CARBURANTI
(App. I, p. 360; III, I, p. 308)
Per c. si intende qualunque sostanza combustibile (solida, liquida, gassosa), che, reagendo rapidamente con l'ossigeno dell'aria all'interno del cilindro di un motore a combustione interna, fornisce energia trasformabile in lavoro; i c. più usati sono quelli liquidi e fra questi quelli derivati dal frazionamento dei petroli, le benzine, largamente usate per la loro maggiore disponibilità e per il costo relativamente più basso di quello degli altri possibili prodotti.
Si fa spesso confusione fra c. di sostituzione, alternativi, verdi, senza piombo, ecc., dizioni queste non sempre strettamente corrispondenti fra loro. Attualmente, per questi c., l'interesse si concentra sulla necessità di eliminare l'additivo a base di piombo, che, aggiunto alle benzine super, è una delle fonti dell'inquinamento dell'atmosfera provocato dai gas di scarico. Questa presenza di piombo impedisce anche il disinquinamento delle emissioni delle auto a mezzo delle cosiddette marmitte catalitiche.
Una normativa della CEE ha prima invitato gli stati membri a ridurre, poi ha imposto di eliminare totalmente gli antidetonanti a base di piombo.
Le benzine prodotte nelle raffinerie, dotate dei normali cicli di lavorazione, presentano un numero d'ottano di circa 92, che per le super viene poi portato a 97÷98 con l'aggiunta di piombotetraetile (PTE) o, meno frequentemente, di piombotetrametile. Le auto potrebbero usare le benzine senza additivo di piombo se adottassero motori con rapporti di compressione minori, che svilupperebbero potenze minori, risultando meno veloci e ''scattanti''.
Il problema della eliminazione del piombo dai c. può risolversi in diversi modi: a) adottando un altro additivo, senza piombo, capace di sostituire il PTE; b) producendo benzine più ricche in idrocarburi ad alto numero d'ottano, che non richiedono l'aggiunta di additivi; c) adottando come c. composti o miscele diverse dalle benzine; d) formando miscele fra benzine e altri composti a numero d'ottano più elevato.
Mentre le soluzioni a e b riguardano l'adozione di benzine senza piombo, la c e la d prevedono l'adozione di carburanti di sostituzione.
Additivi senza piombo. - La sostituzione del PTE con altro additivo antidetonante senza piombo allo stato attuale non è realizzabile poiché non si conoscono composti che, aggiunti in piccolissima quantità (come è richiesto per un vero e proprio additivo, di solito minore dello 0,1%), esercitino un effetto almeno pari a quello del PTE; i pochi composti noti con queste proprietà presentano diversi inconvenienti: quelli metallorganici (ferropentacarbonile, manganese pentacarbonile, 2-etilesanoato di cobalto, composti del selenio, del tallio, ecc.) non hanno trovato applicazione perché tossici o con proprietà fisiche (punto d'ebollizione, volatilità, ecc.) non soddisfacenti, o perché lasciano nella camera di combustione depositi, ecc. Così il ferropentacarbonile, Fe(CO)5, che ha un favorevole punto d'ebollizione (104°C), risulta meno efficace del PTE, si decompone facilmente alla luce e nel motore forma consistenti depositi conduttori, che possono causare cortocircuiti.
Alcuni composti organici, come anilina, metilanilina, metilciclopentadienile, nonostante presentino un elevato numero d'ottano, non hanno sufficiente attività antidetonante e quindi andrebbero aggiunti in quantità più elevata di quanto richiesto per un vero additivo, dell'ordine del 2-5% anziché inferiore allo 0,1%, circa. Inoltre alcuni di questi composti sono difficili da ottenere o di costo elevato.
Idrocarburi ad alto numero d'ottano. - Degli idrocarburi presenti nei petroli solo alcuni hanno numero di ottano elevato, superiore a 100, in particolare gli idrocarburi paraffinici a catena ramificata o quelli aromatici; le olefine ramificate hanno in genere valori inferiori a 95 e quelli paraffinici, a catena normale, valori nettamente inferiori (tab. 1). Le frazioni dei petroli, ottenibili per distillazione, con proprietà adatte come c., non contengono molti idrocarburi ad alto numero d'ottano; si può incrementarne la presenza ricorrendo a integrazioni degli attuali sistemi di raffinazione con operazioni particolari (reforming catalitico, isomerizzazione, alchilazione, ecc.), ma queste, a parte il fatto che richiederebbero o la modifica del ciclo di lavorazione o l'introduzione di impianti aggiuntivi, non possono sempre essere praticate per la mancanza, in raffineria, di sufficienti quantità delle necessarie materie prime (olefine leggere, idrogeno).
Miscele e composti alternativi. - C. alternativi alle benzine da petrolio possono essere ricavati da miscele, sempre di idrocarburi, ottenuti però da fonti diverse dal petrolio (per es. sabbie bituminose o rocce asfaltiche, liquefazione diretta o indiretta dei carboni, trasformazione del metanolo); oppure si può ricorrere a idrocarburi gassosi compressi (gas petrolifero liquefatto o GPL, gas naturale) o a composti combustibili diversi dagli idrocarburi (per es. metanolo, etanolo, da soli o in miscela con altri).
La sostituzione delle benzine da petrolio con gli altri prodotti sopra indicati, per gli elevati quantitativi che sarebbero necessari, non può avvenire che in casi particolari e limitati, per es. in singoli paesi che si prefiggono l'indipendenza dall'importazione di petrolio (per costo, per distanze, per evitare l'installazione di impianti di trattamento, di raffinazione, o per consentire l'utilizzazione di risorse locali, anche se economicamente meno convenienti dato che i prodotti alternativi attualmente usati risultano tutti più costosi). È il caso per es. della Nuova Zelanda (che mira a impiegare benzine da metanolo), del Brasile (che impiega etanolo in parte da solo e in parte in miscela con benzina), della Repubblica Sudafricana (che utilizza benzina da carbone), dell'Australia che conta di utilizzare (nel 2000) oli di schisto.
Mentre le benzine di sintesi possono essere usate nei motori delle auto senza richiedere particolari variazioni di questi (necessitano però, di solito, di un additivo antidetonante), per i composti quali metanolo, etanolo, GPL, gas naturale sono invece necessarie alcune modifiche, a causa della diversità di caratteristiche fisiche presentate da questi composti nei confronti delle benzine (rapporto aria/combustibile, tensione di vapore, limiti d'infiammabilità, ecc.).
Occorre anche tenere presente che una sostituzione totale della benzina con altri prodotti di diversa origine, creerebbe difficoltà: la benzina rappresenta infatti solo una delle frazioni ottenibili dal petrolio. In Italia per es. essa costituisce il 20% circa; le altre frazioni sono rappresentate da gasolio (35%), da olio combustibile (28%), da bitume (3%), da basi per lubrificanti (circa 7÷9%), da materie prime per la petrolchimica, specie benzine leggere per la produzione di olefine leggere (5%). Pertanto in un paese la lavorazione del petrolio si rende necessaria per l'approvvigionamento di un'ampia gamma di prodotti, per impieghi diversi, che, se non ottenuti in loco, debbono essere importati.
Inoltre una sostituzione totale della benzina con altro c. comporta notevoli problemi economici (basta pensare al costo degli impianti necessari alle nuove produzioni, quali che esse siano) e di tempo (un'operazione del genere non può certo essere fatta rapidamente). Nel caso per es. dell'Italia, dove la benzina è gravata da un'elevata imposta, lo stato verrebbe a perdere annualmente un introito dell'ordine dei 10.000 miliardi, mentre poi ne dovrebbe sborsare altri per sovvenzionare i maggiori costi del nuovo carburante.
Le crisi petrolifere hanno portato a riconsiderare, come possibili fonti di prodotti da sostituire al petrolio, le sostanze bituminose esistenti, in sabbie o rocce, in vari paesi, specie USA (Utah, Wyoming, California, Colorado), Canada (Alberta), Cina, Brasile, Estonia, ecc.
Sotto una stessa denominazione di solito si comprendono materiali di natura e composizione diversa, che contengono infatti miscele di composti organici più o meno pesanti in percentuale variabile, da poche unità al 20÷25% massimo, inglobati in sostanze inorganiche di composizione e struttura diversa, da sabbie a rocce compatte.
Si hanno infatti: a) sabbie argillose, che contengono un olio (tar sands) per la cui estrazione non sono applicabili i normali sistemi seguiti per il petrolio; b) scisti o rocce bituminose (shale oil), costituiti da rocce sedimentarie, compatte, che contengono sostanze organiche di complessità e peso molecolare elevato, che forniscono un olio paragonabile a un grezzo petrolifero pesante. Diversi sistemi sono stati studiati per ricuperare i prodotti organici presenti in questi minerali e lavorarli fino a ottenere frazioni utilizzabili.
Per la separazione della frazione bituminosa dalla parte inorganica sono stati tentati vari sistemi per cercare quello più adatto ai singoli minerali: riscaldamento diretto (con gas caldi), indiretto (attraverso parete), generazione del calore all'interno degli apparecchi di estrazione per combustione di parte della sostanza organica, estrazione con solventi, trattamenti preliminari della roccia per favorire il distacco del componente organico dal supporto inorganico, estrazione in situ (evitando di portare in superficie il minerale) con fluidificazione della parte organica (mediante immissione di fluidi caldi, di solventi o mediante combustione parziale).
La convenienza dello sfruttamento di questi giacimenti dipende da molti fattori: ubicazione, difficoltà e costi di estrazione, quantità di sostanza organica presente ed estraibile, resa in prodotti utilizzabili, difficoltà di sistemazione dei residui inorganici, quantità e disponibilità dei mezzi necessari (energia, acqua, solventi, ecc.).
I prodotti liquidi che si ottengono, di solito, differiscono da un petrolio, spesso anche di molto. Gli oli delle sabbie bituminose danno quantità modeste di benzina e per l'elevato contenuto di aromatici non sono neppure adatti per oli diesel. Gli oli che si possono ottenere dagli scisti bituminosi hanno invece un basso contenuto di aromatici e di naftenici e quindi danno poca benzina, a basso numero d'ottano, ma risultano più adatti per gasolio. I diversi prodotti sono suscettibili di miglioramento con trattamenti aggiuntivi (quelli tipici dell'industria petrolifera). Nella maggior parte dei casi le ricerche condotte si sono fermate a impianti sperimentali, semi-industriali. Una estrazione da sabbie bituminose, contrassegnata da diversi periodi di arresto, si è avuta in Canada.
Il processo Fischer-Tropsch (v. App. IV, i, p. 369), realizzato in Germania fin dal 1920 e applicato poi su larga scala durante la seconda guerra mondiale per fornire c., è stato in seguito abbandonato a causa dei minori costi dei c. petroliferi. Il processo costituisce un sistema indiretto di trasformazione del carbone in c. liquidi attraverso la formazione e l'utilizzazione del gas di sintesi; è stato ristudiato a più riprese, specie in USA, in Giappone, ecc., dopo le crisi del petrolio, ma non ha trovato applicazione altro che in un impianto sperimentale in USA, chiuso dopo diversi anni di funzionamento.
Per il processo Fischer-Tropsch si calcola siano stati studiati oltre 5000 catalizzatori e diversi tipi di reattori (a letto fisso, a letto fluido, fisso e mobile, a sospensione, ecc.). Il sistema è stato adottato nella Repubblica Sudafricana negli impianti della South African Oil and Gas Co. (SASOL), che ha costruito tre complessi, I, II, III, entrati in esercizio rispettivamente nel 1955, 1980 e 1982, e che funzionano in condizioni diverse (per temperatura, per composizione del gas di sintesi, per tipo di reattore [a letto fisso, Arge, a letto fluido Kellog o sintolo], ma soprattutto per natura del catalizzatore). Queste differenze portano a prodotti di natura diversa; nel caso dell'impianto SASOL I (costruito a Sasolburg) si ottengono pochi idrocarburi leggeri ma molti prodotti cerosi (dai quali per successivi trattamenti si hanno gasolio, benzina e materie prime per industria petrolchimica); i due impianti II e III, costruiti in Transvaal, fra loro quasi uguali (dotati di reattori a letto fluido), sono stati progettati per dare essenzialmente benzina e gasolio e pochi idrocarburi leggeri (C1−C4).
Da 1 m3 di gas di sintesi col processo Fischer-Tropsch si dovrebbero ottenere 208 gr di idrocarburi di diverso tipo; in pratica nell'impianto SASOL I la resa risulta del 60÷66%, nei successivi due è salita all'85%, circa. Ulteriori, recenti ricerche condotte in Germania sul processo Fischer-Tropsch hanno consentito un approfondimento dell'azione dei diversi catalizzatori, del meccanismo delle reazioni che portano alla formazione dei vari prodotti, delle possibilità di ridurre i costi di produzione e di incrementare le rese di trasformazione. Prove condotte su un impianto pilota hanno mostrato l'utilità di modificare il reattore adottando un sistema di letto fluido nel quale la massa di catalizzatore espansa rimane nello stesso reattore e non circola insieme ai gas; è stato anche studiato un nuovo tipo di reattore a sospensione, nel quale il catalizzatore, sospeso in un liquido, è attraversato dal gas di sintesi. Quest'ultimo sistema consente di ridurre i costi, favorisce l'asportazione del calore di reazione, migliora le rese di trasformazione, che nelle prove sono salite all'89÷91%.
Il metanolo può rappresentare un'altra via per ottenere dal carbone un c. da usare in sostituzione della benzina; si può preparare infatti dalla miscela H2−CO, o gas di sintesi (v. in questa App.) che si ha per gassificazione del carbone (o anche dal gas naturale). L'impiego come c., da solo (v. oltre), presenta accanto a caratteristiche favorevoli anche alcune sfavorevoli. Per eliminare gli inconvenienti che il metanolo può dare e che ne rendono difficile l'adozione come c. unico, si è pensato di trasformarlo in una miscela di idrocarburi con un intervallo di distillazione tipico di una benzina e con analoghe caratteristiche d'impiego. Per questa trasformazione la Mobil ha studiato un procedimento (MTG, Methanol-To-Gasoline) che nel 1982 la Nuova Zelanda ha deciso di applicare per la prima volta.
Anteriormente a tale data la Nuova Zelanda spendeva il 20÷30% di quanto ricavava dalle proprie esportazioni per acquistare combustibili liquidi, in gran parte dall'Iran; in seguito alla situazione creatasi in tale paese e all'aumento dei prezzi decise di utilizzare il gas naturale di cui dispone per ottenere circa 630.000 t/anno di benzina sfruttando il procedimento della Mobil.
Il processo comprende tre fasi: il reforming del gas naturale per avere gas di sintesi, la trasformazione di questo in metanolo, la conversione catalitica del metanolo in idrocarburi, che si ottiene facendo passare l'alcol attraverso un catalizzatore costituito da una particolare zeolite (ZSM-5), la cui porosità è dovuta a una serie di canalicoli del diametro di circa 6 ]; la struttura selettiva del catalizzatore limita la produzione degli idrocarburi prevalentemente ai costituenti di un carburante. Le reazioni che avvengono consistono essenzialmente in una trasformazione del metanolo in dimetiletere che si disidrata poi in olefine, che, per polimerizzazione, ciclizzazione, ecc., danno il prodotto finale, secondo lo schema:
2 CH3OH
↓
(CH3)2O+H2O
↓
(-CH2− )+H2O
↓
olefine leggere
↓
olefine pesanti
↓
(aromatici, paraffine, olefine)
Poiché le reazioni sono fortemente esotermiche (circa 4000 kcal/kg di metanolo), per non avere eccessivi innalzamenti di temperatura si fanno avvenire frazionatamente: il metanolo viene parzialmente trasformato in etere dimetilico passando su di uno strato di allumina (a 25 atm e circa 300°C); i gas effluenti, formati da metanolo, dimetiletere e acqua, attraversano quattro reattori in parallelo, contenenti il catalizzatore zeolitico sotto forma di strati sovrapposti a contatto del quale il dimetiletere si trasforma prima in olefine leggere, che poi polimerizzano e ciclizzano per dare una miscela di paraffine, aromatici e olefine, che viene frazionata; parte dei gas ritorna in ciclo per limitare l'innalzamento di temperatura nei reattori, la frazione liquida viene distillata per ottenere la benzina.
Da 100 gr di metanolo si ottengono teoricamente 43,7 gr di idrocarburi e 56,3 di acqua (nella quale confluisce metà dell'idrogeno del metanolo). In pratica la frazione di idrocarburi fornisce circa 80% di benzina (tab. 2); il rimanente è costituito da prodotti leggeri (olefine, paraffine) e da qualche sottoprodotto fra i quali 1÷2% di durene (tetrametilbenzene), che deve essere rimosso perché la sua presenza nella benzina provoca ostruzioni nei condotti (tende a solidificare).
L'impianto della Nuova Zelanda, progettato sulla base di elementi raccolti in un piccolo impianto pilota, è stato costruito e messo in opera in breve tempo (1985) raggiungendo subito la piena produzione. È stato costruito da varie ditte (una anche italiana), assemblato in Giappone, trasportato sotto forma di ''moduli'' in Nuova Zelanda per ridurre i tempi e i costi del montaggio. L'intero impianto è costato 1,2 milioni di dollari (17% in meno del preventivo).
Nel frattempo la Mobil con altre ditte ha continuato le ricerche per migliorare il processo: è stato studiato un procedimento a letto fluido, che facilita l'asportazione del calore di reazione, aumenta il rendimento in benzina, prolunga la efficienza del catalizzatore, come risulta dai dati della tab. 2.
Il GPL è formato da una miscela di propano e butano, di solito nel rapporto 30/70; i due componenti si ricavano dai gas naturali, dai gas che accompagnano il petrolio, dai gas di raffineria (si formano nei trattamenti di cracking, di reforming, di coking). La loro disponibilità è limitata; una parte viene destinata al riscaldamento domestico, a impieghi industriali (nelle stesse raffinerie), in petrolchimica per produrre etilene (il propano) e butilene (il butano), ecc.
In Italia la sua produzione è di 2,0÷2,5 milioni di t/anno; nell'autotrazione il consumo è di 0,7÷1,0 milioni di t. Per poterlo usare nell'auto occorre modificare l'impianto di alimentazione (le case automobilistiche di solito non forniscono le macchine già preparate; solo in alcuni casi costituisce un optional a pagamento): occorre pertanto rivolgersi a officine specializzate. Inoltre si richiede l'installazione di un particolare serbatoio, di solito alloggiato nel portabagagli, sottraendo parte dello spazio utile.
Come c., rispetto alla benzina presenta diversi vantaggi: riduce le emissioni inquinanti (l'ossido di carbonio anche del 50÷90%, gli incombusti del 50÷80%, i composti solforati, ma non gli ossidi d'azoto, che anzi tendono ad aumentare); ha un più elevato potere calorifico, un più elevato numero d'ottano, fornisce rendimenti di poco inferiori a quelli della benzina; il motore alimentato con GPL presenta qualche difficoltà all'avviamento nelle stagioni fredde (inconveniente che può essere ridotto se si usano miscele più ricche in propano). Altra difficoltà alla sua diffusione è lo scarso numero di punti di rifornimento per l'automobilista; una statistica di alcuni anni addietro indicava l'esistenza in tutta Europa di 7000 punti di vendita (Olanda 2400, Germania Occidentale 600, Gran Bretagna 430, Italia 1050), negli USA ve ne erano 4800 (quelli per la benzina nella sola Italia sono circa 35.000). Inoltre mancano quasi completamente le stazioni del tipo self-service (eccetto in Olanda, Francia, Belgio), a causa delle norme di sicurezza particolarmente restrittive, che consentono, fra l'altro, l'installazione solo in luoghi privi di ogni tipo di fabbricato nel raggio di 25 metri. Per assicurarsi una maggiore autonomia la gran parte delle auto adottano il doppio sistema di alimentazione, benzina e GPL.
Il gas naturale compresso viene usato in maniera limitata nell'autotrazione, data la necessità d'impiegare recipienti pesanti, a causa dell'elevata pressione del gas, di contenuto modesto rispetto al peso (v. App. IV, i, p. 899).
I composti combustibili, diversi dagli idrocarburi, utilizzabili come c. sono numerosi; in particolare l'attenzione si concentra su alcuni composti ossigenati: alcoli (metanolo, etanolo, isopropanolo, ter-butanolo), eteri (metil-ter-butiletere, MTBE; etil-ter-butiletere, ETBE; ter-amilmetiletere, TAME). Allo stato attuale, per la difficoltà di disporne in quantità relativamente elevate solo alcuni di questi composti potrebbero essere usati, singolarmente, come c. per auto (in particolare metanolo ed etanolo); più facile è il loro uso in miscela con benzina (v. oltre).
Il metanolo (v. metilico, alcole in questa App.) viene prodotto sinteticamente a partire da gas di sintesi, ottenuto sia da carbone che da gas naturale o da idrocarburi superiori, e quindi con disponibilità anche elevata; l'etanolo (v. in questa App.) si può ottenere per sintesi (ma in quantità limitata per la scarsità di materia prima) e per fermentazione di tutte quelle sostanze che contengono carboidrati fermentescibili (o che divengono tali con trattamenti preliminari). Il MTBE è un prodotto di sintesi ottenibile da metanolo e isobutilene; la disponibilità di quest'ultimo componente è piuttosto limitata, anche se oggi si è accresciuta, perché si può ottenere anche dalla trasformazione del butano, che è più abbondante.
Tutti questi composti risultano attualmente più costosi della benzina e quindi un loro impiego su larga scala può essere fatto solo in casi particolari, per es. in economia sovvenzionata. Rispetto alla benzina questi composti ossigenati presentano una maggiore resistenza alla detonazione, quindi non hanno bisogno di additivi e possono essere usati come c. in motori a più alto rapporto di compressione, con più elevato rendimento (tab. 3). Per questa ragione in competizioni sportive (conquista di record, per auto e moto, ecc.) si usa, di solito, come c. l'etanolo (con aggiunte, per variarne alcune caratteristiche chimico-fisiche); una edizione della Mille Miglia (quella del 1935) fu corsa da auto alimentate con etanolo.
I composti ossigenati richiedono per la combustione meno aria, tanto meno quanto maggiore è il numero degli atomi di ossigeno presenti; alimentando con alcol un motore regolato per la combustione della benzina, la quantità di aria che viene immessa è elevata, quindi la miscela troppo povera sviluppa meno potenza. Per impiegare come c. composti ossigenati da soli occorrono motori opportunamente preparati. I composti ossigenati, contenendo meno carbonio e idrogeno, hanno un potere calorifico minore degli idrocarburi (metà nel caso del metanolo, circa due terzi nel caso dell'etanolo). A questo ridotto potere calorifico non corrisponde una proporzionale riduzione della potenza sviluppata dal motore, poiché quello che interessa è il calore sviluppato dalla miscela aria-c. (o potere calorifico della cilindrata), che non è molto diverso per i vari c., come risulta dai dati della tab. 4, e ciò perché le miscele aria-c. ossigenato, richiedendo meno aria, sono più ricche in componente combustibile.
L'alimentazione con composti ossigenati modifica favorevolmente la composizione delle emissioni, nelle quali si riduce il contenuto di ossido di carbonio e si elimina la possibilità di idrocarburi parzialmente incombusti; in esse tuttavia compaiono i prodotti della parziale trasformazione degli alcoli (aldeidi, ecc.); la percentuale degli ossidi d'azoto non cambia.
Gli alcoli usati da soli come c. debbono essere privi di acqua, il che è facile per il metanolo, ma non per l'etanolo, che con gli ordinari processi di distillazione dà sempre un prodotto (un azeotropo) col 4,43% di acqua e con temperatura minima di distillazione (78,15°C anziché 78,3°C dell'alcol). Per ottenerlo anidro occorre adottare procedimenti diversi dalla distillazione normale, che comportano un sensibile aumento di costo. I composti ossigenati presentano tensione di vapore maggiore della benzina e ciò facilita le perdite per evaporazione e anche la formazione di bolle di vapore nei condotti d'alimentazione al motore; essi presentano anche un elevato calore di vaporizzazione, che è causa di un sensibile raffreddamento durante l'evaporazione, ciò che può rendere meno agevole l'avviamento nei periodi invernali o nei climi freddi.
Il metanolo presenta un'elevata tossicità, che può costituire un pericolo per gli addetti alla manipolazione e alla distribuzione, che possono facilmente rimanere intossicati (per ingestione dei vapori, per assorbimento cutaneo, ecc.). L'etanolo è meno tossico. Data la forte imposta che grava sull'etanolo, il prodotto da destinare a c., per evitare frodi, dovrebbe essere denaturato con aggiunta di sostanze che non possano essere eliminate facilmente con sistemi chimici o fisici per ottenere quindi alcol da destinare ad altri usi industriali (come solvente, per profumi, ecc.) o addirittura per liquori.
Miscele di benzina e altri composti. - È possibile miscelare alla benzina normale composti organici con numero d'ottano abbastanza elevato, i quali però, per riuscire a innalzare di 3÷4 punti il numero d'ottano di dette benzine, debbono essere aggiunti in misura del 5÷10% e oltre; non si può in questo caso parlare di additivi ma di sostituenti oppure di integratori o diluenti della benzina. Rientrano in questo gruppo i composti organici ossigenati, alcuni dei quali ricordati nel precedente paragrafo: alcoli (metanolo, etanolo, isopropanolo, ter-butanolo); eteri (metil-ter-butiletere, MTBE; etil-ter-butiletere, ETBE; ter-amil-metiletere, TAME; ecc.).
L'adozione di miscele benzina-composti ossigenati elimina il problema dell'inquinamento da piombo, riduce gli inquinanti nelle emissioni (incombusti, ossido di carbonio, di zolfo, d'azoto solo in minima parte, all'incirca proporzionale alla percentuale di composti organici ossigenati aggiunti) e rende più facile l'adozione dei dispositivi disinquinanti delle emissioni (le cosiddette marmitte catalitiche); sulla riduzione degli inquinanti tuttavia i dati riportati da diverse fonti sono spesso fra loro contrastanti. Una norma CEE stabilisce che gli stati membri sono tenuti ad autorizzare, come tenori, in volume, di composti organici ossigenati nelle miscele di c., quelli che non superano i valori limite indicati nella colonna A della tab. 5. Gli stati membri possono però autorizzare tenori più elevati di detti valori limite (col. B).
Alcune di queste miscele sono praticate su larga scala in diversi paesi, così in USA si impiega il cosiddetto gasohol (benzina col 10% di etanolo), in Brasile da alcuni anni si usa come c. benzina col 10÷20% di etanolo (in alcune zone anche etanolo da solo); in Italia una miscela di benzina col 10% circa di etanolo fu usata per ridurre il consumo di benzina nel periodo delle sanzioni economiche (1935-36); recentemente è stata autorizzata l'aggiunta di MTBE, composto che si va diffondendo rapidamente in molti paesi, a seguito della eliminazione dell'additivo al piombo.
I composti ossigenati hanno comportamento in parte analogo, differiscono però per alcune caratteristiche chimico-fisiche, che danno origine ad alcune diversità nelle proprietà delle miscele.
Così gli alcoli sono solubili in acqua e questo può creare un inconveniente: aggiunto alla benzina l'alcol si scioglie nell'acqua che è sempre presente al fondo dei serbatoi delle raffinerie e, in piccola quantità, anche in quelli delle auto; l'aggiunta crea la separazione del liquido in due fasi, al fondo l'alcol che tiene in soluzione l'acqua, al disopra la soluzione benzina-alcol. La separazione delle due fasi si accentua all'abbassarsi della temperatura e l'arrivo della miscela acqua-alcol al carburatore può creare difficoltà (per es. ostruzioni, ecc.). Per evitare l'inconveniente, di solito alla miscela benzina-alcol si aggiunge un terzo liquido (che può essere anche un alcol a più alto punto d'ebollizione, come isopropanolo, ter-butilico, ecc.), che agisce da cosolvente, cioè evita la separazione delle due fasi.
Il metanolo presenta una tolleranza all'acqua minore dell'etanolo, ne bastano piccole quantità per avere la separazione delle due fasi; le miscele benzina-etanolo sopportano la presenza anche di 0,25% di acqua, e ciò è importante perché le aggiunte di etanolo inferiori al 5% circa possono essere fatte usando, anziché etanolo anidro, quello che si ottiene dalla normale distillazione delle soluzioni diluite, ottenute dalla fermentazione (che contiene circa il 5% di acqua), senza necessità di cosolvente. Aggiunte in percentuale superiore richiedono o alcol anidro (costoso da ottenere) o l'intervento del terzo liquido.
Le case automobilistiche, di solito, preferiscono le aggiunte ma in percentuale la più bassa possibile per il timore che l'uso di composti ossigenati (specie ad alto tenore d'ossigeno) possa provocare riduzioni di prestazioni dei motori e alterazioni nei componenti in gomma e in materia plastica, usati in quantità sempre più elevata.
Altra caratteristica sfavorevole dei composti ossigenati è la elevata volatilità di alcuni di essi, che può provocare bolle di vapore nei condotti d'alimentazione, aumenta i limiti d'esplosività delle miscele e la quantità di prodotto che può immettersi nell'atmosfera a causa delle inevitabili perdite (tenuta incompleta dei serbatoi, travasi, ecc.).
Come già detto sopra, tutti i composti ossigenati che possono essere miscelati alla benzina sono, rispetto a questa, di costo più elevato e di disponibilità molto più limitata. L'alcol isopropilico, (CH3)2CHOH, si ottiene prevalentemente dall'idratazione del propilene; la produzione mondiale è dell'ordine di 1,5÷2 milioni di t/anno e il composto costituisce materia prima per la preparazione dell'acetone e di acetati; inoltre si usa come solvente e parte viene già usata come additivo antigelo a benzine. Quindi la sua disponibilità per un'aggiunta su larga scala alla benzina non è possibile altro che in situazioni particolari. L'alcol ter-butilico, (CH3)3COH, ha destato un certo interesse in questi ultimi anni, nella previsione di un suo impiego per migliorare il numero d'ottano delle benzine, specie a opera di una società americana, che ottiene il composto come sottoprodotto nella preparazione dell'ossido di propilene (per ogni t di questo se ne ottengono circa 2,2 di alcol ter-butilico); questo sottoprodotto può anche ritornare in ciclo ed essere utilizzato per preparare altri composti. Si è cercato di usarlo come c. in miscela con metanolo in USA ma non ha avuto grande seguito; maggiore interesse ha trovato in Europa, specie in Germania, ma l'impiego rimane molto limitato.
Sono allo studio sistemi per ottenere da gas di sintesi direttamente miscele di alcoli di diverso peso molecolare, da metanolo a esanolo, che presentano caratteristiche migliori rispetto ad alcuni dei componenti usati da soli come aggiunte alla benzina (per volatilità, tolleranza all'acqua, resistenza alla detonazione, costo, ecc.).
Fra gli eteri, maggiore interesse ha incontrato il MTBE sia per le sue caratteristiche, sia perché è ottenuto a partire da metanolo (derivabile dal carbone); tuttavia l'altra materia prima necessaria alla sua produzione, l'isobutilene, non è molto abbondante. Fra le sue caratteristiche sono da segnalare l'elevato numero d'ottano, la bassa percentuale d'ossigeno (un atomo rispetto a 5 di carbonio), ma, tuttavia, anche una bassa temperatura d'ebollizione e un'elevata tensione di vapore.
Per ampliare la possibilità di disporre di eteri si produce anche il ter-amilmetiletere, che utilizza parte della frazione C5; con un sistema analogo a quello di preparazione del MTBE si ottiene il TAME, usando metanolo e olefine ramificate a cinque atomi di carbonio (isoamileni), presenti nei sottoprodotti del cracking fluido in raffineria o del cracking catalitico per la produzione di etilene. Rispetto al MTBE ha un potere antidetonante un po' minore, ma una più elevata temperatura di ebollizione e un maggiore potere calorifico.
Recentemente sono anche stati proposti gli eteri preparati partendo da etanolo anziché da metanolo, cioè etil-ter-butiletere, ETBE, che possono avere interesse solo se il costo dell'etanolo è competitivo rispetto a quello del metanolo.
Bibl.: D.D. Whitehurst, T.O. Mitchell, M. Farcusin, Coal liquefaction, New York 1980; B.S. Leo, Synthetic fuels from coal, AIChE Monograph series 78 n. 14, ivi 1981; Coal liquefaction processes, a cura di P. Novack, ivi 1981; New approaches in coal chemistry, a cura di B.C. Bockrath e altri, Washington (D.C.) 1981; G. De Goudemaris, J.P. Arile, J.C. Gulbet, Les carburants de substitution, in La recherche, vol. 17, 175 (marzo 1986).