CARBURI
(fr. carbures; sp. carburos; ted. Carbide; ingl. carbides). Composti binari del carbonio con i metalli e con alcuni metalloidi, molti dei quali hanno notevole interesse pratico.
Nella Encyclopédie méthodique di L.-B. Guyton de Morveau (Parigi 1796) si trovano i primi accenni alla proprietà del carbonio di combinarsi direttamente ai metalli; ma si cominciò ad avere qualche notizia più precisa solo nel 1809 per opera di Davy che preparò per primo il carburo di potassio. In seguito Thénard, Gerhardt, Troost, Berthelot ottennero i carburi di argento, di manganese e di qualche altro elemento per azione dell'acetilene sulle soluzioni di sali metallici. È stato soprattutto Moissan col suo forno elettrico a mostrare che riscaldando a temperatura molto elevata gli ossidi metallici con carbone si ha combinazione del carbone col metallo formatosi per riduzione. Queste reazioni si compiono generalmente con notevole assorbimento di calore, e per tale motivo la preparazione dei carburi su larga scala venne realizzata solo quando si trovò il mezzo di raggiungere facilmente temperature molto elevate. Moissan che introdusse nei laboratorî l'uso del forno elettrico ad arco voltaico, eseguì le prime ricerche sistematiche su questo argomento.
Riassumiamo qui i metodi più comunemente usati in pratica:
1. Riscaldamento dei metalli in presenza di carbone. Questo metodo dà buoni risultati quando la reazione si verifica a una temperatura inferiore a quella di volatilizzazione del metallo.
2. Riscaldamento al forno elettrico di mescolanze di ossidi e ossisali metallici con carbone. In un primo tempo si ha riduzione dell'ossido, e in seguito formazione di carburo fra il carbonio in eccesso e il metallo che si forma:
Nel caso di un sale, p. es. carbonato, si avrà prima la dissociazione in ossido e anidride carbonica per effetto del calore (MeCO3 = MeO + CO2) e poi si compieranno le reazioni 1 e 2.
3. Riscaldammto degli ossidi metallici con carburo di calcio. L'ossigeno si fissa al calcio, e il carbonio forma il carburo:
Il processo è analogo a quello precedente, che però, essendo più economico, è sempre preferito nelle preparazioni industriali.
4. Azione dei vapori di idrocarburi (naftalina, benzolo, toluolo, acetilene, metano) sui metalli convenientemente riscaldati. Si può ricorrere a questo metodo per trasformare in carburo la superficie di oggetti metallici come bacchette, fili, ecc. La reazione, nel caso p. es. della carburazione del tungsteno con il metano, sarà rappresentabile nella maniera seguente:
5. Azione dell'acetilene sulle soluzioni dei metahi alcalini e alcalino-terrosi nell'ammoniaca liquida. Il metallo si sostituisce all'idrogeno dell'acetilene e il carburo che si forma si combina in un primo tempo con altro acetilene formando un composto di addizione che, per leggiero riscaldamento, si scompone:
6. Azione dell'acetilene sulle soluzioni di alcuni sali metallici (rame, argento, mercurio). Si ottengono prodotti insolubili che a temperatura relativamente bassa si decompongono con esplosione.
Alcuni vengono impiegati come inneschi per esplosivi e comunemente vengono chiamati acetiluri, per distinguerli dai carburi veri e proprî dai quali differiscono nelle proprietà, pur essendo molto simili nella costituzione. L'ultimo metodo di preparazione indicato si riduce in fondo alla sostituzione dei due atomi d'idrogeno contenuti nella molecola dell'acetilene con due atomi metallici monovalenti o con uno bivalente. Considerati da questo punto di vista i carburi si ravvicinano a composti di natura salina nei quali l'idrocarburo avrebbe la funzione di acido molto debole. La maggior parte di questi prodotti è infatti molto facilmente idrolizzabile e di ciò ci si vale spesso per preparare l'acetilene e altri idrocarburi.
Ma non tutti i carburi si possono considerare derivati dall'acetilene: ve ne sono alcuni che con l'acqua svolgono metano, e appaiono quindi derivati di questo idrocarburo. Appartengono a questa categoria principalmente i carburi di berillio e di alluminio.
Altri infine, anziché originare un solo idrocarburo, forniscono, sempre per azione dell'acqua o di soluzioni acide, una miscela di idrocarburi talvolta anche liquidi e solidi (acetilene, etilene, metano etano, propano, ecc.). Si comportano a questo modo i carburi delle terre rare e quello di uranio.
La formazione di idrocarburi liquidi per azione dell'acqua sui carburi ha fatto nascere l'ipotesi che tali trasformazioni si verifichino anche in natura, e ha fatto pensare che i petrolî possano prendere origine da reazioni di questo tipo. Nei primi periodi geologici della terra il carbonio si sarebbe dovuto trovare sotto forma di carburi metallici, i quali, per azione dell'acqua e dell'ossigeno, avrebbero originato gl'idrocarburi, l'anidride carbonica e gli ossidi.
Di solito i carburi sono cristallizzati e variamente colorati secondo il metallo da cui provengono o le impurezze che contengono.
Sono prodotti difficilmente fusibili; se vengono riscaldati a temperature elevatissime si decompongono nel metallo che distilla e in carbonio grafitico. Reagiscono con gli alogeni a temperatura relativamente bassa formando gli alogenuri corrispondenti; riscaldati in corrente d'ossigeno bruciano formando ossido metallico e anidride carbonica e si comportano perciò da riducenti verso le sostanze ossigenate. A temperatura elevata reagiscono anche con lo zolfo formando i solfuri. Con il selenio, il tellurio, il fosforo, l'arsenico, l'antimonio, si comportano in maniera analoga.
La struttura dei carburi è stata studiata, in qualche caso, anche con i raggi X.
I carburi sono molto adoperati per la preparazione di idrocarburi. Il carburo di calcio, p. es., è correntemente usato per la preparazione dell'acetilene; e, secondo recenti brevetti, quando venga riscaldato a circa 500° in presenza di vapore acqueo può fornire un prodotto contenente fino al 60% di benzolo.
Alcuni carburi si caratterizzano per la forte resistenza agli agenti chimici e alla temperatura, o per le proprietà elettriche, o, infine, per l'elevata durezza. Fra questi ve ne sono alcuni (silicio, boro, titanio, zirconio, tungsteno, molibdeno) che si possono preparare abbastanza facilmente con materiali non troppo costosi e che trovano perciò larga applicazione pratica nella fabbricazione dei refrattarî, delle resistenze elettriche per forni industriali; nella costruzione di anodi per elettrolisi di sali fusi; nella costruzione di utensili atti a forare o incidere pietre dure (punte da trapano); nella preparazione delle polveri e delle paste abrasive, ecc.
Nella tabella seguente sono riportati alcuni dati che si riferiscono alle proprietà per cui questi carburi ritrovano applicazione pratica:
Per la metallurgia hanno particolare interesse i carburi di ferro (cementite) e dei metalli che comunemente si trovano allegati ad esso nelle ghise e negli acciai.
I carburi si possono suddividere, a seconda delle proprietà e delle applicazioni che ricevono, nelle tre categorie seguenti:
1. Carburi che si decompongono facilmente a contatto dell'acqua formando idrocarburi (acetilene, etilene, metano, e omologhi).
2. Carburi di ferro e dei metalli che più comunemente si trovano allegati ad esso nelle ghise e negli acciai.
3. Carburi caratterizzati da una grande durezza, impiegati come abrasivi.
Alla prima categoria appartengono i carburi dei metalli alcalini e alcalino-terrosi, delle terre rare, di magnesio, berillio, uranio.
I carburi dei metalli alcalini hanno la formula generale Me2C2; sono prodotti cristallini incolori, che reagiscono vivacemente con l'acqua formando esclusivamente acetilene.
Interessanti dal punto di vista pratico sono i carburi dei metalli alcalino-terrosi di formula MeC2. Fra questi il più importante per le applicazioni industriali è il carburo di calcio (CaC2) (v. calcio, carburo di).
I carburi delle terre rare hanno costituzione analoga a quelli alcalino-terrosi, ma i prodotti provenienti dalla loro decomposizione con l'acqua contengono, oltre l'acetilene, anche etilene, metano, tracce dei loro omologhi, talvolta liquidi e solidi, e idrogeno.
I carburi di berillio e di alluminio si differenziano dai precedenti perché con l'acqua formano solo metano.
Il carburo di uranio (U2C3) si decompone abbastanza facilmente con acqua calda e fornisce una miscela di idrocarburi liquidi e gassosi formata essenzialmente di pentano, propano, metano, etilene, acetilene, e omologhi, e idrogeno.
Fra i carburi della seconda categoria il più importante è quello di ferro che prende il nome di cementite (Fe3C). È uno dei costituenti principali della ghisa, la cui fragilità è appunto dovuta alla speciale struttura cristallina di questo prodotto. Si può isolare allo stato puro trattando la ghisa con acidi diluiti, in modo che venga portato via il ferro in eccesso e rimanga indietro il residuo di cementite che è meno facilmente attaccabile dagli acidi.
Nella ghisa e negli acciai si possono ritrovare inoltre carburi di manganese (Mn3=C-Mn5C2), di cromo (Cr3C2=Cr4Co Cr5C2), di molibdeno (MoC=Mo2C), di tungsteno (WC=W2C), di vanadio (VC), ecc., la cui presenza, anche in piccola quantità, provoca delle profonde modificazioni in alcune proprietà fisiche e meccaniche di questi prodotti.
Anche carburi appartenenti alle altre categorie possono produrre effetti analoghi (silicio, boro, titanio).
Generalmente non reagiscono con l'acqua a temperatura ordinaria; ma a temperatura elevata, e meglio in presenza di acidi, possono venire lentamente attaccati con formazione di idrocarburi gassosi, liquidi e solidi. A questo modo si comportano specialmente i carburi di manganese che dànno metano.
Fra i carburi della terza categoria sono più largamente usati quelli di silicio (v. abrasivi), di boro, di zirconio e di titanio.
Il boro combinandosi con il carbonio forma il composto B6C. Alcuni ritengono che esista anche un prodotto di formula B2C2 ma il primo è il più comune e il più importante.
Si può ottenere per riscaldamento a 2500° di anidride borica con carbone, o d'una miscela di rame con boro elementare e carbone. Il carburo che si forma si scioglie nel rame dal quale cristallizza per raffreddamento. Operando con precauzioni speciali si ottengono cristalli abbastanza grossi d'aspetto metallico, caratterizzati da una estrema durezza e da buona conducibilità elettrica.
Il carburo di boro è molto usato come abrasivo, da solo o mescolato con corindone o con carborundo. Si impiega nella sfaccettatura del diamante, nella incisione del vetro, nella costruzione di utensili per la lavorazione dei prodotti molto duri. Si approfitta inoltre della sua buona conducibilità elettrica accoppiata a forte resistenza alla temperatura e agli agenti chimici, per rivestire con esso elettrodi per forni, e carboni per lampade ad arco. Venne anche usato nella preparazione dei fili per lampadine elettriche, mescolato a carbone e a carburi di altri metalli.
I carburi di titanio (TiC) e di zirconio (ZrC) si ottengono, come quello di boro, riscaldando al forno elettrico gli ossidi con il carbone e sono anch'essi dei buoni abrasivi. Il carburo di zirconio è inoltre utilizzato per la preparazione di filamenti per lampade elettriche. A questo scopo si parte dall'idruro (H4Zr) e lo si mescola con sostanze organiche generalmente a base di cellulosa. Si ottiene così una pasta che viene trafilata e poi essiccata. Il filo si fa infine attraversare da una corrente elettrica molto intensa che lo porta a elevata temperatura trasformandolo in carburo.
Il carburo di titanio trova impiego anche come elettrodo per lampade ad arco funzionanti con corrente alternata. In ciascuna lampada se ne dispone uno verticalmente, mentre altri due elettrodi di carbone si fanno convergere verso la parte inferiore di esso. In tal modo il rendimento dell'arco viene molto favorito.
Bibl.: O. Hönigschmid, Carbide und Silzide, Halle 1914; F. Ullmann, Encykl. der techn. Chemie, Berlino 1929; J.W. Mellor, A comprehensive treatise on inorganic and theor. chemistry, Londra 1924; E. Friedrichs, Zeit. f. anorg. Chem., CXLIV (1925), p. 169; M.R. Andrews, Journ. physic. chem., XXVII (1923), p. 270; F. Fischer, Brennstoff-Chemie, X (1929), p. 261.