Vedi CARICIN GRAD dell'anno: 1959 - 1994
CARIČIN GRAD (v. vol. II, p. 348)
Ha trovato conferma l'ipotesi che i resti posti in luce dagli scavi iniziati nel 1936 appartengano effettivamente all'antica Iustiniana Prima, citata peraltro nel De aedificiis (IV, 19-27) da Procopio, che la colloca (in un passo che non rende giustizia all'importanza del sito) presso il villaggio di Taurision, luogo di nascita dell'imperatore Giustiniano, in una importante posizione a S di Naisso, al confine fra la Dacia mediterranea e la Dardania: siamo dunque in presenza di uno dei pochi casi di città fondate ex novo nel VI sec. d.C.
Gli scavi ripresi recentemente hanno portato alla luce nuovi edifici: nello stesso tempo sono stati riesaminati i monumenti già noti, per alcuni dei quali si è proceduto a nuovi e più attenti rilievi, mentre è stata precisata la cronologia dei principali nuclei urbani e degli edifici di culto.
La posizione strategica, anche se non era in senso stretto da porre in relazione con l'asse viario più importante (che correva poco più a N), era tuttavia notevole, tanto da condizionare la scelta di Iustiniana Prima quale metropoli ecclesiastica dell'Illirico settentrionale indipendente da Tessalonica, nel quadro della riorganizzazione voluta da Giustiniano nel 535 (cfr. Corpus Iuris Civilis, Novella XI, 15 aprile 535). Il testo della Novella XI prevedeva inoltre di spostare qui da Tessalonica la sede della Prefettura dell'Illirico, fatto che però non si verificò.
L'autoritario intervento di Giustiniano a favore di questa fondazione artificiale ed effimera fu però contrastato, specialmente in ambito ecclesiastico, poiché la nuova metropoli veniva a soppiantare sedi ben più antiche. In questo clima teso si situa l'episodio di intolleranza che coinvolse il vescovo di Iustiniana Prima, Benenatus, deposto nel 549 nel corso di un concilio di vescovi della diocesi dacica: a queste contestazioni Giustiniano rispose facendo esiliare il vescovo di Serdica. Va poi rilevato che i tre nominativi relativi ad altrettanti vescovi di Iustiniana Prima noti attraverso le fonti, cioè Catellianus, ricordato nel 535, Benenatus, attestato nel 549 e Ioannes, del 591-602 c.a (cfr. Gregorii Papae Registrum Epistularum, libri I-II), sono latini, come del resto il monogramma di Giustiniano inciso su uno dei capitelli del tribèlon della basilica B.
La fondazione della città intorno al 530, in un'area per altro densamente fortificata da Giustiniano, risponde dunque a esigenze di tipo strategico-militare legate appunto alla difesa di un'area chiave per l'impero. Nel contempo, per l'inevitabile vocazione cristiana della città, nella configurazione della sua stessa pianta si coglie la predestinazione al ruolo di metropoli ecclesiastica già noto probabilmente ai suoi progettisti. Se i lavori iniziarono intorno al 530, nel 535 erano già a buon punto poiché la Novella XI stabilisce proprio i privilegi e il territorio della sua sede arcivescovile.
Sotto il profilo della topografia, la città venne articolata in tre distinte entità urbane, l'acropoli, la città alta e la città bassa. L'acropoli, vera cittadella fortificata, è chiusa da mura di forma irregolare; una via porticata separa l'area della grande basilica con battistero, probabilmente la chiesa episcopale, da un complesso di ambienti in parte identificati - l'ipotesi è però da verificarsi - con la residenza vescovile.
L'unica porta aperta nelle mura, verso E, collega l'acropoli con la città alta, il cui fulcro è costituito da una piazza circolare porticata in cui convergono le due strade principali, anch'esse porticate. La strada in direzione N-S conduce alla porta S della città alta, monumentale, fiancheggiata da due torri pentagonali. All'interno della città alta si incontrano alcuni edifici di culto, la basilica C a Ν della piazza circolare, e le basiliche Β e F a S: presso la basilica F sono ubicati gli ambienti afferenti alla c.d. villa urbana, mentre intorno alla piazza sono disposte botteghe e magazzini con abitazioni.
Il terzo nucleo, la città bassa, di forma trapezoidale, con torri negli angoli, è racchiuso da mura che costituiscono il prolungamento delle mura della città alta, nelle quali si aprono due porte a S e a E, inquadrate da torri quadrangolari. All'interno di questo spazio sono ubicate la grande basilica c.d. a transetto (basilica D), la c.d. basilica doppia (basilica G), terme, cisterne e altri edifici non ancora scavati, nonché un quartiere di abitazioni a SO.
Importanti monumenti si trovano anche all'esterno della cinta: presso la porta E è un complesso termale; 100 m c.a a S si trova la necropoli; a SE è la c.d. chiesa triconca (basilica E); a SO sono i resti dell'acquedotto; più lontano, sempre a SO, è la c.d. chiesa a una navata (basilica J). E all'esterno, inoltre, che viveva la maggior parte della popolazione, prevalentemente rurale.
La forma civitatis di Iustiniana Prima ricalca dunque quella di una città antica, nella quale però predominano gli edifici di culto cristiano: per contro, va rilevata l'assenza di edifici per i ludi. Il numero delle chiese e la loro distribuzione quasi ritmica, a seguire un disegno preordinato, ha fatto pensare a una sorta di liturgia stazionale, durante la quale, nella Settimana Santa, ogni chiesa svolgeva un ruolo preciso, sull'esempio di Gerusalemme . Per ciò che concerne la tecnica edilizia, è ampiamente attestata la c.d. opera listata, costituita dall'alternanza di blocchetti di pietra locale e ricorsi di laterizi; essa è impiegata sia per le mura sia per gli edifici, mentre volte, calotte e ghiere sono costruite in opus latericium. L'uso del laterizio per la pavimentazione è ben documentato, in ispecie all'interno degli edifici, mentre gli spazi aperti (p.es. gli atrî) sono pavimentati da lastre di scisto.
Le tipologie architettoniche sperimentate per gli edifici di culto sono assai varie, talvolta caratterizzate da soluzioni desuete. La forma basilicale a tre navate, p.es., qualifica la cattedrale sull'acropoli (basilica A), che è poi la chiesa più vasta e imponente della città, e le basiliche C, F e D. Una sola navata presenta la basilica J, all'esterno delle mura, mentre la basilica E, anch'essa extra moenia, è a pianta triconca preceduta da un atrio. Compaiono anche una chiesa a due absidi, la basilica G, e una a pianta cruciforme, con atrio e nartece (basilica B): per il battistero fu invece adottata la pianta a croce greca inscritta. Nella maggior parte dei casi gli edifici sono preceduti da un atrio porticato e da un nartece, talvolta con tribèlon (basiliche A, D e G); di norma, con l'eccezione della basilica A (che ha tre absidi), le chiese presentano un'unica abside, sia poligonale all'esterno (basilica A, C, D, E e J), sia semicircolare (basiliche B, F e G: in quest'ultima le absidi sono due, e inscritte). Circa i supporti, sono attestate colonne, in genere costruite con blocchi di pietra locale, e pilastri di muratura. Le coperture sono in genere a capriate lignee coperte da tegole: l'area centrale del battistero era invece sormontata probabilmente da una cupola di laterizi.
Nella maggior parte dei casi questi edifici presentano internamente una pavimentazione a mosaico: tracce di mosaico si sono conservate anche nelle terme e nel c.d. palazzo episcopale. Anche il mosaico parietale era largamente impiegato, e così l'affresco. L'uso dell’opus sectile per i pavimenti è raro, e compare di consueto per rivestire lo zoccolo degli edifici.
Nella distribuzione dei materiali impiegati nella pavimentazione degli edifici di C. G. si segue dunque un criterio di tipo gerarchico, che privilegia appunto l'impiego dell'opus sectile nelle absidi (basilica A e probabilmente anche la C) e del mosaico nelle navate. Va segnalato, in questo specifico settore, il tappeto musivo che copre il nartece, la navata e il presbiterio della c.d. basilica a transetto (basilica D), in cui convivono motivi geometrici floreali e figure di animali, nonché scene di caccia davanti al presbiterio, distribuite secondo un disegno preordinato, in relazione con l'architettura e con la liturgia: presso l'ambone, in una ubicazione non certamente casuale, si trova un pannello con la rappresentazione del Buon Pastore. Analogamente ben conservati sono i mosaici delle quattro conche del battistero, con motivi anch'essi geometrici, vegetali e animali peculiari del repertorio della regione, realizzati però con una notevole imperizia tecnica (si vedano, p.es., le tessere, rozzamente tagliate) che si rileva anche nei mosaici pavimentali degli altri edifici, di culto e non, di Caričin Grad.
Per quanto riguarda l'arredo liturgico, l'altare è documentato almeno in tre casi (basiliche A, D e G), e così il synthronos semicircolare nell'abside (basiliche D, F e G) e i sedili rettangolari (basiliche A, F e G): si contano due amboni, di muratura, nelle basiliche D e J, ubicati nella navata centrale e spostati verso S rispetto all'asse, fatto peculiare di quest'area. All'interno della città si registrano isolati casi di tombe negli edifici di culto, probabilmente di tipo privilegiato, nelle basiliche Β e F: fra queste va segnalato il sarcofago di pietra rinvenuto nell'angolo SO della basilica F, decorato sul coperchio da una grande croce latina.
La scultura architettonica, come l'architettura, è qualificata da una grande varietà tipologica, specialmente per quanto riguarda i capitelli. Questi ultimi presentano alcune varianti che costituiscono il tentativo di esprimersi in un nuovo linguaggio, utilizzando forme della tradizione regionale: ciò interessa sia il capitello ionico da imposta, che è poi il più diffuso a C. G. (si veda il capitello ionico dal tribèlon della basilica D con rosone aggettante sulla facciata principale), sia quello corinzio e bizonale. Va pure ricordato che il materiale usato è prevalentemente la pietra locale: l'uso del marmo sembrerebbe riservato a certi elementi dell'arredo liturgico, p.es. colonnette e piccoli capitelli di ciborio e/o di recinzione presbiteriale. In linea generale questa scultura, pur con innesti costantinopolitani che si colgono, in certi casi, nell'imitazione dei modelli della capitale, si pone nel solco della tradizione locale, all'interno della quale costituisce un gruppo omogeneo e originale.
Gli scavi hanno inoltre portato alla luce un'interessante messe di materiale, fra cui si segnalano alcuni sigilli rinvenuti nell'area della cattedrale, un polykàndelon completo, un coperchio di avorio pertinente probabilmente a un reliquiario decorato con la scena dell'Emorroissa, fibule e monete.
Un ulteriore capitolo di un certo interesse concerne il rapporto architettura-liturgia, e in ispecie la funzione di alcuni ambienti annessi agli edifici di culto. La rilevanza dell'atrio nell'ambito delle cerimonie liturgiche (la cui presenza fa supporre un inizio di queste all'esterno), è nota, e quasi tutte le basiliche di C. G. ne sono provviste: quando l'atrio non compare, talvolta le sue funzioni vengono assorbite dall'esonartece, elemento assai diffuso in quest'area (cfr. la basilica F). Per contro, l'accesso al nartece, che di consueto nelle regioni dell'Illirico non è centrale, in alcune chiese di C. G. è posto esattamente in asse con la navata principale, elemento che rinvia piuttosto a modelli costantinopolitani. All'interno dell'edificio di culto la presenza del synthronos di solito basso, semplice o composito, sembra anch'esso un elemento peculiare dell'Illirico. Più ardua è l'individuazione delle funzioni degli ambienti presso il nartece, p.es. nelle basiliche D ed F di C. G., ritenuti una sorta di diakonikòn ante litteram (Popović, 1979) che sigillano, secondo alcuni studiosi, la nascita del diakonikòn vero e proprio - legato poi al rito della Grande Entrata - che sarebbe da porsi proprio in ambito illirico (Pallas, 1979-80 e 1980). In questo specifico campo la grande basilica episcopale di C. G. (basilica A) appare come uno degli esempi più antichi legato probabilmente a modelli costantinopolitani; provvista di pa- stophòria ai lati dell'abside, sembra inoltre introdurre lo schema del santuario tripartito. Rari sono gli altari superstiti: nella cattedrale è stato rinvenuto un deposito in muratura per reliquie, appartenente a una fase più tarda, che conteneva forse il reliquario di avorio di cui si conserva solo il coperchio.
Riguardo poi alla cronologia, sono state individuate grosso modo tre fasi principali, concentrate in un esiguo spazio temporale, fra il 530 e il 614 c.a, data quest'ultima fissata dal ritrovamento di una moneta.
Alla prima e più significativa fase (530-40 c.a), in sincronia con la nascita della città, appartengono l'acropoli con i suoi edifici, la città alta, la basilica c.d. a transetto, in origine extra moenia poi racchiusa entro le mura della città bassa, le terme e la chiesa triconca esterne, e probabilmente l'acquedotto.
Alla seconda fase, dalla metà circa del secolo alla fine del regno di Giustiniano, sono legate le mura della città bassa, le terme interne, la prima fase della «basilica doppia» e forse la cisterna, mentre alla terza fase, che coincide più o meno con il periodo che va da Giustino II (565- 78) ai primi anni del regno di Eraclio (615 c.a, quando la città fu distrutta dagli Avari), vanno riferiti lavori minori, in genere riadattamenti e restauri degli edifici già esistenti, che talvolta mutano la loro funzione. In questa fase di decadenza della città si registra la presenza, non ancora sufficientemente provata, di nuclei slavi. Si assiste dunque a un processo di progressiva ruralizzazione del sito, iniziato poco dopo la morte del suo fondatore, Giustiniano (565).
La città, negli intendimenti di Giustiniano, non era solo concepita in funzione del riassetto militare di un'area così significativa: fu anche la metropoli ecclesiastica dell'Illirico settentrionale, destinata a divenire anche la sede della prefettura dell'Illirico, un progetto questo mai portato a termine. Nel disegno della città, cristiana per eccellenza, ma ben fortificata, si colgono dunque gli aspetti principali legati alla sua fondazione, una fondazione effimera di cui la morte di Giustiniano segna già la decadenza, anche perché qui non era radicata la venerazione di un santo - come p.es. S. Demetrio a Tessalonica - che avrebbe forse rallentato il declino della città. L'analisi dei suoi resti e di ogni aspetto (dall'architettura alla scultura al mosaico e alla liturgia stessa) rivela una certa tensione, generata proprio dal suo porsi, mai pienamente risolto, fra polarità locali e committenza aulica.
Sotto il regno di Giustiniano la città divenne una fucina in cui si sperimentarono e si fusero, in sintonia con la sua «latitudine», esperienze culturali diverse; si avverte con evidenza l'esigenza di creare qualcosa di nuovo, di diverso, ma questa tendenza subisce il condizionamento dei materiali e delle maestranze indigene, che tradussero l'ambizioso progetto definito a Costantinopoli con mezzi in parte inadeguati e oltretutto con un tempo relativamente limitato a disposizione.
Il destino di Iustiniana Prima era già segnato al momento stesso della sua fondazione.
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