dei C., formando così un solo organismo familiare, che operava compatto nella vita cittadina, e aveva anche (dal 1584) un particolare "Monte", detto dei Capece, per dotare le figliuole femmine e soccorrere i maschi appartenenti alle varie famiglie del gruppo. Per quanto si è detto non deve ritenersi esatta la derivazione di tutte le famiglie, che unirono il nome a quello dei C., dal comune tronco dei C. stessi.
Fra i membri della famiglia C. ricorderemo un Marino, che diresse la costruzione di Manfredonia, partecipò alla battaglia di Benevento e - col fratello Giacomo - fu mandato al supplizio da Carlo d'Angiò, per aver parteggiato per Corradino di Svevia. Più famoso dei due fu l'altro fratello Corrado, signore di Atripalda. Questi combatté per Manfredi a Benevento; poi, quando Corradino scese in Italia, Corrado sbarcò in Sicilia con Federico di Castiglia, e trasse l'isola a ribellarsi a Carlo d'Angiò. Nominato vicario del giovane Hohenstaufen, C. resse la Sicilia sinché gli Angioini lo costrinsero ad arrendersi nella fortezza di Centuripe. Caduto nelle mani di Guglielmo l'Estendart, fu accecato e impiccato (1270). Nel Cinquecento troviamo Antonio C., lettore di diritto civile e feudale nello Studio napoletano, regio consigliere di Ferdinando il Cattolico e di Carlo V, autore di una raccolta di Decisiones (Venezia 1556 e 1564) emesse dai tribunali di cui fece parte. Morì a Napoli nel 1545 Anche nel sec. XVI vissero il poeta latino Scipione C. (v.) e Porzia C., moglie dell'altro poeta Bernardino Rota, morta nel 1559. Del Settecento è il teatino Gaetano Maria C., arcivescovo di Trani e professore di etica nell'Università napoletana dal 1754 al '69.
Bibl.: G. Capecelatro, De antiquitate et varia Capyciorum fortuna, Napoli 1830.