LONZI, Carla
Nacque a Firenze il 6 marzo 1931 da Agostino, artigiano, e Giulia Matteini, diplomata maestra, entrambi orfani. Era la prima figlia, accolta come «la creatura più attesa» (Lonzi, 1978, p. 18). Alla nascita di Lidia, seguita in pochi anni da Marta, Vittorio e Alfredo, Carla soffrì immensamente della perdita del privilegio di prima e unica figlia. Reagì con una precoce ricerca di autonomia, scegliendo, a soli nove anni, il distacco dalla famiglia, andando a studiare al collegio di Badia di Rivoli, dove rimase fino al 1943. Fu un’esperienza formativa che rimase un riferimento significativo per tutta la vita. Nelle vite di sante, in particolare quelle di Thérèse Martin e Teresa d’Avila, avrebbe trovato rispecchiata quella esperienza. Nell’autunno del 1943 per decisione del padre lasciò il collegio, ma il ritorno a casa fu drammatico dal momento che non si accordava con l’autonomia a cui si era abituata.
Conclusi gli studi al liceo Michelangelo, nel 1950 si iscrisse alla facoltà di lettere. Nell’autunno 1952, a causa del riacuirsi del conflitto con la sorella Lidia, si trasferì a Parigi, ma un’infiammazione polmonare la costrinse ad anticipare il ritorno a Firenze. Alle lezioni di Roberto Longhi conobbe Marisa Volpi, con la quale stabilì un rapporto intellettuale e umano, segnato dal fervore di fare e pensare insieme. Nel 1955 pubblicarono su Paragone un articolo su Ben Shan (n. 69, pp. 38-61). È il primo scritto di Carla Lonzi sull’arte. Nel 1956 discusse la tesi I rapporti tra la scena e le arti figurative dalla fine dell’Ottocento. Un lavoro, molto apprezzato da Longhi, edito postumo da Olschki (Firenze 1996), avendo Lonzi rifiutato l’offerta di pubblicarlo e dare così inizio alla professione accademica. Preferì tornare a Roma, dove aveva soggiornato per la ricerca sulla tesi. Qui incontrò Mario Lena, chimico industriale, impegnato nel sindacato e nel Partito comunista (PCI). Dopo una breve convivenza nella capitale, si trasferirono in Toscana, e il 28 novembre 1958 si sposarono a Carrara. Carla era in attesa del figlio Battista che nacque a Viareggio l’8 giugno 1959.
Furono anni di grande isolamento, segnati da inquietudini e preoccupazioni economiche e professionali. Trovò sostegno nella scrittura, come le era già accaduto da bambina. Dal 1958 al 1963 dedicò la maggior parte del suo tempo a scrivere poesie. Per Lonzi la scrittura fu sempre scavo nel vissuto e nell’animo, volto a cogliere 'l’autenticità' dell’io. «[…] all’interno di me una sconosciuta agonizzava. Tendevo l’orecchio per cercare di cogliere nella sua agonia la chiave di una verità di cui mi accorgevo all’improvviso di essere priva. Mi fidavo solo di lei» (Lonzi, 1978, p. 1109).
Nell’autunno del 1959 si trasferì a Milano, che divenne la sua città elettiva. Ma è a Torino, presso la galleria Notizie che allestì la prima mostra: La Gibigianna di Pinot Gallizio, nel giugno 1960. Da allora la professione di critica iniziò a rafforzarsi, mentre il matrimonio con Lena si deteriorava. A determinarne la conclusione fu l’incontro con Pietro Consagra nella primavera 1961. Il loro rapporto, destinato a durare, nonostante crisi e conflitti, fino alla morte di Lonzi, si consolidò nel 1964.
Tra il 1962 e il 1967 Lonzi curò mostre dei più importanti artisti italiani e stranieri, principalmente alla galleria Notizie, ma anche a Milano, Firenze, Venezia. Tra le più significative la presentazione di Carla Accardi, alla XXXII Biennale di Venezia; le mostre di Jannis Kounellis e di Consagra, rispettivamente nel maggio e nel giugno 1967, alla galleria Ariete di Milano. Lonzi era una firma abituale di L’Approdo letterario, periodico della RAI, e di Marcatré, sulla quale pubblicava i Discorsi, dialoghi con artisti. Sempre in questi anni scrisse la monografia di Henri Rousseau (n. 148), e di George Seurat (n. 178), nella collana “Maestri del colore”, dei fratelli Fabbri editori.
Nel dicembre 1967 andò a vivere per sei mesi a Minneapolis con Consagra. Il soggiorno negli Stati Uniti fu dedicato al montaggio dei colloqui con 13 dei maggiori artisti attivi in Italia: Carla Accardi, Getulio Alviani, Enrico Castellani, Consagra, Luciano Fabro, Lucio Fontana, Jannis Kounellis, Mario Nigro, Giulio Paolini, Pino Pascali, Mimmo Rotella, Salvatore Scarpitta, Giulio Turcato, Cy Twombly. Prima di rientrare in Italia Lonzi fu operata a Boston per un tumore alla tiroide.
Autoritratto fu pubblicato da Di Donato nell’autunno 1969. È il testo più importante di Lonzi critica, uno dei più belli ed originali sull’arte degli anni Sessanta. L’uso del registratore, all’epoca una assoluta novità, le consentì di restituire la voce autentica dell’artista, senza il filtro linguistico del critico. L’attenzione alla soggettività femminile connota con forza il dialogo tra Lonzi e Accardi nel libro.
Dell’arte le interessava non l’opera, il prodotto, ma il manifestarsi dell’autenticità dell’artista. È questo il filo comune al suo lavoro di critica, alla scrittura poetica, al femminismo. Con la presa di coscienza femminista, Lonzi maturò la convinzione che tra autenticità e creatività vi fosse una distinzione. L’affermazione della creatività di alcuni, tramite un sistema culturale, produce, secondo Lonzi, proiezione e passivizzazione in chi ne fruisce come spettatore, spettatrice. Per questo mettere in discussione il ruolo del critico è il passaggio necessario per sottrarre l’arte al 'mito culturale' nel quale è imbrigliata, e per permettere alla creatività di ognuno/a di entrare in rapporto con il nucleo di autenticità che vi è nell’esperienza artistica.
Anche se l’ultimo articolo, La critica è potere, è del dicembre 1970 (in NAC. Notiziario d’arte contemporanea, n. 3, pp. 5-6), con Autoritratto Lonzi di fatto concluse la sua attività di critica, con un giudizio radicale: «L’atto critico completo e verificabile è quello che fa parte della creazione artistica» (Lonzi, 1969, p. 3); per questo è necessario negare il ruolo del critico, in quanto potere ed ideologia sull’arte e sugli artisti.
Nello stesso periodo Lonzi diede forma ad una nuova, intensa, esperienza.
Nella primavera del 1970 si incontrò a Roma, per più giorni, con Accardi ed Elvira Banotti, per condividere l’emozione suscitata dall’insorgere del femminismo nel mondo. Ne scaturì il Manifesto di Rivolta femminile, pubblicato a luglio, che sanciva la nascita dei primi gruppi femministi italiani. Lo scrisse Lonzi, e nello stesso anno scrisse Sputiamo su Hegel, un invito a prendere congedo dalla cultura patriarcale, rivolto innanzitutto alle donne, femministe e militanti politiche, che davano più credito alle teorie e alle forme di lotta degli uomini che non all’esperienza e alla storia del proprio sesso.
Per Lonzi il congedo fu una scelta di vita radicale. Interruppe la professione e rifiutò ogni altra forma di attività e di vita pubblica, per dedicarsi interamente ai gruppi di Rivolta femminile, nati in molte città, alla scrittura e alla cura della collana “Scritti di Rivolta femminile”. Il segno di questa scelta fu il rifiuto dell’emancipazione, tratto comune alla generazione femminista degli anni Settanta che in essa vedeva una promessa mancata, perché non liberava dall’identità di genere tradizionale e non dava risposte alla ricerca di un differente modo di essere donna, non uomo.Ciò che distinse Rivolta femminile da altri gruppi che si formarono in quegli anni fu l’estraneità ai movimenti politici della sinistra. Nessuna di loro apparteneva alla generazione del Sessantotto, che costituiva l’area principale del femminismo e sui rapporti tra movimenti giovanili e femminismo Lonzi si espresse esplicitamente dieci anni dopo, in una lettera a L’Espresso del 5 febbraio 1978: «Si continua a dare per scontato che esista un rapporto diretto tra ’68 e femminismo, questo sulla linea di far apparire sempre il femminismo come il reparto-donne di ideologie, rivoluzioni e rivolte degli uomini. […] Ma il femminismo non è un movimento giovanile, in particolare Rivolta femminile […] che è nata come gruppo nel luglio del ’70, all’inizio ha espresso donne dai trenta ai trentacinque anni in avanti che con il ’68 non avevano niente a che vedere. D’altra parte per entrare in uno spirito femminista le giovani hanno dovuto scardinare non poco le parole d’ordine, i modi e i miti sessantotteschi. È stato malgrado il ’68 e non grazie al ’68 che hanno potuto farlo» (Lonzi, 1985, p. 50).
Rivolta femminile fu il primo gruppo a praticare il separatismo. «Comunichiamo solo con donne», con questo annuncio si chiude il Manifesto. L’invenzione della pratica dell’autocoscienza, centrata sui rapporti tra donne, sulla presa di parola a partire dal vissuto, sulla costruzione di autonomia, nel privato e nel pubblico è il contributo essenziale di Lonzi e Rivolta femminile al femminismo contemporaneo. Diversamente da altri gruppi, Rivolta non abbandonò questa pratica in rapporto alle circostanze. Piuttosto l’affinò ed approfondì, ad esempio attraverso la scrittura e la circolazione di testi. Fu anche il primo gruppo a cimentarsi con la necessità di fare impresa, per garantirsi autonomia economica, creando una casa editrice.
Nella prima metà degli anni Settanta l’espansione del femminismo si intrecciò con importanti mutamenti: la vittoria del No al referendum sul divorzio, i processi e le manifestazioni sull’aborto, la riforma del diritto di famiglia. Contemporaneamente, la sua espansione produsse un mutamento significativo nel femminismo, rappresentato dal passaggio dalla prolificazione dei gruppi e delle pratiche originali al recupero di modalità più tradizionali della politica: la manifestazione, la rivendicazione della legge, il rapporto con le istituzioni, sia pure conflittuale. Rivolta femminile non si riconobbe nel movimento femminista di massa, anzi prese esplicitamente distanza, nei contenuti come nelle forme politiche.
Nel luglio 1971 Lonzi scrisse un secondo testo, firmato dal gruppo, Sessualità femminile e aborto (in Lonzi, 1974, pp. 67-75). Dopo un esplicito rifiuto di richiedere agli uomini di potere, ai legislatori, la decadenza del reato, sanzionata di fatto dagli aborti clandestini, nel testo Lonzi metteva in questione il nesso procreazione-sessualità, costruito dalla cultura patriarcale. «Libera maternità e libera sessualità devono trovare i loro significati all’interno della nostra presa di coscienza». In assenza di questo lavoro politico, anche la 'libera scelta' di abortire non ha un contenuto liberatorio. (Lonzi, 1974, p. 69).
In La donna clitoridea e la donna vaginale (in Lonzi, 1974, pp. 77-140), a cui stava lavorando quell’estate, Lonzi elaborò, a partire dal suo vissuto, una lettura originale della sessualità femminile, quella del piacere clitorideo. Nella Premessa esplicita le domande di fondo. «Perché la donna non ha la risoluzione nell’orgasmo assicurata come l’uomo? Qual è il suo funzionamento fisico-sessuale? E quello pschico-sessuale? Qual è infine il suo sesso? Esistono donne clitoridee e donne vaginali. Chi sono? Chi siamo?» (Ivi, p. 9).
Come il Manifesto, questo scritto suscitò discussioni e polemiche, anche nei gruppi di Rivolta femminile. E aprì al confronto sulle differenze tra donne nel femminismo. In Rivolta femminile portò, in particolare, ad un approfondimento sull’autocoscienza (Significato dell’autocoscienza nei gruppi femministi (1972) in Lonzi, 1974, pp. 141-147): l’esigenza di mettere in questione il sistema patriarcale aveva fatto emergere 'il senso di sé', il desiderio e la possibilità di essere soggetto, senza identificarsi nella 'Donna', ma senza dover negare la differenza dall’uomo.
In questo passaggio cruciale cambiarono anche i rapporti di Carla Lonzi dentro Rivolta femminile. Dal gennaio al giugno 1973 lasciò il gruppo, nel quale si sentiva troppo investita di un ruolo. Con l’acquisto di Turicchi, un podere nel Chianti, Carla trovò un luogo che sentì «casa propria», dove trovare anche la «dimora per sempre» (Lonzi, 1978, p. 439).
Nel maggio del 1974 uscì, nella collana “libretti verdi”, la ristampa dei suoi scritti, inclusi i testi firmati da Rivolta femminile (Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti). L’anno dopo il libro fu tradotto in Argentina (Escupamos sobre Hegel) e in Germania (Die lust Frau zu sein). Nel giugno 1976 Michèle Causse dell’Editions des femmes chiese un’intervista a Carla Lonzi sull’esperienza di Rivolta femminile, mostrando come essa fosse considerata un punto di riferimento, non solo in Italia, soprattutto in ragione degli scritti di Lonzi. Nel 1981 uscì l’edizione spagnola di Escupamos sobre Hegel presso Anagrama (Barcellona 1981). Questo riconoscimento all’estero contrasta con quanto avveniva in Italia. Il femminismo faceva notizia, ma l’interesse si fermava agli slogan e l'immagine che ne veniva restituita era quella dei cortei in gonne a fiori e zoccoli. Nei casi migliori era rappresentato come ideologia, volta all’affermazione di un sesso contro l’altro, riconducendolo nello schema della lotta politica centrata sul potere. Come denunciò Lonzi, questo «conferma, e non mette in crisi ciò che noi vogliamo sovvertire» (in Chianese et al., 1977, p. 104).
Rivolta femminile prestò grande attenzione al discorso pubblico sul femminismo e in più occasioni provò ad interloquire, senza riuscirvi. Nel gennaio 1975 Pier Paolo Pasolini su Il corriere della sera criticò il movimento per non aver affrontato il nodo della sessualità e la correlazione coito-aborto. Lonzi inviò al giornale lo scritto Sessualità femminile e aborto, con una lettera a Pasolini. Il giornale non pubblicò e Pasolini non rispose.
L’esigenza di far conoscere il pensiero e l’esperienza femminista portò ad intensificare l’attività della casa editrice. Tra il 1977 e 1979 pubblicò oltre a testi individuali, due volumi di scritti collettivi, È già politica e La presenza dell’uomo nel femminismo; nel 1980 inaugurò la nuova collana “Prototipi” con Vai pure, dialogo tra Lonzi e Consagra sul loro rapporto. Lonzi ne fu non solo autrice, ma anche curatrice editoriale.
Taci anzi parla. Diario di una femminista (Milano 1978) raccoglie in 1300 pagine le annotazioni di fatti, letture, pensieri, emozioni, dal 1972 al 1977, l’arco temporale in cui si svilupparono l’autocoscienza e l’esperienza di Rivolta femminile. La decisione di pubblicarlo fu difficile, per la consapevolezza che «pubblicare un diario è svelare se stessi al di fuori delle convenzioni e trascinare altri in questa operazione. […] Da qualche parte bisogna pur cominciare a demolire le false identità che stanno appiccicate alle donne come un sudario» (inLonzi, 1985, p. 51). Per Lonzi scrivere è arricchire l’esistenza di possibilità, e la scrittura di un diario le fu particolarmente congeniale: «è un libro che ho scritto senza pause come ho vissuto senza pause e che si è concluso solo quando il periplo attorno alla mia identità mi è parso esaurito» (Ivi, p. 53).
Quando uscì il diario il rapporto con Consagra attraversava una crisi profonda, che si acuì quando Consagra le propose di accettare la presenza di un’altra donna nella sua vita, disposta a prendersi cura di lui e del suo studio. Carla non oppose un rifiuto immediato, per affrontare la nuova situazione si affidò, come sempre, alla scrittura. Del diario che tenne in quel periodo si conosce solo il titolo, Gelosia. Nella sua situazione vide riproporsi una costante del rapporto uomo donna: l’impossibilità di andare a fondo, perché l’uomo trova appoggio in un’altra donna.
Per comprenderla iniziò una ricerca storico-letteraria, trovando un antecedente nelle commedie di Molière. A colpirla in Les femmes savantes fu la messa in ridicolo delle donne intellettuali – les précieuses ridicules – che non si affidano all’uomo per pensare. Questa rappresentazione le risultò vera ed attuale: «Il mondo delle Precieuses mi interessa e mi riguarda […] aver espresso pubblicamente il desiderio di rifiutare o ritardare l’amore fisico, quindi una sospensione del gradimento del pene, e dall’aver preteso di giudicare le opere degli autori, quindi una intromissione nel mondo del fallo. Queste sono state due mosse autentiche e strategiche […]. In fondo i miei scritti teorici toccano gli stessi due punti, con Sputiamo su Hegel e La donna clitoridea e la donna vaginale» (Lonzi, 1992, p. 14).
Nel maggio del 1980 Carla e Pietro si incontrarono per chiarire la loro situazione di coppia. Carla registrò i colloqui, come faceva sempre per le persone a cui teneva. L’intesa si rivelò impossibile e Carla chiuse l’incontro con l’invito a Pietro: Vai pure. Ai primi di giugno partì per Parigi, per continuare la sua ricerca sulle preziose. Poi trascorse l’estate a Turicchi. «Per me era proprio una rottura desiderata […]. Ero veramente felice» (Lonzi, 1981, pp. 18-19). A fine estate su proposta di Consagra il loro rapporto riprese. Per Lonzi tuttavia la separazione non era stata una parentesi, non solo aveva messo a nudo le ragioni, insolute, di un contrasto, ma l’aveva caricata di nuove energie, mettendo fine all’antagonismo con l’uomo. Per questo decise di pubblicare il dialogo, con il consenso di Consagra.
Poco dopo la pubblicazione del libro cominciarono forti dolori al viso. Non vi prestò molta attenzione, perché era immersa nel lavoro. Alla ricerca sulle preziose si era infatti aggiunta la richiesta di scrivere un testo per il catalogo della mostra Identité italienne, prevista al Centre Georges Pompidou di Parigi, a giugno. Lonzi esitò ad accettare, a tornare su un argomento che considerava per lei concluso. Decise di farlo, per il riconoscimento della qualità del suo lavoro di critica e per riprendere, al presente, la questione di fondo: il processo autentico tra sé e l’opera che connota la creatività. Nelle righe finali definì la sua presenza in quel mondo: «una futura coscienza e non una complice negli anni ’60 faceva il suo ingresso come critica d’arte nel campo della creatività» (Lonzi, 1981, p. 31). Ne era uscita, avendo trovato nel femminismo l’espressione della sua creatività; poteva riprendere parola sull’arte, forte di questo.
Per tutta l’ estate la malattia non migliorò, ed in autunno accettò di sottoporsi ai controlli. Fu operata di cancro al Canton hospital di Zurigo il 15 dicembre 1981. Tornò a Milano nel febbraio, ma non si riprese. A giugno le sue condizioni peggiorarono e venne ricoverata alla clinica Capitanio di Milano.
Morì il 2 agosto 1982. Il suo corpo è sepolto nel cimitero di Turicchi.
Oltre a quelle citate si segnalano La solitudine del critico, in L’Avanti!, 13 dicembre 1963; C. Lonzi - T. Trini - M. Volpi, Tecniche e materiali, in Marcatré, 1968, n. 37-40, pp.165-185; Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale e altri scritti, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1974; M.G. Chianesi et al, È già politica, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1977 (in partic. Intervista di Michèlle Causse a Carla Lonzi, pp. 101-109; Itinerario di riflessioni, pp. 13-51); Mito della proposta culturale, in M. Lonzi - A. Jaquinta - C. Lonzi, La presenza dell’uomo nel femminismo, Scritti di Rivolta femminile, Milano 1978, pp. 137-154; Altro che riflusso! Il tifone femminista soffia da secoli, in Quotidiano donna, 30 settembre 1979; Con il problema dell’uomo alle spalle, in Ivi, 15 maggio 1981; Identitè italienne. L’art en Italie depuis 1959, a cura di Germano Celant, Centre Pompidou, Paris 1981, p. 31; Scacco ragionato. Poesie dal ’58 al ’63, Scritti di Rivolta femminile (postumo 1985); Armande sono io!, Scritti di Rivolta femminile (postumo 1992); I rapporti tra la scena e le arti figurative dalla fine dell’Ottocento, (postumo 1996).
I movimenti femministi in Italia, a cura di R. Spagnoletti, Roma 1971; Femminismo e lotta di classe in Italia (1970-1973), a cura di B. Frabotta, Roma 1975; J. Kristeva, Donne cinesi, Milano 1975; L. Melandri, L’infamia originaria, Milano 1977; La politica del femminismo, a cura di B.Frabotta, Roma 1978; A. Calabrò - L. Grasso, Dal movimento femminista al femminismo diffuso, Milano 1985; M. Lonzi - A. Jaquinta, Biografia, in C. Lonzi, 1985, pp. 9-73; M.L. Boccia, Per una teoria dell’autenticità, in Memoria, 1987, n.19-20, pp. 85-108; Diotima, Il pensiero della differenza sessuale, Milano 1987; Libreria delle donne di Milano, Non credere di avere dei diritti, Torino 1987, pp. 29-35; M. L. Boccia, L’io in rivolta. Vissuto e pensiero di C. L., Milano 1990; Ead., Carla e Pietro, in Tuttestorie, 1996, n. 5, pp. 31-33; M. Bucci, C. L.: un ribaltamento di scena, in C. Lonzi, 1996, pp. V-XX; A. Piccirillo, La presenza di coscienza, in Femminismi a Torino, a cura di P. Zumaglino, Milano 1996; F. Lussana, Le donne e la modernizzazione: il neofemminismo degli anni Settanta, in Storia dell’Italia repubblicana, III, 2, Torino 1997, pp. 471-565; F. Restaino - A. Cavarero, Le filosofie femministe, Torino 1999, pp. 101-110; D. Spadaccini, Scrittura politica e scrittura mistica, in Dwf, 1999, n. 2-3, pp. 56-75; Centro studi e documentazione pensiero femminile, 100 titoli. Guida ragionata al femminismo degli anni Settanta, Ferrara 1998 (in partic. M.L. Boccia, Manifesto, pp. 58-64; E. Baeri, Sputiamo su Hegel, pp. 64-70); Lessico politico delle donne. Teorie del femminismo, a cura di M. Fraire, Milano 2002; A. Bravo - G. Fiume, Genesis, III (2004), n. 1: monografico: Anni Settanta, 2004; Il femminismo degli anni Settanta, a cura di T. Bertilotti - A. Scattigno, Roma 2005; A. Buttarelli, Me stessa non io. C. L. scrive il suo Diario, in Mancarsi. Assenza e rappresentazione del sé nella letteratura del Novecento, a cura di L. Graziano, Verona 2005, pp. 152-162; L. Jamurri, Un “mestiere fasullo”: note su Autoritratto di C. L., in Donne d’arte. Storie e generazioni, a cura di M.A. Trasforini, Roma 2006, pp. 113-132; G. Providenti, Passaggi di esperienza. Autenticità e liberazione in Carla Lonzi, 2006, http://host.uniroma3.it/dipartimenti/filosofia/culturali/simposio.htm (20 giugno 2015); M. Baldini, Le arti figurative all’“Approdo”. C. L. un’allieva dissidente di Roberto Longhi, in Italianistica, XXXVIII (2009), 3, pp. 115-130; G. Zanchetti, Premessa e profezia. Crisi della creatività, crisi della critica e relazione secondo C. L., in Anni ’70: l’arte dell’impegno, a cura di C. Casero - E. Di Raddo, Milano 2009, pp. 33-48; L. Conti - V. Fiorini - V. Martini, C. L. la duplice radicalità. Dalla critica militante al femminismo di Rivolta, Pisa 2011; Ti darei un bacio. C. L., il pensiero dell’esperienza, a cura di M. Farneti, Ferrara 2011; Collettivo femminista Benazir, Frammenti di autocoscienza. Il percorso politico sulla sessualità di un gruppo di giovani femministe, Roma 2012; A. Buttarelli, Sovrane. L’autorità femminile al governo, Milano 2013, pp. 168-174; M. L. Boccia, Con C. L.. La mia opera è la mia vita, Roma 2014.