car design
<kàa diʃàin> locuz. sost. ingl., usata in it. al masch. – Attività di progettazione industriale nel settore automobilistico e motociclistico; è prevalentemente associata alla definizione progettuale dello stile dei veicoli e non alla progettazione motoristica e meccanica. L’Italia vanta eccellenze professionali nel c.d. attive sia nel Paese, sia a livello internazionale: dal designer Walter de Silva, responsabile del design di tutto il gruppo Volkswagen e nel 2011 premiato con il Compasso d’oro alla carriera; a Donato Coco, passato dalla Citroën alla Ferrari e poi alla Lotus; a Bruno Sacco, che ha firmato per anni modelli della Mercedes Benz; a Michele Jauch Paganetti, direttore del Centro stile Mercedes di Como, specializzato negli interni; per finire con Carlo Bonzanigo, responsabile Concept cars e advanced design Citroën. Un fenomeno, quello della mobilità dei car designer, legato sia all’articolata geografia mondiale delle case produttrici e dei centri di progettazione, sia alle dinamiche delle acquisizioni industriali, alimentate dai paesi in grande crescita economica, tra cui Cina e India, nonché causata dai successi o dagli insuccessi dei grandi gruppi industriali. Negli ultimi anni, per esempio, il gruppo Volkswagen, divenuto nel 2012 leader mondiale, è giunto ad annoverare al suo interno undici marchi mentre, all’opposto, noti gruppi statunitensi hanno svenduto alcuni brand storici. Nel primo decennio del 21° secolo il mondo del c. d., oltre che su questioni tipologiche e di stile, ha lavorato in modo serrato sulla relazione tra mobilità e impatto ambientale, il cosiddetto ambito green dell’industria automobilistica. Le innovazioni hanno coinvolto prevalentemente i processi produttivi e la ricerca di nuove tipologie di motorizzazione – motori alimentati con carburanti alternativi, motori a propulsione elettrica e motori ibridi – con ripercussioni sensibili anche sul disegno delle autovetture. In risposta agli input di sostenibilità, il c. d. ha sperimentato, infatti, l’utilizzo di materiali più leggeri e studiato attentamente nuove soluzioni aerodinamiche delle carrozzerie per ridurre considerevolmente i consumi, come nel caso emeblematico della concept car LX1 (2011), studiata da Volkswagen per percorrere 100 km con 0,9 litri di carburante. Altrettanto centrale è stata l’attenzione posta dal c. d. sulle citycar, le piccole autovetture che animano le metropoli e rappresentano quantitativamente i veicoli di maggior impatto. Su questo segmento sono state compiute sia ricerche in termini di riduzione dei costi globali, come nel caso della Tata Nano (2009) – pensata per trasferire a costi molto contenuti il popolo indiano dalle due alle quattro ruote –, sia ricerche orientate al comfort e all’ottimizzazione d’ingombro, come nelle numerose versioni che si sono susseguite della Smart fino alla più recente Toyota IQ (2009). Sulle questioni propriamente di stile, un fenomeno rilevante del primo decennio del nuovo secolo è stato quello dei restyling di modelli iconici degli anni Cinquanta – Sessanta del Novecento. A iniziare dalla New beetle della Volkswagen, proposta nel 1998 e ulteriormente rivisitata nel 2011 come rilettura contemporanea del famoso maggiolino, per poi passare alla rivisitazione della Morris Mini Minor (1959) di Issigonis, compiuta sotto l’egida della BMW, che ha creato il marchio specifico Mini nel 2001, fino a giungere alla nostrana Nuova Fiat 500, lanciata a cinquant’anni esatti di distanza dal capostipite nel 2007, e premiata con il Compasso d’oro nel 2011. Lo stile del c. d. d’inizio secolo è stato infine influenzato da importanti innovazioni tecnologiche: dai software di modellazione che hanno omologato le linee di numerosi modelli immessi sul mercato, fino all’introduzione dei led nei gruppi ottici, che hanno determinato il passaggio da forme bidimensionali a sistemi lineari. Il morfema lineare dei gruppi ottici ha finito per influenzare il disegno dell’intera carrozzeria, suggerendo l’uso prevalente di linee dinamiche e spigolose, fino a definire, per esempio, arrow design lo stile di brand quali Seat. Resta il fatto che tutte le case hanno compreso la necessità di individuare un progetto estetico da declinare con coerenza su tutti i modelli, sia per differenziarsi che per rendersi riconoscibili. Lo hanno pienamente colto anche le industrie automobilistiche dell’area asiatica: dall’antesignana Toyota, a tutti gli altri marchi coreani, cinesi e indiani, che attraverso il c. d., spesso di importazione europea, hanno guadagnato quote importanti del mercato globale.