Froelich, Carl (propr. Carl August Hugo)
Regista tedesco, nato a Berlino il 5 settembre 1875 e morto ivi il 12 febbraio 1953. Fra i principali pionieri del cinema tedesco, fu legato soprattutto all'organizzazione industriale del cinema, nell'ambito della quale ricoprì anche importanti cariche rappresentative.
Figlio di un postino, dopo aver studiato elettrotecnica entrò subito in contatto con il cinema, da poco inventato. Così lavorò per Oskar Messter prima come te-cnico e poi, durante la Prima guerra mondiale, come operatore al fronte per il cinegiornale Messter-Woche. Nel frattempo, nel 1906 aveva iniziato, in modo ancora sporadico, l'attività di regista: tra le sue prime opere si ricorda Richard Wagner (1913, coregia di William Wauer), monumentale biografia del musicista in occasione del suo centesimo anniversario, non priva di enfasi nazionalista, una costante questa di tutta la successiva opera di Froelich. Solo dopo la guerra, però, la sua carriera ebbe veramente inizio: lontano dallo sperimentalismo e dalle tendenze artistiche del cinema di Weimar, F. diventò autore di successo di melodrammi e commedie dallo stile piano ma accurato, sia nella messa in scena sia nella direzione degli attori. Produttore di sé stesso dal 1920 con il Froelich-Film e regista di dive come Asta Nielsen (Irrende Seelen, 1920, da L'idiota di F.M. Dostoevskij) e soprattutto Henny Porten, con la quale dal 1924 al 1929 avrebbe diviso una società di produzione, F. fu artigiano non banale, a volta sorprendente, che si divideva tra generi popolari e opere tratte dalla letteratura e pensate per un pubblico più colto. Tra queste ultime si può ricordare un film restaurato alla metà degli anni Novanta, Luise Millerin (1922), sceneggiato da Georg Wilhelm Pabst da Kabale und Liebe di J.Ch.F. Schiller, che, servito da un ottimo cast (Lil Dagover, Werner Krauss, Fritz Körtner), non sfigura nei confronti dei coevi melodrammi storici di Ernst Lubitsch e Dimitri Buchowetzki. Altrettanto interessante è Zuflucht (1928), legato alle atmosfere rassegnate della Neue Sachlichkeit, dove si tratta invece del mancato reinserimento in patria di un giovane dato per morto in Russia: "girato in ambienti naturali […] il film ha un potere di convinzione raro, nonostante il suo finale convenzionale" (B. Eisenschitz, Breve storia del cinema tedesco, 2001, p. 5). Con l'avvento del parlato, il Froelich-Film si attrezzò di un proprio studio sonoro a Berlino e la carriera di F. subì un'ulteriore svolta. Oltre al film di successo commerciale Die Nacht gehört uns (1929) ‒ con cui la star Hans Albers fece conoscere il sonoro in Germania ‒ il suo nome è legato alla supervisione artistica di uno dei principali classici del crepuscolo della Repubblica di Weimar, Mädchen in Uniform (Ragazze in uniforme) diretto da Leontine Sagan nel 1931. Ambientato in un internato femminile e tratto da una pièce di Ch. Winsloe, il film, molto audace per l'epoca, rappresenta un'efficace resa di conti contro l'autoritarismo e la sottomissione all'autorità, esaltata dall'eccellente interpretazione dell'ensemble di attrici che, nel rendere le sfumature dell'animo femminile e le problematiche della (omo)sessualità giovanile, enfatizza e risolve l'impostazione teatrale del testo. All'avvento del nazismo ‒ che il regista, già di tendenze conservatrici, abbracciò immediatamente ‒ F. divenne una delle figure più rappresentative del nuovo regime, per il quale ricoprì importanti incarichi pubblici, sino a diventare nel 1939 presidente della Reichsfilmkammer, la camera corporativa dei cineasti, cui era necessario essere ammessi per poter lavorare nel cinema del Terzo Reich. Contemporaneamente proseguì con successo la sua carriera di cineasta di genere, alternando film sulla gioventù non privi di messaggio politico come Reifende Jugend (1933; Giovinezza), film storici inneggianti al passato prussiano (Der Choral von Leuthen, 1933), trascrizioni di opere letterarie come Traumulus (1936; I vinti, dallo scrittore naturalista A. Holz). Ma i successi maggiori F. li colse con alcuni film interpretati da Zarah Leander, per es., il melodrammatico Heimat (1938; Casa paterna, premiato alla Mostra del cinema di Venezia) oppure il più modesto Es war eine rauschende Ballnacht (1939; Un'inebriante notte di ballo), un'improbabile biografia di P.I. Čajkovskij dove le canzoni della Leander gareggiano con i nume-ri di danza di Marika Rökk. Meglio allora, se non altro per l'esibizione di belle scenografie guglielmine, Familie Buchholz (1943), dove F. ritornò a dirigere la veterana Henny Porten in una grande prova di attrice nella parte di una donna materna e autoritaria. 'Denazificato' nel 1948, nel dopoguerra concluse la sua lunga e nutrita carriera con due lavori minori: Drei Mädchen spinnen (1950) e Stips (1951).