carestia
Mancanza o grave scarsità di derrate alimentari dovuta a cause naturali (siccità, inondazioni, epidemie, malattie di piante o di animali) o a guerre, rivoluzioni, errori economici, con conseguente incremento della mortalità dell’intera popolazione dell’area colpita o di particolari gruppi all’interno di essa.
L’evoluzione economica moderna ha reso meno gravi e frequenti le c., soprattutto permettendo compensazioni fra annate favorevoli e sfavorevoli e fra Paese e Paese. Le c. possono essere ancora oggi determinate, tuttavia, dall’insufficienza dei collegamenti geografici o dei mezzi di trasporto, dalla presenza di larghi strati della popolazione che vivono già di norma vicini ai livelli di sussistenza o dalla forte dipendenza da particolari condizioni climatiche. Se in Europa le ultime c. datano intorno al 1930 (URSS), nei Paesi extraeuropei esse si sono verificate anche nella seconda metà del 20° sec. (Cina, 1958-61; Etiopia, 1973 e 1984; Bangladesh, 1974; Sudan, 1998; Sahel, 2010).
L’analisi economica delle c. ha ricevuto un importante contributo dalla ricerca del premio Nobel A.K. Sen (➔), il quale ha rilevato come il calo, anche drastico, della produzione alimentare non fornisca una spiegazione soddisfacente delle c. in un’economia di scambio. Ciò che invece risulta sempre determinante è il collasso dei titoli di scambio, le opportunità offerte dal mercato a un individuo di scambiare merci con cibo. La perdita di tali titoli da parte di uno o più gruppi occupazionali può generare, come si è verificato in Bangladesh nel 1974, una c. anche in assenza di una diminuzione della disponibilità alimentare. Incentivi economici che facciano crescere produzione e reddito e incentivi politici forniti dalla democrazia, come l’esistenza di partiti d’opposizione che possano mettere sotto accusa il governo e di una libera informazione, hanno un ruolo importante nel prevenire e contrastare le carestie.