cardinalita
cardinalità nozione introdotta da G. Cantor che generalizza il concetto intuitivo di “numero di elementi di un insieme” astraendo dalla natura e dall’ordine degli elementi stessi. La nozione, valida anche per insiemi infiniti, fornisce una definizione astratta e una generalizzazione del concetto di numero naturale. Attraverso la nozione di cardinalità è possibile svincolare il concetto intuitivo di «grandezza» di un insieme da ogni riferimento aritmetico ed estenderlo all’infinito su basi puramente insiemistiche.
Se un insieme A = {a1, ..., an} ha un numero finito n di elementi, allora la sua cardinalità è tale numero naturale. Meno facile è definire questo concetto per un insieme con un numero infinito di elementi. Per formalizzare il problema, si definisce una particolare relazione di equivalenza tra insiemi: l’equipotenza; due insiemi si dicono equipotenti se tra di essi esiste una biiezione, cioè se è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra i loro elementi. Se un insieme A possiede solamente un numero finito n di elementi, allora un insieme è equipotente ad A se e solo se possiede esattamente n elementi. La nozione di equipotenza generalizza quella intuitiva di “avere lo stesso numero di elementi” (espressione che ha senso solamente nel contesto di insiemi finiti) e permette di definire la cardinalità di un insieme A (detta anche potenza o numero cardinale o semplicemente cardinale di A e indicata con il simbolo |A| o #A) come la sua classe di equivalenza rispetto alla relazione di equipotenza. La relazione di equipotenza tra insiemi definisce in modo naturale una relazione d’ordine anche tra i numeri cardinali transfiniti: un insieme ha cardinalità minore di un altro se è equipotente a un suo sottoinsieme. Si tratta di una relazione d’ordine totale, come stabilisce il teorema di → Cantor-Schröder-Bernstein. Pertanto, dati due insiemi qualsiasi, è sempre possibile confrontarne le cardinalità. L’esistenza di numeri cardinali via via crescenti è stata stabilita da Cantor in un suo famoso teorema (→ Cantor, teorema di), in base al quale, per ogni insieme A, l’insieme ℘(A) delle parti di A ha potenza maggiore di quella di A.
Il numero cardinale di un insieme con un numero infinito di elementi viene detto numero cardinale transfinito. La scoperta dei numeri naturali transfiniti alla fine del xix secolo a opera di Cantor e l’introduzione di una gerarchia, e quindi di una differenziazione, anche nel regno dell’infinito è stata una delle più clamorose conquiste della teoria degli insiemi. I numeri cardinali transfiniti hanno proprietà a prima vista sorprendenti. Per esempio, l’insieme N dei numeri naturali ha la stessa cardinalità dell’insieme Q dei numeri razionali; oppure, l’insieme R dei numeri reali ha la stessa cardinalità dell’insieme R × R delle coppie ordinate di numeri reali, e ciò esprime il fatto geometrico, sorprendente per lo stesso Cantor, che “una retta ha tanti punti quanti ne ha un piano”, ovvero l’insieme dei punti della retta, l’insieme dei punti del piano euclideo, l’insieme dei punti dello spazio tridimensionale euclideo hanno la stessa potenza. Attraverso il concetto di cardinalità si dimostra che esistono “diversi tipi di infinito”: il cosiddetto procedimento diagonale di Cantor stabilisce che l’insieme N dei numeri naturali e l’insieme R dei numeri reali, entrambi infiniti, non hanno la stessa cardinalità. Si definiscono pertanto la cardinalità (o potenza) del numerabile come la cardinalità di un insieme equipotente all’insieme N e la cardinalità (o potenza) del continuo come la cardinalità di un insieme equipotente all’insieme R. Ma queste due cardinalità non esauriscono tutte le possibili cardinalità per un insieme infinito: sempre Cantor, infatti, ha mostrato che non è possibile stabilire una corrispondenza biunivoca tra un insieme e il suo insieme delle parti. Da ciò segue che i numeri cardinali transfiniti sono infiniti.
Un insieme con infiniti elementi ha necessariamente cardinalità maggiore o uguale a quella del numerabile. Per classificare la cardinalità degli insiemi infiniti si usa, secondo quanto faceva Cantor, la prima lettera dell’alfabeto ebraico, l’aleph. Con il simbolo ℵ0 (aleph zero) si indica la cardinalità dell’insieme dei numeri naturali (ovvero del numerabile); con lo stesso simbolo, con indici successivi, ℵi, si indicano cardinalità superiori, come per esempio quella dell’insieme R dei numeri reali. Come nel caso dei numeri naturali (cui possono essere assimilati i numeri cardinali finiti), ogni numero cardinale transfinito ammette un successore. Pertanto, per ogni numero naturale i, è ben definito l’i-esimo numero cardinale transfinito, che viene indicato con il simbolo ℵi (aleph i); si determina in questo modo una successione ℵ0 < ℵ1 < ... < ℵi < ...
Per i numeri cardinali è possibile introdurre delle operazioni di calcolo, in modo da estendere le operazioni di addizione, moltiplicazione e potenza definite nell’insieme dei numeri naturali (→ numero cardinale). Se A è un insieme finito di cardinalità n, allora il suo insieme delle parti ha cardinalità 2n. Per questo, formalmente, si usa scrivere 2ℵi per indicare la cardinalità dell’insieme delle parti di un insieme di cardinalità ℵi. Cantor ipotizzò che
vale a dire che la cardinalità di R coincidesse con la cardinalità dell’insieme delle parti di N. Per tutta la prima metà del secolo xx ci si è chiesti se esistessero cardinalità intermedie tra quella del numerabile e quella del continuo, cioè, equivalentemente, se valesse l’uguaglianza
(ipotesi del continuo o congettura di Cantor) e, più in generale, l’uguaglianza ℵi+1 = 2ℵi (ipotesi del continuo generalizzata). Nel 1938 il logico matematico K. Gödel dimostrò che l’ipotesi del continuo è consistente con gli assiomi della teoria degli insiemi di → Zermelo-Fraenkel, cioè che la sua assunzione non porta a contraddizioni. Nel 1963 il matematico P. Cohen dimostrò inoltre (aggiudicandosi per questo risultato la Medaglia Fields) che essa è indipendente dagli assiomi della teoria degli insiemi, cioè che neppure la sua negazione porta a contraddizioni. Oggi l’ipotesi del continuo è comunemente accettata tra gli assiomi della teoria degli insiemi.