CAPPADOCIA
Provincia romana dell'Asia Minore. L'influenza romana nella C. Cominciò a sentirsi attorno alla metà del II sec, a. C.
In breve tempo sia la dinastia degli Ariaratidi, decaduta nei primi anni del secolo seguente, sia quella degli Ariobarzanidi che le successe, si allinearono tra i reami più o meno quietamente vassalli. In effetto l'appoggio di Roma servì più volte ai monarchi della C. per imbrigliare le velleità egemoniche del regno di Armenia e dei monarchi del Ponto, segnatamente di Mitridate. Una nuova dinastia sopraggiunse in C., dopo la morte di Ariarate X, ultimo degli Ariobarzanidi, nel 36 a. C., e fu imposta da Antonio. Con Archelao, nuovo monarca, comparve nell'età di Augusto il primo magistrato romano, un procurator, inviato a sorvegliare il reame. Nei primi anni del regno di Tiberio Archelao cadde in disgrazia, e morì nel 17. Questa data segna l'istituzione della provincia di C., il cui governo, stante la posizione strategica sui confini dell'Impero, almeno quando l'Armenia e la Mesopotamia non erano in saldo possesso romano, fu costantemente tenuto da procuratori o legati imperiali. Il rango e l'estensione dei poteri di tali legati variarono invece più volte, talvolta avendosi alla testa della provincia un legato di rango pretorio e talvolta uno di rango consolare, talvolta comprendendosi nelle sue attribuzioni la provincia della Galatia, o parti di essa, come la Lycaonia, talvolta aggiungendosi alla C. l'Armenia maggiore, più spesso la minore.
L'istituzione della provincia non modificò la struttura amministrativa del territorio, che restò diviso, sino ad età avanzata, in strategie, dieci in tutto, rette da capi locali, e così nominate: Cataonia, Charanene, Cilicia, Garsauritis, Laviansene, Melitene, Morimene, Saravene, Sargarausene, Tyanitis. Questo sistema permise ai Romani il controllo dell'interno, rimasto sempre inospite e non fittamente popolato. Col tempo l'organizzazione municipale progredì, e i centri principali, con autonomia civica, assorbirono parte dei territorî delle strategie; le fasi principali della romanizzazione della C. portano i nomi di Vespasiano, che stanziò definitivamente forze militari nella regione agli ordini di un legato di rango consolare, Traiano, che nel generale riordino delle province asiatiche, definì i confini della Cappadocia, attribuendole alcuni distretti del Ponto (Pontus Galaticus, Pontus Polemoniacus, Pontus Cappadocicus), Marco Aurelio che colonizzò Halala, ove morì l'imperatrice Faustina, e nominata pertanto Faustinopolis, e Caracalla, che colonizzò Tyana. Queste città, insieme alla capitale Mazaca, cui si sostituì in epoca incerta, ma già nel I secolo, il polionimo Caesarea, Comana, Melitene, Samosata sui confini della Commagene, e Amasia nel Ponto Galatico, compongono la assai sparsa e rada rete poleografica della provincia (d'altra parte ereditata dall'ellenismo). Si aggiungono i porti fortificati sul Ponto Eusino, quali Trapezunte e Dioscuriade. Gran parte del territorio era di proprietà dell'imperatore: scarsi villaggi agricoli e agglomerati di pastori ne componevano l'economia. Il panorama culturale è dominato da un persistente conservatorismo.
All'epoca di Traiano, i confini della provincia si dipartivano dal Ponto Eusino a levante di Themiscyra (Terme) e, lasciando alla provincia pontica il territorio di Amiso, raggiungevano verso occidente il corso mediano dello Halys (Kizil Irmak), se ne distaccavano per seguire all'incirca la linea displuviale tra i bacini dello Halys e dello Scylax (Yesil Irmak), raggiungevano poi, nuovamente verso O, il Tatta lacus (Tuz Gölü), donde calavano pressoché perpendicolarmente alla catena del Tauro, che seguivano irregolarmente verso levante, passando dall'Antitauro a un punto sull'Eufrate, sotto Samosata. Tauro e Antitauro separavano la C. dalla Cilicia e dalla Syria. L'Eufrate divideva la Commagene dalla Mesopotamia, dalla Sophene e dall'Armenia sino al punto in cui il fiume, nel suo corso superiore, piegava decisamente verso oriente. Seguendo all'incirca le catene del Kesiś Daghlari, e poi del Tatos Dagh, il territorio romano si prolungava lungo la costa del Mar Nero sino alla Colchide.
La rete stradale seguiva il corso dei grandi fiumi, tra i quali, oltre lo Halys, lo Iris-Scylax, (Yesil-Irmak), che sfociava nel Ponto Eusino a levante di Amiso, e il Sarus (Seyhan Nehri), che scendeva a Tarso in Cilicia. Si avevano quindi le seguenti vie, documentate abbastanza copiosamente: da Amiso per Amasia, da Side per Comana, e da Trapezunte a Mazaca (Caesarea), e da Mazaca per Tyana a Tarso. Da ponente a levante, una via costiera collegava Sinope, Amiso, Trapezunte e la Colchide, una più a mezzogiorno da Nicomedia per Gangra e Amasia si volgeva nella medesima direzione, una via centrale da Ancyra per Cesarea e Melitene raggiungeva l'Eufrate. Una strada da Antiochia in Siria penetrava nella Commagene dipartendosi per Samosata e Melitene.
Nella diocesi Pontica, con la riforma dioclezianea, la provincia di C. fu divisa nel Diosponto, che comprese anche Amiso, nel Ponto Polemoniaco, a levante del primo e sino alla Colchide, nelle due Cappadociae, la prima attorno a Caesarea, la secunda attorno a Tyana; e l'Armenia prima, con Satala, la secunda con Melitene. La Gommagene entrò a far parte, come Augusta Euphratensis, della diocesi Asiana.
Bibl.: A. von Domaszewski, Zur Geschichte der römischen Provinzialverwaltung: V, Cappadocia, in Rhein. Mus., N. F., XLVIII, 1893, pp. 244-247; W. E. Gwatkin, Cappadocia as a Roman Procuratorial Province, in Univ. Missouri Studies, V, 4, 1930; F. Cumont, Le gouvernement de Cappadoce sous les Flaviens, in Bull. Acad. Roy. Belgique, 1930, pp. 197-204; D. Magie, Roman Rule in Asia Minor, Princeton 1950 (con bibl. prec.).
(G. C. Susini)
Iconografia. - La personificazione della C. è frequente soprattutto su monete di Adriano e di Antonino Pio. Su monete di Adriano la figura è in piedi, con un corto chitone militare ed una, clamide probabilmente di pelle di fiera. Ai piedi porta alti stivaletti e nella destra la rappresentazione convenzionale del monte Argeo; nella sinistra uno stendardo. Questo tema appariva già su monete di Archelao, re di Cappadocia dal 36 al 17 a. C. (Cat. Brit. Mus., Galatia, p. 45, tav. viii, 1) e poi su monete di Tiberio (ib., passim). Su monete di Antonino Pio la C. porta corto chitone e mantello alle spalle; alti calzari e corona murale; nelle mani, una cesta e uno stendardo, mentre la rappresentazione del monte Argeo è ai suoi piedi.
Dallo Jatta e dalla Toynbee è interpretata come C. una colossale, statua di marmo pario da Villa Adriana (Tivoli), ora ad Ince Blundell Hall: questa figura è rappresentata con corto chitone, mantello affibbiato sul petto, alti calzari: nella mano destra un insegna, nella sinistra un tỳmpanon. Per questo particolare il Michaelis l'aveva considerata una personificazione della Frigia, ma poiché alla C. fu due volte annessa la Galazia, devota al culto della Magna Mater, per lo Jatta il tỳmpanon potrebbe riferirsi ad una di queste annessioni.
Bibl.: J. M. C. Toynbee, The Hadrianic School. A Chapter in the History of Greek Art, Cambridge 1934, p. 166; H. Cohen, Monn. Emp., II, Antonino Pio, p. 282, n. 120; M. Jatta, La rappresentazione figurata delle Province Romane, Roma 1908, p. 16, tav. II, 3. Per la statua da Villa Adriana, M. Jatta, op. cit., p. 35; J. M. C. Toynbee, op. cit., p. 167, tav. XXIV, 4; A. Michaelis, Ancient Marbles in Great Britain, Cambridge 1882, p. 350, n. 42. V. inoltre: P. Bienkowski, De simulacris barbararum gentium apud Romanos, Cracovia 1900, p. 54; Mattingly-Sydenham, The Roman Imperial Coinage, Londra 1923, II, p. 428; B. Ashmole, A Catalogue of the Ancient Marbles at Ince Blundell Hall, Oxford 1929, p. 22.
(G. Sgatti)