CAPODISTRIA, Giovanni Antonio, conte di
Nacque nel 1776 a Corfù da una famiglia istriana immigratavi sin dal sec. XIV. Studiò medicina a Padova e parve simpatizzare allora per le idee rivoluzionarie; ma quando, dopo Leoben e Campoformio (1797), i Francesi si stabilirono nelle isole Ionie e vi suscitarono le lotte dei partiti, si pronunziò contro la democrazia. Nel 1799, giunti i Russi e i Turchi, suo padre Antonio Maria redasse, sul modello di quella di Ragusa, la nuova costituzione aristocratica, che fu modificata poi, nel 1803, dal conte Mocenigo, commissario dello zar. Sin dal marzo 1800 le sette isole erano state erette in repubblica autonoma, sotto la sovranità della Turchia e il protettorato della Russia. Il giovine C., chiamato appunto dal Mocenigo all'ufficio di segretario di stato (1803), non tardò a stringere rapporti di amicizia coi patrioti greci rifugiati a Corfù, e la ricostituzione politica della loro nazione, che era anche la sua, divenne sin d'allora l'ideale supremo della sua vita. Aristocratico d'idee e di sentimenti, sebbene aperto alle esigenze riformatrici, e convinto inoltre che la causa greca non avrebbe potuto trionfare senza l'appoggio della Russia, nel 1807, quando, dopo Tilsitt, i Francesi tornarono nelle isole Ionie, si mise in disparte e, a principio del 1809, entrò al servizio dello zar Alessandro I. Inviato nel 1811 ambasciatore a Vienna, rivelò così rare attitudini diplomatiche e così sicura conoscenza delle cose d'Oriente che, di lì a poco, fu messo ai fianchi dell'ammiraglio Čičagov, capo della flotta del Danubio, con l'incarico di organizzare l'amministrazione dei territorî recentemente conquistati e soprattutto di persuadere il sultano alla pace. Il trattato di Bucarest (maggio 1812), che, rendendo alla Russia la libertà dei suoi movimenti, contribuì alla sconfitta di Napoleone, fu in gran parte opera sua. Verso la fine del 1813, trovandosi in Germania con l'esercito del Barclay de Tolly, andò nella Svizzera, insieme col Lebzeltern, per assicurare agli alleati la neutralità, ch'essi stessi poi non rispettarono, di quella confederazione. Là rimase anche dopo la caduta dell'Impero napoleonico e vi guadagnò simpatie così vive che poté influire moltissimo nella nuova costituzione federale, rimasta poi in vigore sino al 1848. Era riuscito intanto a conquistarsi anche la fiducia dello zar Alessandro, di cui condivideva un po' le tendenze fra mistiche e liberali, ma soprattutto la nobile aspirazione ad una più intima solidarietà fra i principi e fra i popoli dell'Europa cristiana. Ebbe così una parte considerevole, sebbene spesso senza carattere ufficiale, in tutte i negoziati del congresso di Vienna. Dopo Waterloo si adoperò a favore di Luigi XVIII e lo indusse, d'accordo col duca di Richelieu, a rivolgersi direttamente allo zar affinché fossero moderate, come poi avvenne nel trattato del 20 novembre 1815, le condizioni di pace che le potenze volevano imporre alla Francia. Non è certo se il documento della Santa Alleanza sia stato disteso, com'è fama, da lui; ma comunque, egli s'era fatto ormai talmente apprezzare, che, al principio del 1816, lo zar lo nominò, accanto al conte Nesselrode, segretario di stato per gli Affari esteri con particolare riguardo alle cose dell'Oriente. In quest'alto ufficio rimase quasi sette anni. Nel 1818, ad Aquisgrana, ottenne che la Francia, alla quale aveva recato intanto anche altri servizî, fosse sgombrata dalle truppe alleate. Sempre fedele alla causa greca, si teneva in stretti rapporti con le società segrete o eterie che organizzarono la rivolta armata contro i Turchi. Nel 1819 fu a Corfù, a Napoli, a Parigi e a Londra, ma ne riportò l'impressione che i tempi non fossero ancora maturi. Tuttavia il moto scoppiò nel marzo 1821, e nel gennaio 1822 i Greci proclamarono solennemente la propria indipendenza. L'ora della Russia sembrava suonata, ma il Metternich persuase lo zar che il trionfo della rivoluzione greca sarebbe servito d'incitamento ai popoli di tutta l'Europa. Alla vigilia del congresso di Verona (ottobre-dicembre 1822), il C., accusato di aver favoriio il tentativo di Alessandro Ipsilanti sulla Moldavia e sulla Valacchia, chiese e ottenne un congedo e andò a stabilirsi a Ginevra. Di là, mentre si manteneva in corrispondenza con lo zar, attese, sebbene con un certo riserbo, a costituire dappertutto comitati di soccorso per i Greci. Nel dicembre 1825 Alessandro I morì e subito il suo successore Nicolò I prese verso la Turchia un atteggiamento risoluto e minaccioso. Erano i prodromi di quell'alleanza anglo-franco-russa che, stretta a Londra il 6 luglio 1827, assicurò sin d'allora il trionfo della causa greca. Già il 14 aprile l'assemblea nazionale di Trezene aveva affidato per sette anni la presidenza del potere esecutivo al C. Questi si trovava allora in Russia, donde, date le dimissioni da ministro di stato, dopo un viaggio a Parigi e a Londra, giunse ad Ancona verso la fine dell'anno. Il 20 ottobre l'ammiraglio Codrington aveva distrutto a Navarino la flotta turco-egiziana. Nel gennaio 1828 il C. giunse ad Egina e, un mese più tardi, assunse a Nauplia, sede del govemo, il suo ufficio di presidente.
Intanto gli avvenimenti precipitavano: mentre la Morea veniva occupata dai Francesi, i Russi invadevano la Moldavia e la Valacchia e, attraversato il Danubio, s'impadronivano di Varna. Il C. approfittò di queste circostanze per tentare almeno di restituire ordine e disciplina al paese e, in breve e con scarsissimi mezzi, riuscì a compiere lavori edilizi e stradali, a fondare scuole ed orfanotrofî, ad allestir navi da guerra e da traffico, a organizzare due eserciti regolari che, per quanto piccoli, poterono, nel 1829, sotto la guida di Demetrio Ipsilanti e dell'inglese Riccardo Church, respingere i Turchi sin nell'Epiro e nella Tessaglia. Appena assunto il potere, aveva sostituito all'assemblea nazionale un consiglio di stato, corpo consultivo di 27 membri, diviso in tre sezioni corrispondenti ai ministeri dell'Interno, della Guerra e delle Finanze. Quando, prima ancora della pace di Adrianopoli (14 settembre 1829), la conferenza di Londra, dove sedevano gli ambasciatori delle tre potenze alleate, delibetò che la Grecia dovesse darsi una costituzione monarchica, contentarsi del territorio a sud dei golfi di Volo e di Aria e rinunziare alle maggiori isole dell'arcipelago, il C., protestando vivacemente contro siffatte deliberazioni, raccolse ad Argo una nuova assemblea nazionale affinché confermasse, come fece, la sua dittatura. Il consiglio di stato lasciò allora il posto a un senato anch'esso consultivo e devoto in tutto alla volontà del presidente. Ma questi era ritenuto all'estero una creatura dello zar, e l'Inghilterra temeva che, attraverso alla Grecia, l'influenza russa si estendesse al Mediterraneo. Così la conferenza di Londra, il 3 febbraio 1830, confermò i suddetti confini e stabilì che la corona costituzionale del nuovo regno fosse offerta al principe Leopoldo di Sassonia-Coburgo, che godeva le particolari simpatie del governo britannico. Il C. ripeté le sue proteste e il senato fece, per suo consiglio, le più ampie riserve a proposito non solo del territorio, ma anche dei diritti costituzionali della nazione. Il 21 maggio 1830, il principe Leopoldo rinunziò formalmente alla corona, e si disse poi che il C. stesso, per i suoi proprî fini, ve lo avesse indotto dipingendogli ad oscuri colori le condizioni della Grecia. In realtà egli era convinto che fosse necessaria una lunga dittatura, ma non credeva che potesse esercitarla uno straniero imposto da quelle medesime potenze che avevano sacrificato ai proprî egoismi la causa ellenica: un re fanciullo sotto una forte reggenza, la sua, avrebbe meglio servito ai bisogni del paese. Del resto, le delusioni avevano inasprito gli animi e, dopo tanti anni di guerriglia contro i Turchi, nessuno sapeva più rassegnarsi alla disciplina della vita civile. Le cose peggiorarono dopo la rivoluzione parigina del luglio 1830. Il C., accusato d'essere troppo ossequiente alla Russia e persino di aspirare alla corona, credette di dover ricorrere alla maniera forte, facendo - fra l'altro - arrestare Pietro Mauromicalis. Allora i Maurocordato, i Conduriotis, i Colettis, i Miaulis, e altri capi, ritiratisi a Idra, iniziarono apertamente la guerra civile. Ma il C. aveva dalla sua parte il cuore del popolo e le armi della Russia. L'isola fu subito dichiarata in stato di blocco. Nel settembre 1831 il Miaulis, assalito nel porto di Poros dall'ammiraglio Ricord, fece saltare tutti i bastimenti da guerra che erano ivi ancorati, e poscia si diede coi suoi amici alla fuga. Ben presto la rivolta poté dirsi domata, ma non dome erano le ardenti passioni che l'avevano promossa. lI 9 ottobre di quello stesso anno Giorgio e Costantino Mauromicalis, figlio l'uno e fratello l'altro di Pietro, attesero il C. mentre si recava alla chiesa di S. Spiridione a Nauplia e lo uccisero.
Il C. aveva servito la Russia per sentimento non meno che per calcolo di patriota greco. Chiamato dai suoi concittadini alla presidenza dei governo, parve quasi un rappresentante dello zar, e ciò contribuì di certo ad alimentare i sospetti del governo britannico, ma in realtà egli amò e servi sempre e soprattutto la Grecia: per lei diede, prima della vita, tutto il suo patrimonio rinunziando persino, come presidente, a qualsiasi stipendio. Dei suoi fratelli due meritano d'essere ricordati, Viaro (1770-1842) e Agostino (1778-1857). Intermediarî entrambi fra gl'insorti greci e il fratello Giovanni, parteciparono poi (1828) alla sua amministrazione, il primo come ministro della Marina e della Polizia, il secondo come commissario civile presso l'esercito del generale Church. Ma si fecero odiare l'uno e l'altro per il carattere autoritario e ostinato e per lo zelo imprudente con cui s'adoperarono, si dice, per far acclamare re il proprio fratello. Dopo la morte di Giovanni, Viaro tornò a Corfù e vi morì oscuramente. Agostino assunse invece la presidenza del governo provvisorio e la tenne, col consenso delle potenze, sino al 9 aprile 1832: poi, prima di ridursi definitivamente in patria, fu a Pietroburgo e sembra che non rimanesse del tutto estraneo alle agitazioni politiche e religiose della Grecia nei primi anni del regno di Ottone di Baviera.
Bibl.: A. Papadopoulos-Vretos, Mémoires biographiques, historiques sur le Président de la Grèce, Parigi 1837-38, voll. 2; Correspondance du comte J. C., a cura di E.A. Bétant, Ginevra 1839 (con ampia bibliografia); Comte de Gobineau, deux études sur la Grèce moderne. C. Le royaume des Hellènes, Parigi 1905 (anche: Revue des Deux Mondes, 15 aprile 1841, e Correspondant, 10 maggio, 10 luglio, 25 agosto, 10 novembre 1878).