CARIGNANI, Giuseppe, duca di Carignano e di Novoli
Nato a Lecce il 13 febbr. 1759 dal duca Giovanni e Ippolita Malvezzi, durante la rivoluzione del 1799 dovette schierarsi probabilmente dalla parte della Repubblica, visto che nel 1803 ringraziava in una lettera l'Acton dei buoni uffici interposti per fargli ottenere "la riammissione all'onore di baciar la mano ai sovrani". Non risulta comunque che abbia ricoperto incarichi di qualche rilievo durante il lungo regno di Ferdinando IV.
Si schierò dalla parte dei Francesi durante la seconda occupazione del Regno di Napoli, e fu nominato consigliere diStato il 4 luglio 1806 e presidente del Corpo della città di Napoli il 13 agosto. Il 14 nov. 1806 fu inviato, col duca di Monteleone, il principe di Strongoli e il duca Serra di Cassano, a "complimentare l'Imperatore dei Francesi per le sue vittorie"; nel gennaio 1805 presentava, quale presidente del Senato di Napoli, "tributo di rispetto e di sincera riconoscenza" al re Giuseppe Bonaparte e "al grande Napoleone". Intanto aveva partecipato attivamente alla vendita dei beni dello Stato, in seguito ai provvedimenti tendenti alla eversione della feudalità, ed era stato nel 1807 uno dei maggiori acquirenti in Terra di Lavoro, avendo comprato beni per una rendita complessiva di 1.584 ducati. Nel 1810 fu nominato membro di una commissione "per esaminare e discutere le qualità dei magistrati tutti e vedere quali debbono restare perpetui, quali essere dimessi". Il Roederer lo giudicò il napoletano più preparato per il ministero delle Finanze; ma tali qualità non riuscì a dimostrare nel decennio francese, perché al Roederer successe l'Agar quale ministro delle Finanze, e il C. fu soltanto, per qualche anno, presidente della sezione Finanze del Consiglio di Stato.
Nel marzo del 1812 fu destinato dal Murat a Parigi come ministro plenipotenziario e inviato straordinario, con l'incarico particolare di scoprire "ce qu'il avait de vrai dans l'intention prêtée à l'Empereur de réunir le royaume de Naples au Grand Empire". Dal 20 marzo al 22 apr. 1815 il C. sostituì il ministro degli Esteri, duca di Gallo, che aveva seguito ad Ancona il re, impegnato nella direzione di nuove operazioni militari.
Nella fitta corrispondenza intrattenuta con il Gallo il C. si lamenta, fin dagli inizi, degli intrighi dell'inviato austriaco a Napoli, conte di Mier, che era stato tra i principali fautori dell'alleanza austro-napoletana del gennaio 1814. Il diplomatico austriaco, sospettando il prossimo mutamento di fronte del Murat, agiva - riferisce il C. - "ostilmente, sia lagnandosi in pubblico di noi, sia divulgando la Dichiarazione segnata a Vienna dai plenipotenziari del Congresso, sia riguardando come un atto ostile, qualunque mossa delle nostre truppe fuori del nostro territorio". Toccò quindi al C. ricevere il 3 aprile, alla rottura dei rapporti con l'Austria, l'inviato austriaco e, in un tempestoso colloquio, "ribattere ad una ad una le proposizioni del Mier e - prosegue - non faticai molto a dimostrare che la condotta del Re non era attaccabile, che la sua diffidenza era ben fondata, se l'Austria che aveva spontaneamente coltivata la buona armonia con la Corte di Napoli, si era unita alla Francia per bilanciare il peso contro le Potenze del Nord, sacrificando l'esistenza del Re alla causa dei Borboni". Il C. si mostrava quindi sicuro della capacità del Regno murattiano di difendersi dai tentativi di riconquista borbonica, come scriveva il 16 aprile al duca di Gallo. Ben più scettico era invece il giudizio sulle possibili conseguenze del proclama agli Italiani emanato dal Murat a Rimini il 30 marzo: "Ho letto il proclama ai Napoletani - scriveva al Gallo il 5 aprile - e lo trovo molto bello, quello agli Italiani molto ardito. Il progetto è grande, dettato da nobili sentimenti, sommamente utile, ma sarà realizzabile? Troveremo grandi opposizioni - Non parlo dell'Austria, ma dello stesso imperatore Napoleone… Il Re fa molto per le Nazioni e poco per i Governi, ma questi sogliono avere il voto preponderante. Vorrei ingannarmi, ma la riunione dell'Italia costerà molto sangue…" (ed. in Zazo).
Messo da parte durante i primi anni della seconda restaurazione borbonica, il C. svolse invece un ruolo non secondario nell'attività governativa del periodo costituzionale, seguito alla rivoluzione del 1820. Fu nominato infatti consigliere di Stato, il 20 nov. 1820, dal Parlamento nazionale del Regno delle Due Sicilie. Ricoprì quindi l'incarico di ministro delle Finanze nel governo costituzionale, dal 10 dic. 1820 al 23 marzo 1821.
Nella seduta parlamentare del 29 genn. 1821 venne in discussione il rapporto steso dal C. sul progetto di prestito presentato dalla compagnia de Welz e Viollier, cui si era associata la casa Appelt e compagni. Com'era precisato nella relazione del ministro, "tanto i signori de Welz e Viollier che la Casa Appelt si obbligano di avanzare la somma di dieci milioni circa di ducati, ipotecata sul Tavoliere di Puglia ed altri beni dello Stato da specificarsi… La restituzione poi dovrà effettuarsi nello spazio di venti anni". L'approvazione del prestito non risultò sufficiente per le crescenti esigenze dello Stato, aggravate - ricordava il C. - dalla "necessità di sostenere una guerra difensiva del suolo della Patria, e dei suoi più cari interessi". Pertanto il 16 febbr. 1821 presentava al Parlamento il progetto di un prestito forzoso di tre milioni di ducati, "nel quale sono obbligati a prender parte proporzionatamente tutti gl'impiegati civili, tutti i pensionisti e sussidiari dello Stato, da ducati cinquanta in sopra, il commercio del Regno ed infine tutti i proprietari delle provincie". Il prestito forzoso suscitò diffuso malcontento e forti resistenze: protestò il presidente della Deputazione provinciale di Napoli a nome dei proprietari della capitale, e la Camera di commercio presentò un'istanza per ottenere la riduzione della quota spettante ai commercianti napoletani, istanza sostenuta dallo stesso ministro delle Finanze che, in un rapporto del 22 febbraio, mostrò di condividerne le motivazioni.
Entrate le truppe austriache a Napoli il 23 marzo 1821, il C. ritornò nell'ombra, nonostante che la sua fama di esperto in cose finanziarie lo facesse proporre, il 19 sett. 1821, dall'ambasciatore austriaco Ficquelmont al Metternich per l'incarico di ministro delle Finanze nel nuovo governo della restaurazione borbonica. Anche Francesco di Borbone duca di Calabria e reggente nel periodo costituzionale sosteneva il C., affermando che nel 1821 "aveva mostrato molto attaccamento al Re"; ma Ferdinando I vietò l'accesso al palazzo reale al C. perché "costituzionale". Soltanto nel 1824 il C. fu chiamato all'incarico di vicepresidente della Consulta di Stato.
In tale occasione il Ficquelmont scriveva al Metternich: "M. le duc de Carignano, viceprésident, jouit d'une réputation irréprochable; il est indépendant sous le rapport de la fortune, il possède des connaissances solides en administration et en matière de finances. Il occupa le ministère des finances quelque tems pendant l'époque de la révolution; il n'y consentit que sur les ordres réitérés du Roi; sa nomination prouve que cette circonstance n'a point fait tort à l'opinion que le Roi a de ses bons principes monarchiques" (Moscati, pp. 240 s.).
Pur non coprendo più ruoli decisivi nella direzione politica del Regno, il C. vide consolidata la sua posizione a corte dall'avvento al trono dell'antico reggente, Francesco, suo estimatore. Ottenne così il gran cordone dell'Ordine di S. Gennaro e la gran croce dell'Ordine di Francesco I. Morì a Napoli il 24nov. 1829.
Fonti e Bibl.: Atti del Parlam. delle Due Sicilie, 1820-1821, a cura di A. Alberti, Bologna 1926-31, III, pp. 277 ss., 429 s., 491, 637; Il Regno delle Due Sicilie e l'Austria. Documenti dal marzo 1821al novembre 1830, a cura di R. Moscati, Napoli 1937, II, pp. 115, 240 s.; P. Colletta, Storia del Reame di Napoli, a cura di N. Cortese, Napoli 1951, III, pp. 355 s.; A. Zazo, Il carteggio C.-Gallo del marzo-aprile 1815, in Samnium, XXXI (1958), pp. 213-24; B. Candida Gonzaga, Mem. delle famiglie nobili delle province merid. d'Italia, Napoli 1875, I, pp. 190 s.; C. De Nicola, Diario napoletano 1798-1825, Napoli 1906, II, pp. 252, 303, 389, 840; P.Villani, La vendita dei beni dello Stato nel Regno di Napoli (1806-1815), Milano 1964, p. 100; A. Lepre, La rivoluzione napol. del 1820-1821, Roma 1967, pp. 299-305; G. Cingari, Mezzogiorno e Risorgimento. La Restauraz. a Napoli dal 1821 al 1830, Bari 1970, pp. 72-82.