cardinale (agg.)
Che fa da cardine, cioè " fondamentale "; è attributo delle quattro virtù: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza: Onde ciò fare [moderatamente ridere] ne comanda lo Libro de le quattro vertù cardinali: " Lo tuo riso sia sana cachinno ", cioè senza schiamazzare come gallina (Cv III VIII 12). D. parla qui del riso della sua donna, la Donna gentile, a commento del verso ne l'occhi e nel suo dolce riso (Amor che ne la mente 57), così che al passo citato subito aggiunge: Ahi mirabile riso de la mia donna, di cui io parlo, che mai non si sentia se non de l'occhio! (" solo si coglieva con la vista nel lieve moto delle labbra ", Busnelli).
È da notare che il Libro delle quattro virtù è citato da D. come opera di Seneca in Mn II V 3; dopo D. l'opera venne fondatamente attribuita invece a s. Martino di Dumio, arcivescovo di Braga nel Portogallo (Formula honestae vitae), e ivi il passo in questione (c. 3) suona: " Sales tui sint sine dente, ioci sine vilitate, risus sine cachinno, vox sine clamore, incessus sine tumultu ".
Lingua. - Il secondo attributo del volgare illustre (VE I XVI 6 - XVII 1) è spiegato da D. (I XVIII 1) secondo la tecnica, già impiegata per illustris e cara al frequentatore di dizionari, della chiarificazione del concetto attraverso l'analisi etimologica del verbum che lo designa (metodo corrente, del resto, anche nella scolastica). Il volgare illustre è ben degno di essere detto c. poiché, come l'intera porta segue il cardine, movendosi nella direzione in cui esso si muove, all'interno o all'esterno, così la turba dei volgari municipali si volge e rivolge, si muove e s'arresta in dipendenza dal volgare illustre, che appare come un vero paterfamilias (s'intenda naturalmente cardo non nel senso moderno ma in quello classico - v. Thesaurus linguae latinae, sub v. - di cuneo piantato sotto lo spigolo inferiore della porta, che s'appoggia ad esso e ruota sia verso l'esterno che verso l'interno, mentre il corrispondente cuneo superiore serve a mantenerla in posizione verticale). L'immagine deriva da luoghi della lessicografia medievale: cfr. Uguccione: " Cardo. dinis... dicitur a cardian: et est cardo parva pars ostii, scilicet cuneus, qui in foramine vertitur... Et dicitur cardo a cardion quod est cor, quia sicut cor homines regit et movet, ita ille cuneus ianuam regit et movet ", che deriva da Isidoro Etymol. XV VII 7 " Cardo est locus in quo ostium vertitur et semper movetur, dictus ἀπὸ τη̃ς χαρδίας , quod quasi cor hominem totum, ita ille cuneus ianuam regat ac moveat " (con cui il passo di D. sembra avere maggiori affinità verbali); e simili notationes sono frequenti nei testi medievali, sia a proposito dell'uso metaforico di cardo così diffuso nei classici (cfr. per es. Arnolfo d'Orléans Glosulae super Lucanum, ed. Marti, 69) sia a proposito del titolo di cardinale (così per es. nel commento del Boccaccio a if VII 47) e anche delle virtù cardinali.
Tutto il brano sul volgare c. è tra i più ricchi di valori stilistici del trattato, per la vivace accensione metaforica e la concentrazione di procedimenti retorici, soprattutto di marca ‛ isidoriana ', dall'interrogazione retorica ai poliptoti, annominationes e figure etimologiche (cardinem-cardo, vertitur-versetur e vertitur-revertitur, introrsum-extrorsum, plantas... plantaria plantat, amoveant-admoveant).
Come spesso in questi casi, il lessico e le immagini sono d'impronta biblico-liturgica (v. per uno sguardo d'assieme A. Blaise, Le vocabulaire latin des principaux thèmes liturgiques, Turnhout 1966, passim; in particolare, per agricola, il Vangelo giovanneo, 15, 1 " Ego sum vitis vera, et Pater meus agricola est ": cfr. Pd XII 71, e ortolano, in Pd XXVI 65), ma per lo più attraverso il filtro della recente terminologia retorica, come per l'analogo brano di I XI 1 (cfr. un passo della Palma di Boncompagno da Signa, presso K. Sutter, Aus Leben und Schriften de: Magister Boncompagnus, Friburgo in Br. 1894, 105; o Konrad von Mure, De Arte prosandi, in L. Rockinger, Briefsteller und Formelbücher des eilften bis vierzehnten Jahrunderts, Monaco 1863, 437: " sic enim scribere debemus ut vicia subscripta fugiamus, ad morem prudentis ortolani qui in orto utilia seminat et plantat, prius tamen urticis extirpatis "; anche di paterfamilias, che ritorna in Mn I V 5, si può segnalare un uso metaforico affine in Matteo di Vendòme Ars versificatoria, ed. Farai, IV 26). Dietro la fitta trama della transumptio appare, come già nell'immagine omologa della pantera (I XVI 1), un nodo concettuale fondamentale nella teoria dantesca del volgare illustre: cioè il riconoscimento della funzione unificatrice e regolamentatrice di quest'ultimo nei confronti della dispersa e irregolare molteplicità dei volgari municipali, a compimento del programma annunciato all'inizio dell'opera, di un insegnamento delle norme dell'eloquentia attraverso il quale si potrà locutioni vulgarium gentium prodesse (I 11); ed è anche probabile che sotto la metafora del cardo si celi, come ha visto il Di Capua, precisamente quella nozione di un'ideale stabilitade cui, secondo l'affermazione di Cv I XIII 6, il volgare tende, in quanto studia naturalmente alla sua conservazione, e che può attingere in legar sé con numero e con rime.
Bibl. - D.A., De vulg. Eloq., a c. di A. Marigo, Firenze 1948, 149-151; F. Di Capua, Insegnamenti retorici medievali e dottrine estetiche moderne nel De vulg. Eloq.' di D., Napoli 1945 (rist. in Scritti minori, Roma-Parigi 1959, II 285-286); M. Andrieu, L'origine du titre de Cardinal dans l'Eglise romaine, in Miscellanea Mercati, Città del Vaticano 1946, V 113-144.