CAPUA
La Capua medievale, anche se continua nel nome quella antica che sorgeva sul sito dell'odierna S. Maria Capua Vetere e che fu distrutta dai saraceni nell'841, è in realtà una città nuova, fondata nell'856 sulle rovine di Casilinum, il porto fluviale della città romana presso il ponte della Via Appia. Sede di un principato longobardo, aveva visto accresciuti con i normanni la sua importanza e il suo ruolo di città fortezza e di centro di una vasta provincia ecclesiastica, grazie anche al prestigio dei suoi arcivescovi. Ne fu espressione l'intensa attività edilizia, che portò non solo alla fondazione e alla ristrutturazione di nuove chiese e monasteri nonché della cattedrale, ma anche a una nuova topografia del potere con la costruzione del cosiddetto castrum lapidum, dal lato opposto rispetto alla sede del palatium dei principi longobardi.
È però con Federico II che Capua raggiunse il culmine del suo prestigio, e ciò soprattutto per l'importanza attribuitale dall'imperatore per la sua posizione strategica, considerandola la porta del Regno. Ed è significativo che proprio a Capua si sia svolta nel dicembre del 1220 quella dieta che, per l'ampiezza e la radicalità dei provvedimenti che vi furono presi a tutela delle prerogative regie, segna l'inizio effettivo del governo federiciano nel Mezzogiorno, di cui il controllo del territorio costituiva un elemento centrale. Il sovrano mostrò infatti in tutto il trentennio finale del suo regno di porlo al centro delle sue preoccupazioni, mediante la costruzione non solo di tutta una serie di castelli, ma anche di edifici e di altre strutture murarie che avessero nello stesso tempo un alto valore simbolico e un forte impatto visivo.
Esempio massimo di funzione militare e di manifesto ideologico è proprio una costruzione da lui voluta a Capua, la cosiddetta Porta delle due Torri, meglio nota con la più semplice espressione di Porta di Capua (v.), realizzata tra il 1234 e il 1239-1240 sul ponte Casilino, e della quale sopravvivono in situ solo le basi dei due torrioni che la fiancheggiavano. Conosciamo però da varie testimonianze (tra cui tre disegni quattrocenteschi) anteriori al suo smantellamento, voluto nel 1557 dal viceré spagnolo, il duca d'Alba, nel contesto dei lavori per la costruzione della nuova cinta bastionata, il complesso sistema di sculture e di scritte che ne componevano la facciata e che si inserivano in un preciso programma politico-ideologico: programma efficacemente sintetizzato da Ferdinando Bologna quando la dice "progettata e realizzata come monumento di stato: laico nell'iconografia, nelle forme, nei significati, e destinato a funzione pubblica" (1992, p. 240). Non quindi una semplice porta urbica, sia pure di dimensioni più grandi e di fattura più elevata rispetto alla norma, bensì l'ingresso simbolico del Regno, contrapposto idealmente allo Stato della Chiesa (Battisti, 1960, pp. 14-28).
Di essa avanzano oggi, custoditi nel locale Museo Provinciale Campano, la figura acefala dell'imperatore seduto, i busti di Taddeo da Sessa e di Pier della Vigna, un frammento di leone, la testa di Zeus e quella di grandi dimensioni di una donna, personificazione della Iustitia imperialis o della Capua fidelis, che era racchiusa in una nicchia circolare alla sommità dell'arco del portale, immediatamente sotto l'immagine dell'imperatore: opere, tutte, caratterizzate da un intenso classicismo, anche se Bologna (1992, pp. 228-240), il più autorevole degli studiosi che se ne sono occupati, le inserisce in una rete molto più complessa di rinvii culturali.
Lasciando agli storici dell'arte il compito di continuare a discuterne, qui è da sottolineare che la sua costruzione fu seguita personalmente dal sovrano, il quale nominò direttore dei lavori Niccolò da Cicala, forse identificabile con l'omonimo ex giustiziere di Terra di Lavoro. A lui sottomise gli abitanti da Mignano a Capua, perché potesse portare a termine l'opera nel più breve tempo possibile (Kamp, 1981). Nello stesso tempo diede ordine al giustiziere di Terra di Lavoro, Ettore Montefuscolo, di distruggere il borgo che sorgeva proprio nei pressi del ponte, a ridosso delle mura (Rinaldo, 1753-1755, II, p. 170).
La nuova, imponente costruzione, che destò grande ammirazione nei contemporanei, diventando due secoli dopo uno dei modelli dell'arco trionfale di Alfonso d'Aragona nel Castel Nuovo di Napoli, influenzò anche l'organizzazione spaziale della città, riportando il polo del potere politico nella parte occidentale, in direzione del palatium dei principi longobardi (Cielo, 1993, pp. 250-251).
Inoltre la presenza in città per un certo numero di anni di maestranze di alto livello esaltò ulteriormente il ruolo di Capua come centro artistico e culturale, ruolo al quale contribuì in misura non irrilevante anche il fatto che da essa provenivano esponenti di rilievo della corte federiciana, tra cui soprattutto Pier della Vigna. Ormai è da considerare sicuro che non vi erano vere e proprie scuole di Ars dictaminis a livello universitario, ma solo una tradizione locale di insegnamento in ambito retorico-letterario (Delle Donne, 1993, pp. 287-290). Questo, tuttavia, non ha impedito a Giovanni Vitolo di individuare in Capua, accanto a Napoli e a Salerno, uno dei tre centri nei quali si articolava, nel contesto del progetto politico-territoriale federiciano, il polo culturale del Regno, identificato con l'area dell'attuale Campania (Vitolo, 2001, pp. 158-159).
L'interesse dell'imperatore per Capua è dimostrato anche dai suoi numerosi soggiorni nella città sia negli anni di costruzione della Porta sia anche prima e dopo: dodici negli anni 1220-1235 e quattro tra il 1235 e il 1250, secondo la ricostruzione dei suoi frenetici spostamenti all'interno del Regno fatta da Carlrichard Brühl (1994, p. 43).
Ma Capua non era solo una città fortezza, un centro culturale e la metropoli di una vasta provincia ecclesiastica. Essa era anche il punto di riferimento di un ampio territorio, che faceva parte del suo districtus e che costituiva la naturale area di espansione del ceto dirigente cittadino: territorio che nella prima metà del Duecento era interessato da quel processo di crescita economica e demografica che caratterizzava il Mezzogiorno e l'Italia nel suo complesso. Di qui il tono vivace della vita economica della città, nella quale confluivano non solo la produzione agricola delle campagne circostanti, ma anche la rendita prodotta dai beni feudali e allodiali dei cittadini. Lo si vede dal gran numero di contratti notarili che vi si stipulavano e che richiedevano un organico consistente di notai, che l'imperatore portò da sei ad otto, così come aveva fatto anche per Napoli e Salerno: contratti nei quali vediamo comparire, accanto a esponenti del mondo delle libere professioni, un gran numero di artigiani appartenenti alle più svariate categorie: manganatori, tintori, calzolai, sellai, pellai, marmisti, vetrai, canestrai, funai. Alle stesse considerazioni induce anche l'istituzione, nell'anno stesso in cui cominciavano i lavori per la Porta delle due Torri, di una grande fiera annuale (v. Fiere e mercati), una delle sette maggiori fiere del Regno, che aveva la durata di ben diciotto giorni, dal 22 maggio all'8 giugno.
Fonti e Bibl.: J. Mazzoleni, Le pergamene di Capua, I-III, Napoli 1957-1960; L. Pescatore, Le più antiche pergamene dell'Archivioarcivescovile di Capua (1145-1250), "Campania Sacra", 3, 1971, pp. 22-98; 4, 1973, pp. 145-176; C. Carfora, L'erudizione storica a Capua. I manoscritti di interesse medievistico del Museo Campano di Capua, Salerno 1998; G. Bova, Le pergamene sveve della Mater Ecclesia Capuana, I-IV, Napoli 1998-2003. O. Rinaldo, Memorie storiche della città di Capua, I-II, ivi 1753-1755; E. Battisti, Rinascimento e barocco, Torino 1960; N. Kamp, Niccolò da Cicala, in Dizionario Biografico degli Italiani, XXV, Roma 1981, pp. 317-318; I. Di Resta, Capua, Roma-Bari 1985; M. D'Onofrio, Capua, in Itinerari e centri urbani nel Mezzogiorno normanno-svevo, Bari 1991, pp. 269-291; F. Bologna, Momenti della cultura figurativa nella Campania medievale, in Storia e civiltà della Campania. Il Medioevo, a cura di G. Pugliese Carratelli, Napoli 1992, pp. 171-275; F. Delle Donne, Le'consolationes' del IV libro dell'epistolario di Pier delle Vigne, "Vichiana", ser. III, 4, 1993, pp. 268-290; C. Brühl, L'itinerario italiano dell'imperatore, in Federico II e le città italiane, a cura di P. Toubert-A. Paravicini Bagliani, Palermo 1994, pp. 35-47; G. Bova, La vita quotidiana a Capua al tempo delle crociate, Napoli 2001; G. Vitolo, 'Virgiliana urbs'. Progettualità e territorio nel regno svevo di Sicilia, in Id., Tra Napoli e Salerno. La costruzione dell'identità cittadina nel Mezzogiorno medievale, Salerno 2001; G. Bova, Capua cristiana sotterranea. Sant'Angelo in Formis: cultura santità territorio, Napoli 2002. L. Cielo, Capua, in Enciclopedia dell'Arte Medievale, IV, Roma 1993, pp. 246-253.