capello
. In senso proprio, il termine compare al singolare nella forma tronca capel, in If XXXII 99 El converrà che tu ti nomi, / o che capel qui sù non ti rimagna, e Pg XXVII 27 [la fiamma] non ti potrebbe far d'un capel calvo; al plurale: in Rime CIII 63 biondi capelli; Cv III XIV 8 Democrito, de la propria persona non curando, né barba né capelli né unghie si togliea; If XVVII 121 già t'ho veduto coi capelli asciutti; XXXII 103, XXXIII 2, Pg 135; la forma apocopata, al plurale, si trova in Detto 167 Capo' d'oro battuto / paion, che m'han battuto, / quelli che porta in capo.
In Pd XXXII 70 Però, secondo il color d'i capelli, / di cotal grazia l'altissimo lume / degnamente convien che s'incappelli, il termine c. compare in un'ardita metafora che deriva dall'allusione ai vv. 67-69 ai due gemelli Esaù e Giacobbe, l'uno di pelo rosso e l'altro bruno (cfr. Gen. 25, 25): D. estende l'immagine a indicare la diversa intensità della grazia di cui ciascuno è dotato nascendo (per Benvenuto " qualitatem... gratiae divinae "). Diversa è l'interpretazione accettata ai vv. 70-71: la '21, il Casella, il Sapegno, il Mattalia pongono la virgola dopo grazia (v. 71) e non dopo capelli (v. 70), ma " sembra male accettabile la metafora del color de' capelli de la grazia, mentre meglio di cotal grazia può dipendere da s'incappelli al v. 72 " (Petrocchi, ad l.; la stessa interpunzione e tesi è nel Chimenz).