ALLIONI, Carlo
Nacque a Torino il 23 (o il 3) sett. 1728 da Stefano Benedetto, medico consulente del re, e da Margherita Ponte. Conseguita la laurea in medicina nel 1747 e aggregato lo stesso anno al Collegio della facoltà medica, si dedicò all'esercizio della professione e a studi scientifici, medici e botanici, proseguiti, con sacrificio di buona parte del suo cospicuo patrimonio, per tutta la vita, nonostante le traversie familiari, la salute malferma e la perdita della vista che nel 1785 era già quasi totale. Sposò Giovanna Battista Bianco, giovane di ricca famiglia e appassionata di studi geografici; ne ebbe tre figlie e tre figli.
I suoi primi studi gli procurarono tanta fama da essere nominato, ancora giovanissimo, membro di parecchie accademie scientifiche: nel 1756 fu nominato membro dell'Accademia Reale di Madrid, nel 1757 delle Accademie di scienze di Montpellier e di Gottinga, nel 1758 della Royal Society di Londra, nel 1759 della Società botanica di Firenze e della Facoltà medica di Basilea, nel 1774 della Società fisiografica di Lunden e della Società dei Curiosi della natura di Berlino, nel 1777 dell'Accademia di agricoltura di Padova e della Società reale di medicina di Parigi, nel 1780 della Società patriottica di Milano, ecc. Nel 1757 fu il primo aderente alla Società privata torinese, fondata in quell'anno dal conte G. A. Saluzzo, da G. L. Lagrange, e da F. Cigna, trasformata, nel 1783, nella Reale Accademia delle scienze, di cui fu, sino al 1801, il primo tesoriere. Anche per questa sua carica mantenne una corrispondenza estesissima con centinaia di medici e scienziati italiani e stranieri: citiamo J. Banks, G. Baronio, G. Beccaria, S. Canterzani, J. Ch. Fabricius, A. von Haller, C. Linneo, G. Marsii, T. Mattioli, A. Mosso, A. Murray, R. de Réamur, F. Roncalli, H. B. de Saussure, A. Scarpa, G. Scopoli, L. Spallanzani, O. Targioni Tozzetti.
Nominato nel 1760 professore di botanica nell'università di Torino, si dedicò all'insegnamento con passione, dando vigoroso impulso all'Orto botanico che, sotto la sua direzione, arricchi la sua flora da 1206 specie a oltre 4500; per questa sua capacità organizzativa, nel 1777, fu nominato direttore del Museo torinese.
Nel 1781, per ragioni di salute, dovette abbandonare la cattedra universitaria, ma conservò la direzione del museo sino alla sua morte, che avvenne a Torino il 30 luglio 1804.
Nella prima metà del secolo XVIII erano insorte in Piemonte epidemie di febbri miliari (Jebris miliaris, febris purpurata, exanthema miliaris, sudor anglicus), malattia contagiosa nuova o ritenuta tale, oggi quasi scomparsa, ma molto temuta in quel tempo, forse anche perché si confondeva con altre malattie infettive di analoghe manifestazioni (alte febbri, sudorazione, eruzioni cutanee). L'A., dopo molti anni di osservazioni dirette sulla malattia, ne compose un trattato (Tractatio de milliarium origine, progressu, natura et curatione, Augustae Taurinorum 1758), che ebbe grande successo (ne fu curata un'edizione tedesca, editio nova ernendatior, Jenae et Lipsiae 1772; una traduzione di F. L. Wigand, Mühlhausen 1785 e una nuova edizione, editio secunda notis et addictionibus aucta, Augustae Taurinorum 1792), specialmente per la parte diagnostica e per le accurate osservazioni sui cadaveri.
L'A. accoglieva il concetto delle cosidette costituzioni fisiche anormali e sosteneva, con una teoria che ebbe molta diffusione, che la malattia poteva rimanere dissimulata nel soggetto per molto tempo; ma, avanzando inoltre l'ipotesi della miliare "complicata" da altre affezioni, iniziò quel processo di revisione critica che porterà alla distinzione tra la miliare e altre malattie. Continuate sistematicamente le osservazioni anche dopo la pubblicazione del libro, l'A. notò che il corso della miliare andava cambiando, convertendosi in una malattia lunga e varia, che in una nota alla prefazione del suo nuovo trattato (Conspectus praesentaneae morborum conditionis, Augustae Taurinorum 1793) non esitava ad affermare identica alla pellagra. Contro questa identificazione, si levò G. Strambio, ben noto studioso della pellagra, che per primo aveva attribuito l'origine della malattia alla cattiva alimentazione. Ne nacque una famosa polemica, continuata, dopo la replica dell'A. (Ragionamento sopra la Pellagra, colla risposta al signor Dottore Gaetano Strambio, Torino 1795: è l'ultima opera data alle stampe e l'unica scritta in italiano), per molti anni ancora dai fautori dell'uno o dell'altro scienziato, con benefici risultati per la migliore conoscenza della malattia.
Notevoli sono pure le ricerche dell'A. sui fossili in Piemonte e più ancora quelle sugli insetti, di cui si formò, avviando gli studi entomologici in Piemonte, un'estesa collezione di oltre quattromila esemplari: J. Ch. Fabricius, come riconoscimento dell'importanza di questi studi dell'A., dette il nome di Allionia a una specie di piralide.
Ma il nome dell'A. rimane soprattutto legato alla sua opera di botanico. A scopo principalmente didattico, com'egli dice (Synopsis methodica stirpium Horti Taurinensis, in Miscellanea philosophico-mathematica Societatis privatae Taurinensis, II [1761], p. 48), tentò di semplificare la classificazione elaborata da Linneo, ideandone una propria, anch'essa artificiale, comprendente 13 classi, ridotte poi a 12; le prime undici caratterizzate dal numero, dalla forma e dalla disposizione dei petali; la dodicesima, coincidente con la ventiquattresima di Linneo, comprendeva le piante prive di fiori: le classi erano divise in ordini, gli ordini in generi, i generi in specie, secondo i precetti di Linneo. Seguendo questa classificazione, l'A. pubblicò varie memorie accademiche, accolte con plauso dagli scienziati e specialmente da Linneo, che gli dedicava il nome d'una pianta, l'Allionia incarnata, e il 9 nov. 1774 gli scriveva, cogliendo la caratteristica essenziale dell'opera botanica dell'A.: "Tu solus certe plura solide detexisti quam multi botanici simui, studio certe herculeo" (riferito da M. Buniva, Réflexions..., p. 93; altre lettere di Linneo all'A. trattano di questioni botaniche e dei fossili che l'A. spesso mandava in regalo a Linneo). Gli studi botanici culminarono nell'opera massima, la Flora Pedemontana del 1785, seguita nel 1789 dall'Auctarium, con la descrizione di circa 3000 piante, molte delle quali descritte per la prima volta. La poderosa opera, tuttora fondamentale per lo studio della flora piemontese, poneva l'A. tra i massimi botanici d'Europa, procurandogli l'appellativo di "Linneo piemontese".
L'erbario dell'A., in origine formato da oltre 6000 specie, è conservato nei locali dell'Orto botanico dell'università di Torino; i bombardamenti aerei del 1942 distrussero il suo ricco museo di scienze naturali e i suoi manoscritti che, dopo vari passaggi, erano conservati nella biblioteca del Seminario metropolitano di Torino. Si salvarono soltanto, e sono ancora conservate dalla stessa biblioteca, le lettere inedite della sorella, suor Marianna Teresa della Visitazione, dal 1780 al 1794, rilegate in volume. Le numerosissime lettere all'A., a cui s'è accennato, in massima parte inedite, insieme con pochissime sue minute (complessivamente ben 5047 fogli), sono conservate dalla biblioteca dell'Accademia delle scienze di Torino (Mss. I-5047). La stessa Accademia possiede anche i diplomi e brevetti originali conferiti all'A. (Mss. 0209) e due manoscritti di lui che hanno rispettivamente per titolo: Lettere al signor Ferdo Bassi, intorno a vani corpi marini fossili trovati in Piemonte, Monferrato, ecc. (Mss. 0156); Bibliographia Botanica... A Laurentio Terraneo... collecta Anno Domini 1714 quam C. A. Tauninensis ultenius supplet et auget (Mss. 077).
Dell'A., oltre le opere cit., si ricordano: Themata physica et medica. De firmitate, sive soliditate corporis. De liene et pancreate. De respiratione..., Augustae Taurinorum 1747; Rariorum Pedemontii stirpium specimen primum, ibid. 1755; Oryctographiae pedemontanae specimen, exhibens corpora fossilia terrae adventitia, Parisiis 1757; Stirpium praecipuarum litonis, et agri Nicaensis enumeratio methodica cum elencho aliquot animalium eiusdem maris, Parisiis 1757; Fasciculus stirpium Sardiniae in Diocesi Calonis lectarum a Michdele Antonio Plazza chirurgo taurinensi, quas in usum Botanicorum recenset C. A., in Miscellanea philosophico-mathematica Societatis privatae Taurinensis, I (1759), pp. 88-103; Felicis Valle Tauninensis Florula Corsica, ibid., II (1761), pp. 204-218; Stirpium aliquot descniptiones cum duorum novorum generum constitutione, in Mélanges de Philosophie et de Mathématique de la Société Royale de Tunin, III (1765), pp. 176-184; Manipulus insectorum taurinensium, ibid., pp. 185-198; Auctarium ad Synopim methodicam stirpium horti reg. taurinensis, ibid., V (1773), pp. 53-96; Flora Pedemontana, sive enumeratio stirpium indigenarum Pedemontii, Augustae Taurinorum 1785, 3 torni: il terzo torno è costituito da 92 belle tavole a colori (alle quali sono premesse, a principio del volume, le relative leggende), disegnate dall'erborista pittore Francesco Peiroleri (è questa la grafia del nome adottata dal celebre erborista nella prima tavola e nelle sue lettere all'A.; altri scrive Peyroleri o Peyrolesi) e incise su rame da suo figlio Pietro. La prima tavola è dedicata alla nomenclatura botanica e alla classificazione propria di A.; le altre presentano 228 disegni di piante nuove o rare; Auctanium ad Floram Pedemontanam cum notis et emendationibus (con due tavole in nero), Taurini 1789.
Bibl.: Oltre le antiche biografie (M. Buniva, Réflexions sur tous les ouvrages publiés et inédits du docteur C. A..., Torino s.d.; M. Paroletti, Vite e ritratti di sessanta piemontesi illustri, Torino 1824 [senza numerazione]; G. G. Bonino, Biografia medica piemontese, II, Torino 1825, pp. 433-450), si veda un elenco delle opere edite e manoscritte dell'A. e delle biografie in O. M. Mattirolo, Scritti botanici pubblicati nella ricorrenza centenaria, in Malpighia, XVIII (1904), pp. 213-227.
Inoltre: E. Dervieux, Il Museo di C. A.,in Atti d. Accad. d. Scienze di Torino, LVI (1920), pp. 83-88; G. Bria-Berter, Un medico-botanico: C. A.(1728-1804), in La Rassegna di chimica, terapia e scienze affini, LVII (1958), 2, pp. 53-65.