CAPITAZIONE
. Nell'ordinamento finanziario delle provincie romane durante l'impero, accanto al tributo fondiario consistente in una quota del prodotto lordo (da un decimo a un quinto), pagabile in natura o nell'equivalente in danaro, si fa strada un'imposta prelevata sugl'individui come tali, e detta tributum capitis. Non senza retorica, adattando alle persone la dottrina vigente per i fondi provinciali, si è scritto che col tributo il singolo riscatta il diritto sulla propria persona, concettualmente spettante all'imperatore; ma in realtà l'imposta colpisce l'uomo come forza produttiva, onde la limitazione agl'individui in età lavorativa (dai 14 ai 60 o 65 anni): quanto alle donne, i sistemi variano da provincia a provincia, sicché, mentre sono colpite in Siria, sono esenti in Egitto. Per formare i ruoli degli obbligati si procedeva a operazioni periodiche di censimento, e il nome di questo (λαογραϕία) si estese al tributo stesso, avvicendandosi con la denominazione tecnica di ἐπικεϕάλαιον. Pare che fossero esenti le classi superiori della popolazione, p. es. in Egitto le famiglie di stirpe greca: onde la probabile identità fra λαογραϕούμενοι e dediticii (ὁμόλογοι?).
Ma la denominazione di capitatio non si riferisce propriamente al tributo descritto, bensì all'imposta diretta dioclezianea, che cercò di ragguagliare all'uomo libero come forza produttiva anche gli schiavi e gli animali, e soprattutto i fondi. D'allora in poi, il caput fu un'unità fiscale, espressiva di ogni ordine di ricchezza, e rispondente a un'aliquota unica, che però ben presto si ridusse a colpire la terra e i suoi lavoratori, esentando le plebi cittadine. La capitatio è detta plebeia, quando pesa sull'uomo sprovvisto di beni; humana, se grava sul proprietario di uno schiavo (o forse ogni volta che sia oggetto d'imposizione la forza lavorativa di un uomo, libero o servo); animalium, se è pagata in ragione degli animali posseduti; annonaria (o iugatio), se ha funzione di tributo fondiario.
Agli effetti del pagamento dell'imposta, valgono le dichiarazioni (debitamente controllate) dei contribuenti, dette professiones censuales. I dati vengono raccolti in libri catastali, che si rinnovano ogni 15 anni; di anno in anno, poi, a seconda dei bisogni pubblici, si fissa la cifra globale dell'imposta dovuta da ciascuna diocesi o provincia, e tale cifra viene divisa fra i capita risultanti. Poiché in questo modo a ogni censimento corrispondono 15 annualità (indictiones) d'imposta, invalse l'uso di numerare gli anni secondo l'ordine delle indictiones, ricominciando da capo a ogni censimento: così, essendo stato fatto il censimento nell'estate del 312, l'anno dall'ottobre 312 al settembre 313 risponde alla prima indizione (sembra anzi che in questo momento l'usanza abbia avuto inizio), l'anno 313-314 alla seconda, e così di seguito fino al 326-327, mentre il 327-328 è nuovamente di prima indizione. Quest'uso si conservò, come è noto, fino all'alba dell'età moderna.
Assai variabili di tempo in tempo, e spesso per noi oscure, sono le misure e quantità di oggetti e soggetti imponibili occorrenti a costituire un caput. Dapprima fu almeno osservato il principio che ogni uomo atto al lavoro (libero o servo) fosse un caput, e che due donne equivalessero a un uomo; ma poi Teodosio il Grande (386) dispose che cinque uomini od otto donne formassero rispettivamente due capita (onde la binorum et ternorum exactio descritta da Cassiodoro, Var., III, 8, 2, per cui due o tre uomini alternativamente sono insieme tenuti a pagare un solo caput). Quanto al caput fondiario, detto anche nelle varie diocesi iugum o centuria o millena, le opinioni dei moderni sono profondamente discordi: comunque, la estensione non fu eguale per ogni specie di terreni e inoltre vi furono notevoli varietà da luogo a luogo. Altrettanto variabile era il tributo imposto a ogni caput: i due solidi aurei percepiti secondo la legge dell'imperatore Maioriano (460) sono ben lontani dai sei o sette che il Lot calcola per il territorio degli Edui pochi decennî più tardi; si direbbe, in ogni modo, che il criterio della decima del prodotto lordo, vecchia tendenza dell'amministrazione romana, sia stato anche qui un punto di riferimento.
Il nome di capitazione (o capatico) si trova anche usato per tributi di età medievale e moderna assomigliabili all'antico tributum capitis e più noti col nome di testatico (v. imposte e tasse: Storia).
Bibl.: F. Walter, Storia del diritto di Roma, trad. Bollati, I, Torino 1851, p. 518; F. K. von Savigny, Vermischte Schriften, III, Berlino 1850, p. 67 segg.; C. E. Zachariae von Lingenthal, Zur Kenntniss des römischen Steuerwesens, nei Mémoires de l'Acad. de St.-Pétersbourg, s. 7ª, VI (1869); O. Seeck, Capitatio, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., III, 1899, col. 1513 segg.; id., Die Schätzungsordnung Diocletians, in Zeitschr. für Soz.-u. Wirtschaftsgesch., p. 275 segg.; F. Leo, Die capitatio plebeia und die capitatio humana im römisch-byzantinischen Steuerrecht, Berlino 1900; F. Thibault, L'impôt direct et la propriété foncière dans le royaume des Lombards, in Nouvelle revue histor. de droit, 1904; id., Les clarissimes et la capitatio ou iugatio sous le Bas-Emp. rom., IV, 1896, in Vierteljahrschrift für Soz.- u. Wirtschaftsgesch., IX (1911), n. 3; M. Rostowzew (e U. Wilcken), Studien zur geschichte des römischen Kolonates, Lipsia 1912, p. 219 segg.; A. Piganiol, L'impôt de capitation sous le Bas-Empire romain, Chambéry 1916; F. Lot, De l'étendue et de la valeur du caput fiscal sous le Bas.-Emp., in Revue histor. de droit, s. 4ª, IV (1925), pp. 5 segg., 177 segg.; F. Laum, Λαογραϕία, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl. d. class. Altertumswiss., XII (1924), 732 segg.