SPADA, CAPO (A. T. p. 75-76)
Promontorio all'estremità nord-occidentale dell'isola di Creta, col quale termina la penisoletta montuosa che divide il golfo di Chisamo ad occidente, da quello di Canea ad oriente.
Combattimento di Capo Spada. - Durante la seconda Guerra mondiale il 17 luglio 1940, la divisione navale italiana d'incrociatori leggeri che si trovava a Tripoli ebbe l'ordine di portarsi a Lero, per attaccare il traffico inglese nell'Egeo. Il 19 luglio, gl'incrociatori Colleoni e Bande Nere della divisione navale in missione, al comando dell'amm. Casardi, avvistarono nel canale di Cerigotto quattro cacciatorpediniere inglesi della classe Hero. Data la netta disparità delle forze in presenza (i caccia nemici avevano un dislocamento di 1340 t. e un armamento di 4 cannoni da 120 mm.; quindi un totale di 16 da 120 mm. contro 8 da 152 mm.) il cap. di fregata Nicolson, comandante della squadra leggera inglese, sfruttando la maggiore velocità, si sottrasse, ma solo per ricongiungersi al suo gruppo più forte, distante circa 45 miglia. Da questo gruppo, non visto dalle unità italiane impegnate nell'inseguimento diretto, a causa di una densa foschia bassa, alle ore 8,29 dello stesso 19 luglio furono sparate all'improvviso in prossimità delle nostre navi alcune salve. Il tiro nemico, regolato col radar, era ben più preciso dell'italiano regolato, per la pessima visibilità, solo sulle vampate dell'artiglieria avversaria. Il nuovo gruppo britannico, impegnatosi nella battaglia, era costituito dall'incrociatore australiano Sydney (di 7000 t., con 8 cannoni da 152 mm.) e dal caccia Havoc della classe Hero; questo secondo gruppo al comando del cap. di vascello Collins, rafforzato dalle quattro navi che già avevano preso caccia, giovandosi del radar e del tempestivo intervento degli aerei nel combattimento, ben presto si avvantaggiò decisivamente sulla divisione navale italiana, che alle 8,40 perdeva il Colleoni. Più gravi conseguenze furono evitate ad opera del Bande Nere, che, danneggiato, con una caldaia spenta e a velocità ridotta, continuava tuttavia a tirare con le due torri poppiere: alle 9,21 venne colpito il Sydney, che ruppe subito il contatto balistico, non perché fortemente danneggiato, ma perché, dopo aver sparato 956 colpi di cannone, "cominciava a essere a corto di munizioni". I bombardieri italiani giunsero sulle acque del combattimento solo tre ore e dieci minuti dopo che il contatto balistico era cessato.