CARAMANLI (Qaramānlī)
Famiglia d'origine turca che governò Tripoli d'Africa in condizioni di semindipendenza sotto la sovranità nominale della Porta Ottomana dal 1711 al 1835.
Lo stabilirsi d'una dinastia autonoma a Tripoli d'Africa all'inizio del sec. XVIII dipese in parte dalla debolezza del governo centrale di Costantinopoli, che andava perdendo l'influenza nelle regioni periferiche del grande impero, specialmente nelle provincie africane sempre turbolente, e in parte dall'energia del fondatore della dinastia, Aḥmed C. Costui discendeva da un giannizzero venuto a Tripoli con le prime milizie ottomane forse alla fine del sec. XVI e detto Qaramānlī, cioè originario da Qaramān, regione dell'Anatolia meridionale. Yūsef C., padre di Aḥmed, era qā'id (governatore) della Menscia (al-Manshiyyah) e del Sāḥel, cioè dei territorî situati immediatamente a est di Tripoli e relativamente assai popolati grazie all'oasi ubertosa; pare che i C. fossero riusciti a formarsi un seguito tra la popolazione arabo-berbera locale e più nell'elemento dei Cologli (Qōlōghlī), cioè delle famiglie risultanti da matrimonî di soldati turchi con donne del paese. Aḥmed C., successo al padre nella carica di qā'id della Menscia e del Sāḥel, prese certo parte agli avvenimenti burrascosi succedutisi a Tripoli all'inizio del sec. XVIII e si trovò a capo del movimento dei Cologli ostile ai Turchi dominatori. Maḥmūd Abū Muwais, ultimo di una serie di capi portati dalle rivoluzioni intestine al governo di Tripoli, cercò nel 1711 di disfarsi di Aḥmed C. e di farlo sopprimere a tradimento. Ma Aḥmed chiamò attorno a sé i proprî seguaci, sollevò il popolo della campagna ed entrò in Tripoli (28 luglio 1711); il rivale s'impiccò nel castello prima di cadere nelle sue mani. Cominciò allora una lotta spietata contro i Turchi dell'antico regime; circa trecento furono massacrati in una villa di campagna, dove erano stati invitati. Khalīl pascià, mandato da Costantinopoli a prendere il governo della città, non poté scendere a Tripoli, sbarcò sulla costa occidentale, fu sconfitto nella regione di Zuaga e ucciso (29 agosto 1711); un altro inviato del sultano fu tenuto quasi prigioniero in Tripoli e rispedito a Costantinopoli con vistosi doni. Sicuro del governo, Aḥmed C. condusse spedizioni nell'interno del paese fino al Fezzān, diede impulso alla pirateria, rispettando, ma non sempre, soltanto le navi di commercio delle maggiori potenze, con le quali era legato da trattati. La Francia rinnovò il trattato nel 1720 e, continuando le aggressioni alle navi, ripetutamente intimò il rispetto dei patti e nel 1728 e nel 1729 fece bombardare la città, imponendo un nuovo trattato, la presentazione di scuse e il pagamento di un indennizzo. Anche l'Inghilterra durò fatica a far osservare i patti conclusi con Tripoli; altri stati (Austria, Olanda, Napoli) con accordi e donativi cercarono di frenare le depredazioni dei corsari; con l'Ordine di Malta furono stabilite buone relazioni nonostante il carattere di quell'istituzione essenzialmente ostile alla pirateria.
Aḥmed C. governò per 35 anni (1711-1745) Tripoli, il retroterra, Derna e Bengasi, dove aveva un luogotenente; fu violento, ambizioso, crudele; amava molto lo sfarzo principesco; non gli mancarono buone qualità di comandante: energia, capacità politica; fu abbastanza clemente e tollerante con i Cristiani e gli Ebrei di Tripoli. Nel 1722 il governo di Costantinopoli gli confermò il titolo di pascià di Tripoli. Morì nella notte dal 3 al 4 novembre 1745; pare certo che si sia ucciso per lo sconforto causatogli dalla cecità. Tripoli gli deve molte opere, delle quali sussiste la bella moschea con annessa mádrasah (scuola) e turbah (sepolcreto) terminata nel 1150 dell'ègira (1737-1738).
Suo figlio, Mohammed pascià C., sebbene non dotato della fermezza del padre, mantenne agevolmente il governo del paese e ottenne pure il riconoscimento della Porta; conservò buone relazioni con le potenze e appianò le difficoltà sorte con l'Austria nel 1748; dovette difendersi da congiure, represse ferocemente i tentativi di tradimento e nel 1752 fronteggiò con fortuna una rivolta di Albanesi in servizio sulle navi da corsa tripoline. Fu malaticcio e morì a soli 45 anni il 24 luglio 1754.
‛Alī pascià C. primogenito di Moḥammed pascià, tenne a lungo il governo di Tripoli, si sbarazzò crudelmente d'ogni avversario, si fece riconoscere dalla Porta e conservò con le potenze relazioni abbastanza pacifiche, lasciando che i suoi corsari molestassero gli stati minori.
Tra i suoi figli emergeva per ambizione il terzogenito Yūsef bey; egli odiava Ḥasan bey, primogenito ed erede al trono, e giunse a ucciderlo di propria mano il 20 luglio 1790 sotto gli occhi della madre; indi si diede alla campagna e arruolò in suo aiuto bande di Arabi. In mezzo a queste discordie intestine capitò nel porto (luglio 1793) un avventuriero, ‛Alī Burghul pascià, venuto da Costantinopoli, dove pare avesse carpito l'incarico del governo di Tripoli, sbarcò e s'impadronì di sorpresa del castello e della città. ‛Alī pascià C. con la famiglia riparò a Tunisi e sollecitò l'aiuto di quel bey per riprendere la città; i suoi figli Aḥmed bey e Yūsef bey con l'aiuto tunisino riuscirono infatti nel gennaio del 1795, dopo un assedio, nel quale Tripoli soffrì la fame e le crudeltà dell'usurpatore ‛Alī Burghul, a riconquistare il governo perduto.
Ahmed bey fu acclamato signore di Tripoli; suo padre, ‛Alī pascià, fece ritorno da Tunisi nel febbraio e morì nel 1796 accasciato dalle sventure politiche e domestiche.
Aḥmed (II) pascià C. non stette al potere lungo tempo; Yūsef bey, che godeva molto prestigio e aveva grande risolutezza e sfrontato coraggio, profittò di un giorno che il fratello era uscito dalla città per far chiudere le porte e farsi acclamare dalla popolazione (11 giugno 1795). Aḥmed (II) pascià riparò a Malta e a Tunisi.
Durante il suo lungo governo (1795-1832) Yūsef pascià risollevò per qualche tempo il prestigio della famiglia C., restaurò le mura di Tripoli dal lato che guarda sul mare, profittò delle vicende che seguirono la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche per incoraggiare la pirateria; mantenne buone relazioni con Napoleone durante la spedizione in Egitto finché gl'Inglesi, bloccato il porto di Tripoli, l'obbligarono a consegnare il console di Francia; estorse forti somme alla Svezia e all'Olanda per concedere il rispetto delle loro navi di commercio. Anche con gli Stati Uniti d'America ebbe contrasti, che portarono ad azioni di guerra (1803-1805). Il governo di Yūsef pascià era riconosciuto pure a Derna ed a Bengasi; il Fezzān pagava tributo. Verso il 1815 il suo comandante delle truppe, Moḥammed el-Muknī, invase il Fezzan, penetrò nel Kānem e ne riportò centinaia di schiavi negri; la maggior parte perì di stenti per via. Con la fine dei rivolgimenti e delle guerre che avevano tenuto agitata l'Europa, declinò anche la potenza di quell'ultimo sovrano corsaro di Tripoli; gli stati d'Europa, decisi a far rispettare il traffico e le vite dei Cristiani, imposero la loro volontà ai pirati barbareschi, e tolsero loro il principale provento della corsa. Già le finanze di Tripoli volgevano al disastro e a sostenerle non valevano più le angherie e le rapine; nel 1816 una squadra inglese, in seguito a decisioni delle potenze nel congresso di Vienna, visitò i porti della Barberia, obbligò i bey e i pascià a concludere trattati anche con gli stati minori cristiani e a vietare assolutamente la corsa e la schiavitù dei Cristiani. Il pascià fu inoltre obbligato nel 1824 a dar soddisfazione al regno di Sardegna e negli anni seguenti dovette destreggiarsi tra le rivalità dei consoli di Francia e d'Inghilterra; nel 1830, poco dopo lo sbarco francese ad Algeri, l'ammiraglio Rosamel venne a Tripoli e obbligò il pascià a sottoscrivere una pace a condizioni onerose: rinunzia definitiva alla corsa, liberazione degli schiavi cristiani, pagamento di una forte indennità di 800.000 franchi. Il pascià già ingolfato nei debiti verso commercianti cristiani ed ebrei peggiorò la situazione contraendo nuovi prestiti e mettendosi così alla mercé dei suoi creditori. Il console inglese Warrington, in nome proprio e dei suoi sudditi, lo metteva alle strette per la soddisfazione dei debiti.
Nella stessa famiglia C. esistevano inimicizie e discordie; la popolazione era malcontenta del governo; specialmente ostile era la gente di campagna, che, prendendo occasione da una nuova imposizione di tributi, si sollevò il 26 luglio 1832 e proclamò capo Moḥammed bey, nipote di Yūsef. Questi, ormai vecchio, angustiato da ogni parte abdicò il 12 agosto 1832 in favore del figlio ‛Alī.
‛Alī (II) pascià non riuscì a far valere la propria autorità oltre le mura di Tripoli; dalla campagna gl'insorti con Moḥammed bey bombardavano la città; nell'interno i capi arabi agivano indipendentemente; il Fezzān e la Tripolitania orientale erano in potere degli Awlād Suleimān guidati da ‛Abd el-Gelīl.
In questo stato di cose la Porta giudicò opportuno ristabilire la propria diretta autorità a Tripoli; il provvedimento parve tanto più urgente quanto più si svelavano ogni giorno le aspirazioni delle potenze europee sull'Africa settentrionale; l'occupazione di Algeri da parte della Francia decise il governo ottomano a intervenire. Il 25 maggio 1835 una squadra ottomana comparve nel porto; il 27 maggio fu iniziato lo sbarco e il giorno seguente Negīb pascià lesse il firmano imperiale che gli affidava il governo di Tripoli. ‛Alī (II) pascià C. fu imbarcato e portato a Costantinopoli; Yūsef pascià morì tre anni dopo a Tripoli.
La dinastia dei C., se non fu splendida, diede a Tripoli per 124 anni un certo ordine, tanto più notevole se si pensa alle vicende tumultuose che funestarono la città nel trentennio precedente. Tripoli conserva alcuni ricordi di quel periodo: la moschea costruita da Aḥmed pascià C. e la moschea Gurgī (\arabo\) finita nel 1833-34, levata a spese di Muṣṭafà Gurgī, genero di Yūsef pascià e ra'īs al-marsà (comandante el porto e della dogana).
L'attuale sindaco di Tripoli, Ḥasūna pascià, noto per la devtizione all'Italia, è figlio di ‛Amūra, figlio di Yūsef pascià C.
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