capitale finanziario
Insieme dei mezzi finanziari messi a disposizione di un’impresa dai proprietari e dai prestatori esterni per le esigenze dell’attività aziendale.
Spesso viene interpretato in senso più restrittivo come sinonimo di patrimonio netto o capitale netto risultante da bilancio. Questo è dato dalla somma di c. sociale nominale, di vari tipi di riserve derivanti da accantonamento di utili o da altre evenienze straordinarie (sovraprezzo azioni) e di utili ancora da destinare; vanno invece detratte dal c. netto eventuali perdite di esercizi precedenti ove non ancora contabilmente coperte con diminuzione delle riserve o, addirittura, con abbattimento del c. sociale nominale. Talvolta si aggiungono al c. netto anche altre riserve precauzionali, quando esse non fronteggino perdite o evenienze negative attese, ma siano appostate per irrobustire la tenuta societaria a fronte di eventi negativi imprevedibili.
Sinonimo di c. f., il c. di rischio differisce dal capitale di debito, che è prestato da terzi (banche o anche altri finanziatori) al fine di conseguire un rendimento prefissato (interesse) ed esente da incognite, tranne che nel caso di insolvenza dell’impresa. Invece, il c. di rischio ottiene una remunerazione solo dopo aver compensato tutti gli altri fattori produttivi (compresi i c. prestati da terzi); in caso di risultati insoddisfacenti vi è dunque per i soci il pericolo di non percepire alcun reddito sul c. proprio, o addirittura di perdere in parte o totalmente il c. apportato. È ovvio che, in cambio di questa assunzione di rischio, il rendimento atteso da un investimento in c. di rischio sia maggiore (eccesso di rendimento o premio al rischio) di quello contrattualmente concesso ai prestatori di c. di debito.
Nella cosiddetta teoria del portafoglio (➔ anche Markowitz, Harry M.), la capital market line è la retta che sintetizza una relazione lineare fra (eccesso di) rendimento e rischiosità di portafogli congegnati in modo efficiente. Algebricamente vale la Ep−r=λσp. A primo membro compare l’eccesso di rendimento, a secondo membro esso viene scomposto nel prodotto della costante λ, che rappresenta il prezzo unitario del rischio, per le unità di rischio globalmente assunte, misurate dallo scarto quadratico medio σP del portafoglio. Tale prodotto è detto premio al rischio. A seconda delle caratteristiche dell’impresa, il c. di rischio dovrebbe essere fornito da differenti tipi di investitori. Le aziende in fase sperimentale dovrebbero essere sostenute dagli investimenti di business angels (➔ angel) o da incubatori; quelle promettenti, ma non ancora affermate, dal cosiddetto venture capital; le imprese in fase di rapida crescita da fondi di private equity (➔ equity) o di investment banking; quelle ormai affermate dovrebbero raccogliere c. mediante emissioni azionarie su mercati di borsa. Per quanto riguarda le aziende in fase di ristrutturazione o riconversione, esse sono oggetto di interesse da parte degli ‘specialisti in salvataggi’, che cercano di estrarne quei valori e competenze che ancora possono interessare al mercato, abbandonando al loro destino il resto delle componenti aziendali.
Quando un debito viene estinto con una sequenza di versamenti, detti rate, si definisce quota c. la parte della rata di ammortamento destinata a diminuire il debito residuo.