CARIATIDE (gr καρυατις; lat. caryatis; fr. e ingl. caryatide; sp. cariatide; ted. Karyatide)
Statua femminile, oppure busto di donna terminato inferiormente in erma, o colonna, o prisma e usato a sorreggere architravi, o mensole, o altri membri di architettura. È termine impropriamente adoperato anche per analoghe statue virili. Vitruvio narra nel cap. 5 del libro I che gli architetti greci ritrassero le schiave Carie, adorne dei loro monili, nell'atto di sorreggere le trabeazioni degli edifici-pubblici o sacri, donde l'origine della figurazione e del nome. È molto probabile tuttavia che questa origine rientri nel novero di quelle leggende così care agli autori ellenistici. È piuttosto da vedere, col Wölfflin, in tale disposizione quella tendenza all'antropomorfismo che così spesso accomuna forme e proporzioni architettoniche a quelle umane. In qualche caso speciale l'adozione delle cariatidi può avere vero carattere di ricordo di cerimonie, come nella loggia dell'Eretteo in Atene, in cui probabilmente le mirabili figure scolpite di donne si riferiscono alla processione delle Panatenee.
Sinonimo di cariatide è canefora. Per indicare statue virili è più proprio Telamone, Atlante (per analogia con la figura mitologica), o statua persica, in ricordo dei prigionieri catturati dai Greci alla battaglia di Platea.
La cariatide è elemento comune a tutte le architetture eccettuata la moresca, che per ragioni religiose rifugge dalla rappresentazione di figure umane. Nell'architettura egiziana sono frequenti le cariatidi, particolarmente addossate a pilastri, sia verticali sia inclinati sulle pareti rocciose delle colline e con aspetto di appoggio più che di sostegno; sono sempre foggiate in calma espressione di forza, non di fatica (come nel tempio ipogeo d'Imsambul e nel grande atrio del Ramesseum).
Nell'architettura orientale le cariatidi sono pure comunissime, e anche qui per lo più addossate ai pilastri, ma generalmente contorte nello sforzo di sorreggere (pilone ovest del grande stūpa di Sanchi), oppure del tutto prive di aspetto portante, anche se collocate sotto mensole e trabeazioni (come a Vellore e nel grande tempio di Madura).
Gli architetti greci crearono il modello più tipico e perfetto della cariatide. La cariatide greca porta un capitello analogo a quello delle colonne, generalmente dorico o ionico, più grande di quello che competerebbe a una colonna della stessa altezza; sorregge una trabeazione costituita da una cornice architravata e la statua appoggia su di un alto stilobate. Ha aspetto di robustezza senza rigidità, è generalmente isolata e panneggiata con pieghe fini e verticali simili alle scanalature delle colonne. Sono rappresentate sia nell'architettura arcaica, come nel tesoro dei Cnidî a Delfo, sia nei templi migliori, come nella loggia dell'Eretteo che offre l'esempio più perfetto. Due cariatidi antiche firmate da Kriton e Nikolaos furono trovate presso la Via Appia. Una bella cariatide con capitello a campana rovescia si conserva nel museo di Costantinopoli. La trabeazione della cella, nel tempio di Giove ad Agrigento, era sorretta da telamoni giganteschi.
La figura umana in atto di sorreggere è elemento usuale dell'arte etrusca, particolarmente negli oggetti di terracotta o di bronzo.
Altrettanto usuale è nell'arte romana, e molti esempi sono stati ricavati dagli scavi di Pompei. La cariatide è pure frequente negli edifici e analoga a quella greca, ma generalmente più mossa e coperta di ornato più minuto. Al Museo Vaticano in Roma sono conservate quattro pregevoli cariatidi antiche adorne di capitelli dorici e a campana rovescia. I porticati che fiancheggiano il tempio di Marte nel Foro di Augusto a Roma erano chiusi verso il cortile che circonda il tempio da un muro cui era addossato un ordine di cariatidi. La cariatide è rara nelle architetture romanica e gotica, mentre sono invece frequenti le figure umane o angeliche o diaboliche sui capitelli, nell'atto di sorreggere l'abaco, o nelle basi delle colonne, schiacciate sotto il peso di esse, ovvero nelle mensole a sostegno dei tetti.
La cariatide di modello greco-romano torna in uso nel Rinascimento col risorgere dell'architettura classica. Sono notevoli le cariatidi del Casino di Pio IV a Roma, d' ordine ionico; quelle che sorreggono la balconata nel ninfeo di Villa Giulia a Valle Giulia; quelle, col capitello foggiato a canestro, che adornano Villa Mattei, quelle dei giardini Farnesi e del secondo cortile del Palazzo Spada, queste ultime del Borromini, al quale si devono anche le cariatidi del campanile di S. Andrea delle Fratte. A Milano sono degne di nota, oltre i famosi contorti Omenoni che diedero il nome al palazzo di cui ornano la facciata, quelle del palazzo Marino. In Francia si celebrano le cariatidi di Jean Goujon che sopportano la tribuna nella sala delle antichita al Louvre, le 8 cariatidi di Sarrazin che nel cortile di questo decorano la sommità del padiglione dell'orologio e le quattro cariatidi rappresentanti Giustizia, Forza, Temperanza e Prudenza, di ordine ionico, che reggono la tomba di Enrico di Condé nella chiesa di Vallery (Yonne). Più che negli edifici le cariatidi sono usate nella decorazĭone del Cinquecento e dei secoli successivi e divengono elemento comunissimo e caratteristico dello stile neoclassico (v. tavv. III a VI).