Vedi CARICATURA dell'anno: 1959 - 1994
CARICATURA (v. vol. II, p. 342)
Egitto. - Se si esamina la produzione iconografica e letteraria egiziana, non è difficile scoprire manifestazioni artistiche che possono apparire trasposizioni della realtà quotidiana in c.: la regina dalle forme abbondanti fino alla deformità nel rilievo della spedizione a Punt, è un esempio assai esplicito di questo modo espressivo. Si sbaglierebbe però a considerare quest'immagine una c.; in essa non vi è infatti alcun intento ironico o grottesco e la sua ragione d'essere risiede piuttosto nell'osservazione attenta e divertita del mondo circostante, che è una delle costanti dell'arte egiziana. È sufficiente esaminare uno dei tanti dipinti con scene di vita quotidiana che decorano le tombe dei privati per arrivare a cogliere appieno questo gusto per l'episodio in grado di provocare il sorriso. Nel sepolcro dell'araldo reale Antef (Tomba Tebana 155), vissuto durante il regno di Thutmosis III, si trova una scena dove una fila di uomini con giare di vino stanno per entrare in una cantina. Il primo portatore ha appoggiato la giara per terra e sta bussando alla porta; rivolto a un suo compagno, dice: «Il magazziniere sta dormendo»; il compagno gli risponde: «È certamente sbronzo»; dall'interno della cantina, il magazziniere, accucciato dietro la porta, evidentemente addormentato, risponde: «Non sto affatto dormendo!». In questo caso, sia l'immagine sia il testo contribuiscono a produrre l'effetto comico; è la scena intesa nella sua completezza a provocare il sorriso, i singoli personaggi che ne fanno parte sono raffigurati in modo normale, senza che sia dato risalto ad alcuna loro caratteristica fisica. D'altra parte, le scene d'allevamento, d'agricoltura, di commercio, d'artigianato sono spesso arricchite da questi particolari gustosi: l'uomo malrasato che sonnecchia in attesa del suo turno dal barbiere, l'asino recalcitrante, sordo ai maltrattamenti e alle ingiurie del suo padrone. Il mettere in rilievo questi aspetti della vita di tutti i giorni serve a conferire maggior vivacità e quindi verosimiglianza alle scene, ma è privo di qualsiasi intento caricaturale.
L'esagerazione delle forme è invece riscontrabile nelle frequenti rappresentazioni di nani, di individui deformi e di stranieri. In queste figurazioni si rivela infatti la necessità di trasporre in immagine il diverso che, in quanto tale, viene reso mettendo in risalto proprio i particolari che più contrastano con tutto ciò che dalla cultura egiziana è considerato «normale». La ricerca di un effetto ridicolo non è comunque estranea al modo di rappresentare lo straniero, soprattutto per metterne in rilievo la codardia, cui si contrappone il valore del sovrano. Assai noto è il bassorilievo di Ramesse II nel tempio di Luxor, dove un siriano in fuga, inseguito da un orso, cerca scampo arrampicandosi su un albero. Questa rappresentazione aneddotica dovette avere un discreto successo all'epoca, se a essa fa riferimento anche un brano della controversia epistolare tra lo scriba Hori e lo scriba Amenemope.
La c. ricorre spesso nei testi del Nuovo Regno. Nelle c.d. miscellanee scolastiche di epoca ramesside la funzione della c. è di mettere in ridicolo determinate professioni, in modo che il giovane studente si convinca che intraprendere la carriera amministrativa sia la scelta migliore per il proprio futuro. Assai bersagliata è la professione del soldato, probabilmente perché poteva offrire prospettive interessanti come la possibilità di viaggiare. Più difficile è invece incontrare c. di singoli individui, eseguite al solo fine di divertire. Questo perché, nonostante l'abbondanza di documentazione, poche sono le manifestazioni artistiche a carattere non ufficiale, dove è più facile riscontrare quel rapporto tra l'individuo e i propri simili che è alla base della vera e propria caricatura. Come sempre in questi casi, è il villaggio degli operai di Deir el- Medīna ad avere fornito la più ricca messe di testimonianze, con i disegni, abbozzati dai suoi abitanti su frammenti di coccio o di calcare (òstraka), che rappresentano le poche manifestazioni dell'arte popolare egiziana e, proprio per questo, sono testimonianze preziosissime.
L’òstrakon del Fitzwilliam Museum di Cambridge EGA 4324-1943 ha tramandato i lineamenti di uno scalpellino, ritratto con spiccato gusto dell'ironia probabilmente da un suo compagno di lavoro. Il tratto, rapido e preciso, ci mostra un uomo calvo dal collo taurino, dalle grandi orecchie e dal naso a patata; la barba è ispida e indica una certa trascuratezza nella persona. Il disegno segue pedissequamente i canoni dell'arte egiziana, ma l'immagine non risulta stereotipata e non può far dubitare che sia espressione di un intento caricaturale.
Altrettanto vivida è l'immagine di un giovane nudo e con i capelli lunghi, ritratto accucciato in posa animalesca nell'atto di attizzare un fuoco (òstrakon Lipsia 1894, oggi perduto). L'intento ridicolizzante è sottolineato anche dalla scritta in caratteri ieratici che accompagna la figura e che ci informa sul nome dell'individuo e sulla sua azione.
L'òstrakon EGA 106-1949, sempre appartenente al Fitzwilliam Museum, ci restituisce invece la figura di un vecchio contadino che ha sulle spalle un lungo bastone, alle cui estremità sono appesi due sacchi. Il collo e le braccia esili contrastano con il rigonfiamento dell'addome prominente e con la curvatura pronunciata della schiena. Il disegno dell’òstrakon è sicuramente tratto da un modello reale, come è dimostrato dal busto interamente di profilo, impostazione grafica che si distacca dalle regole canoniche e che conferisce un'inconsueta naturalezza alla composizione. Però la resa di alcuni particolari non può non ricordare la figura tipica del contadino, così come è descritta nelle «miscellanee scolastiche» ramessidi, di cui l’òstrakon è contemporaneo. La schiena ingobbita richiama la durezza del lavoro dei campi, la magrezza delle braccia e del viso, il ventre rigonfio sono un rimando alla povertà e alle difficoltà di sostentamento. L'abilità dell'ignoto artista risiede proprio nel fatto di sfruttare una descrizione canonica e di superarne i limiti attraverso l'esagerazione dei particolari, senza peraltro renderla irriconoscibile.
Calvizie e barba incolta caratterizzano la figura dell'omuncolo alle prese con la bella ragazza nel papiro «satirico- erotico», conservato al Museo Egizio di Torino (n. 55001). In questo documento, la cui unica funzione era quella di divertire, gli elementi caricaturali non mancano di certo. L'impostazione di tutta la composizione è pressoché fumettistica: la superficie del papiro è divisa in più vignette, ognuna delle quali è accompagnata da didascalie in ieratico che riportano gli scambi di frasi tra i personaggi. La situazione è francamente pornografica, giocata sull'esagerazione e la stranezza delle imprese erotiche in cui è coinvolto l'omuncolo: la contrapposizione con l'aria distratta della sua concubina rafforza l'effetto comico.
Intento caricaturale si ritrova anche nelle c.d. rappresentazioni del «mondo alla rovescia», conservate su òstraka e papiri. In queste scene l'ippopotamo è nascosto tra il fogliame dell'albero mentre l'uccello vi si arrampica servendosi di una scala, il gatto conduce al pascolo il gregge di anatre, l'esercito di topi attacca con successo una città fortificata difesa da gatti. Attraverso il ribaltamento dei ruoli e l'umanizzazione degli animali sono gli stessi comportamenti umani a costituire il bersaglio della caricatura. Non è difficile trovare un parallelo tra il topo che scaglia le frecce dal carro e le innumerevoli rappresentazioni del sovrano intento a far strage dei nemici. Nelle rappresentazioni del «mondo alla rovescia», che hanno il loro corrispondente nell'area mesopotamica, è forse da rintracciare l'antecedente di tutta la favolistica «esópica».
L'ironia egiziana non ebbe riguardi neppure per gli esseri divini. Un racconto del Medio Regno, giuntoci in una versione più tarda, racconta con tono satirico la disputa intervenuta tra Horus e Seth per l'attribuzione dell'eredità di Osiride. Nel corso degli eventi sono scanzonatamente descritte le più grandi divinità egiziane. Il racconto, proprio come le figurazioni satiriche del «mondo alla rovescia», si legge come un'allegoria satirica sui vizi e i difetti di tutto il genere umano. L'umanizzazione caricata dei personaggi divini provoca il riso, proprio perché mette in risalto l'imperfezione in esseri che sono perfetti per antonomasia. Lo spirito che aleggia in questo racconto è lo stesso che si ritrova nelle commedie di Aristofane.
Bibl.: G. M. Olivier-Beauregard, La caricature égyptienne, Parigi 1894; W. Wreszinski, Atlas zur Altägyptischen Kulturgeschichte, Lipsia 1923-35, 11, tav. lxvli; E. Brunner-Traut, Die Altägyptischen Scherbenbilder (Bildostraka) der deutschen Museen und Sammlungen, Wiesbaden 1956, pp. 65-66, tav. xxiv; id., Die Krankheit der Fürstin von Punt, in WO, II, 1957, pp. 307-311; S. Curto, La satira nell'antico Egitto, Torino 1965; B. van de Walle, L'humour dans la littérature et dans l'art de l'ancienne Egypte, Leida 1969; E. Brunner-Traut, Egyptian Artist's Sketches. Figured Ostraka from the Gayer-Anderson Collection in the Fitzwilliam Museum, Cambridge, Leida 1979, pp. 40-41, tav. XII; id., Die Altägyptische Tiergeschichte und Fabel. Gestalt und Strahlkraft, Darmstadt 1980; id., in LA, III, 1980, cc. 337-339, s.v. Karikatur, E. Bresciani, Umorismo e satira nella letteratura e nell'arte dell'Egitto antico (Atti dell'Accademia Lucchese di Scienze, Lettere e Arti, n.s., XIV), Lucca 1980.