Vedi CAPITOLIUM dell'anno: 1959 - 1994
CAPITOLIUM (v. vol. II, p. 326)
La situazione contraddittoria delle fonti circa l'opera di Tarquinio Prisco e di Tarquinio il Superbo nell'edificazione del Tempio di Giove, Giunone e Minerva sul Campidoglio viene ora risolta di preferenza in favore del primo Tarquinio sia in base a una (del tutto ipotetica) attribuzione a questo tempio delle terrecotte della Protomoteca databili ai primi decenni del VI sec. (Martinez Pinna), sia in base a una rialzata cronologia di Vulca, autore del simulacro di Giove nel C. (Colonna). Sembra tuttavia preferibile attribuire il tempio capitolino a Tarquinio il Superbo, e relegare le notizie relative a Tarquinio Prisco nel dossier delle duplicazioni che caratterizzano la biografia di questo re soprattutto nel campo dell'attività edilizia in Roma.
L'interpretazione architettonica del tempio capitolino non è esente da dubbi, poiché le dimensioni gigantesche dell'edificio, quali si rivelano nelle comuni ipotesi ricostruttive, pongono serie difficoltà anche di ordine tecnico (basti pensare all'intercolumnio di oltre 9 m): è perciò probabile che la grande piattaforma di cui si hanno resti sia un templum comprendente un edificio templare di dimensioni minori. Comunque, il suo schema planimetrico si deduce chiaramente dalle fonti: è quello di un «tempio tuscanico» (come definito da Vitruvio), con l'aggiunta di portici laterali che realizzano un periptero sine postico. Questa fusione del tuscanico e del períptero non fu ripetuta nei C. del mondo romano (l'esempio di Sabratha è incerto come ricostruzione e come identificazione). Altro elemento su cui si è recentemente discusso è la struttura del tetto: la tesi che esso fosse a tre falde e che mancasse di conseguenza il frontone posteriore (Colonna) non può essere dimostrata con argomenti probanti. Quanto infine al problema dell'origine della triade è da ricordare il tentativo (che sembra tuttavia da respingere) di riconoscere Tinia Uni Menrva anche a Murlo (Gantz).
Per ciò che riguarda i C. nel mondo romano ogni identificazione richiede particolare cautela, poiché la struttura tripartita non costituisce, da sola, un argomento probante (e la questione risulta ancora più incerta quando rimangono soltanto le fondazioni, che possono egualmente riferirsi a una cella fiancheggiata da alae·, è questo uno schema documentato con sempre maggiore frequenza nell'età repubblicana). Per più sicure conclusioni sono necessari documenti epigrafici o iconografici o la prova di un preesistente culto di Giove. Pertanto si può considerare probabile l'identificazione come C. del tempio tuscanico di Minturno (solo fondazioni), poiché sembra sostenibile la preesistenza di un culto di Giove (ma un elemento sfavorevole è forse l'ubicazione esterna alla primitiva colonia). Probabile è anche la recente identificazione come C. del tempio tuscanico di Luni (anche in questo caso si hanno solo le fondazioni), situato esattamente nel centro della città, su un lato del foro (separato tuttavia dalla Via Aemilia Scauri)·, risale probabilmente all'età della fondazione della colonia (177 a.C.); in tal caso dovremmo escludere la vecchia identificazione come C. del grande tempio a tre celle situato in posizione leggermente elevata, nella zona settentrionale della città (come il C. di Aquino). Sempre in base al criterio dell'ubicazione nel foro, si è proposto (Coarelli) di identificare il C. di Terracina col tempio situato nel lato corto della piazza (ma non si può escludere la corrente identificazione col tempio a tre celle esistente subito fuori la piazza). In base a varie considerazioni si sono avanzate ipotesi di riconoscere C. in templi di Isernia, Carnuntum, Avenches, Zara, ecc. Alcuni dubbi sono stati invece avanzati per correnti identificazioni: per il C. di Narbona (Gros), nonostante la tripartizione delle fondazioni, e per Brescia (N. Degrassi).
Considerando gli edifici identificati, con sufficiente margine di probabilità si possono mettere in evidenza le seguenti tipologie: struttura a tre celle che presentano rapporti simili al tuscanico, ma talora hanno dimensioni tra loro identiche (in alcuni casi invece le celle laterali sono ridottissime); tre edifici singoli collocati su un medesimo podio (Brescia, Trieste, Nesazio), ovvero separati (Sufetu- la, Baelo, nella Betica); tempio a una cella contenente tre basi per statue (Pompei, Ostia, Timgad), ovvero divisa in due o tre navate (Lambesi, Thuburbo Maius). Un particolare interessante presenta l'inserimento nel tessuto urbanistico. Molto rara (un importante esempio è a Cosa) è la posizione del C. in excelsissimo loco come prescritto da Vitruvio (I, 7, 1); assai spesso il C. è nel foro, su uno dei lati brevi (Pompei) oppure su uno dei lati lunghi (Verona); talora è all'incrocio degli assi dell'originaria urbs quadrata (Ostia, Pozzuoli?), ma si trova anche esternamente al foro (Cuicul). In alcuni casi il C. è circondato da un triportico (Minturno, Luni) o da un quadriportico (Zara). Le nuove ricerche confermano la constatazione, già evidenziata da U. Bianchi, che non si hanno esempi anteriori al II sec. a.C. (completamente incerta - come già fu affermato da A. K. Lake - e comunque non databile, l'esistenza di un C. a Segni). Del II e I sec. a.C. sono quasi tutti i C. dell'Italia; nelle province i più numerosi sono del II e III sec. d.C.
Bibl.: Sul C. di Roma: T. N. Gantz, Divine Triads on an Archaic Etruscan Frieze Plaque from Poggio Civitate (Murlo), in StEtr, XXXIX, 1971, pp. 304- 324; F. Castagnoli, Topografia e urbanistica di Roma nel IV sec. a. C., in StRom, XXII, 1974, p. 434 ss.; J. Martinez Pinna, Evidenza di un tempio di Giove Capitolino a Roma all'inizio del VI sec. a.C., in Archeologia Laziale /K(Quad- AEI, 5), Roma 1981, pp. 249-252; G. Colonna, Tarquinio Prisco e il tempio di Giove Capitolino, in PP, XXXVI, 1981, pp. 41-59; J. R. Fears, The Cult of Jupiter and Roman Imperial Ideology, in ANRW, II, 17, 1981, p. 9 ss.; R. Mambella, Contributi alla problematica sul tempio etrusco-italico, in RdA, VI, 1982, pp. 35-42; P. M. Martin, Architecture et politique. Le temple de Jupiter Capitolin, in Caesarodunum, XVIII bis, 1983, pp. 9-29; F. Castagnoli, Il tempio romano. Questioni di terminologia e di tipologia, in BSR, LII, 1984, p. 7 ss.
Sui C. in Italia e nelle province: G. A. Mansuelli, Urbanistica e architettura della Cisalpina romana, Bruxelles 1971, in part. p. 128 ss.; H. Gabelmann, Das Kapitol in Brescia, in Jahrbuch der Akademie der Wissenschaft und der Literatur in Mainz, XVIII, 1971, pp. 124-45; A. Frova, Note sull'urbanistica e la vita civile, in A. Frova (ed.), Scavi di Luni, I, Roma 1973, p. 33 ss.; F. D'Andria, Zona Nord del Foro. Lo scavo del Capitolium. Conclusioni, ibid., p. 638 ss.; U. Bianchi, I Capitolia, in Atti del Convegno Internazionale per il XIX centenario del Capitolium, Brescia 1973, I, Brescia 1975, pp. 63-76; A. Frova, M. P. Rossignani, G. Cavalieri Manasse, Il Capitolium e la decorazione architettonica romana di Brescia, ibid., II, pp. 53-63; M. Suić, Il Capitolium di Zadar: sviluppo e rapporto col nesso urbano, ibid., pp. 141-44; H. Bogli, Il Capitolium di Aventicum, ibid., pp. 145-50; W. Jobst, Capitolium Coloniae Karnunti?, in AA.VV., VII, 1976, 2, pp. 19-30; A. Frova, Zona Nord del Foro. Postilla, in A. Frova (ed.), Scavi di Luni, II, Roma 1977, p. 363 ss.; I. M. Barton, Capitoline Temples in Italy and the Provinces (especially Africa), in ANRW, II, 12, i, 1982, pp. 259-339; R. Chevallier, La romanisation de la Celtique du Pô, Roma 1983, passim; M. Todd, Forum and Capitolium in the Early Empire, in F. Grew (ed.), Roman Urban Topography in Britain and the Western Empire, Londra 1985, pp. 56-66; C. Cavalieri Manasse, S. Thompson, Verona: Monte dei Pegni - Scavo del Capitolium, in QuadAVen, III, 1987, pp. 119-22.