Carlo Alberto, re di Sardegna
Figlio di Carlo Emanuele principe di Carignano e di Maria Cristina di Sassonia-Curlandia (Torino 1798 - Oporto 1849). Ebbe genitori di tendenze apertamente liberali e fu educato tra Parigi e Ginevra. Sottotenente dei dragoni nell’esercito napoleonico, alla caduta dell’Impero tornò in Piemonte (maggio 1814), e nel 1817 sposò Maria Teresa, figlia del granduca di Toscana Ferdinando III. Ambizioso, profondamente imbevuto di orgoglio dinastico e insieme insofferente all’atmosfera chiusa e conservatrice della corte di Vittorio Emanuele I, entrò in rapporti di amicizia con alcuni giovani aristocratici liberali, come Santorre di Santarosa e Carlo di San Marzano, fautori di un rinnovamento dello Stato sabaudo. Venne così a conoscenza, lasciandosi coinvolgere, seppure solo teoricamente, nei preparativi della cospirazione che doveva portare al moto piemontese del marzo 1821. Scoppiata l’insurrezione, Vittorio Emanuele abdicò e, in assenza del nuovo re Carlo Felice che si trovava a Modena, nominò reggente Carlo Alberto. Incalzato dagli avvenimenti, il 14 marzo Carlo Alberto concesse una costituzione simile a quella spagnola del 1812 ma, sconfessato subito dopo da Carlo Felice, lasciò Torino e ubbidì all’ordine del re di recarsi a Novara presso le truppe fedeli alla corona. Accusato di tradimento dai liberali piemontesi e criticato dai sostenitori dell’Ancien régime per non aver denunciato i piani dei rivoluzionari, fu confinato a Firenze presso la corte del suocero in attesa di riguadagnarsi la considerazione e la fiducia di Carlo Felice. Schieratosi a sostegno delle forze reazionarie europee, partecipò alla spedizione francese che nell’agosto del 1823 represse la rivoluzione liberale spagnola. Morto Carlo Felice il 27 aprile 1831, Carlo Alberto nel salire al trono ribadì le scelte assolutiste del suo predecessore e assunse una posizione favorevole all’Austria in funzione antifrancese. A questo periodo appartengono infatti la convenzione militare con l’Austria (23 luglio 1831), la dura repressione della Giovine Italia attraverso i processi del 1833-34, il continuo appoggio ai gesuiti che rese soffocante l’atmosfera culturale e spirituale del Piemonte di quegli anni, l’aiuto morale e finanziario dato alle forze assolutiste spagnole e portoghesi e al tentativo legittimista della duchessa di Berry in Vandea per sollevare la popolazione contro Luigi Filippo (1832). Dopo i primi anni di regno, Carlo Alberto si aprì a un moderato riformismo volto a promuovere il rinnovamento morale e materiale del Piemonte e inserirlo da protagonista nella vita italiana ed europea. In primo luogo si rese necessario aggirare l’ostacolo della potenza austriaca che chiudeva gli sbocchi commerciali del Piemonte a est; a tal fine Carlo Alberto strinse accordi con la Svizzera e gli Stati tedeschi meridionali per la costruzione di una strada ferrata che congiungendo il porto di Genova all’Europa centrale, lo trasformava in un importante nodo marittimo. Questi primi provvedimenti di politica economica, che videro anche una riduzione delle tariffe doganali, l’abolizione delle corporazioni e la stipula di numerosi trattati commerciali, furono successivamente ripresi e rielaborati da Cavour. Fu anche promulgato il codice civile, ponendo fine al disordine e alla sovrapposizione nelle leggi civili e penali dello Stato, e furono aboliti i residui degli ordinamenti feudali che ancora sopravvivevano in Sardegna. In politica estera l’iniziale amicizia con l’Austria di Metternich, potente alleato nella repressione del movimento liberale, lasciò il campo a un programma di espansionismo territoriale nella pianura padana e nel Lombardo-Veneto proprio a spese dell’Austria. Furono così assecondate le aspirazioni del movimento patriottico che andava sviluppandosi nel paese e che riceveva nuova linfa dall’elezione al soglio pontificio di Pio IX nel 1846. Le aperture papali furono d’impulso e d’esempio a Carlo Alberto che, incalzato anche dai fermenti che andavano maturando nel suo regno, licenziò il ministro degli Esteri Solaro della Margherita, vicino agli ambienti reazionari e all’Austria, aprendo così la strada a una politica di impronta più liberale. Il 5 marzo 1848 fu emanato lo Statuto e il 23, dopo molti dubbi e tentennamenti, iniziò la campagna militare contro l’Austria: quando le truppe piemontesi entrarono a Milano l’insurrezione delle Cinque giornate si stava spegnendo e i patrioti rimproverarono a Carlo Alberto, che aveva adottato come nuova bandiera il tricolore nazionale, un’eccessiva cautela. Dopo alcune vittorie iniziali, a Pastrengo il 30 aprile e a Goito il 29 maggio, le truppe sabaude furono sconfitte a Custoza e alle porte di Milano. Entrato in città, alla notizia delle trattative con l’Austria, Carlo Alberto fu insultato e minacciato dalla popolazione e costretto alla fuga. Il 9 agosto fu firmato l’armistizio Salasco. Accusato da ogni parte di tradimento e d’incapacità militare, inviso ai lombardi per la politica dinastica di annessione al Piemonte perseguita durante la guerra, Carlo Alberto volle riprendere le ostilità, ma, sconfitto a Novara, abdicò il 23 marzo 1849 in favore del figlio Vittorio Emanuele. Scelto l’esilio in Portogallo, a Oporto, morì il 28 agosto.