AMATI, Carlo
Nato a Monza il 22 ag. 1776. Figlio di Alessio, rinomato fabbricatore di organi, studiò in gioventù lettere e filosofia, prima al Seminario Monzese, poi a Milano col Soave ed il Parini. All'Accademia di Brera ebbe come maestri gli architetti G. Albertolli, L. Pollack, G. Zanoja; egli stesso vi insegnò elementi di architettura dal 1798, fu quindi professore aggiunto di architettura con l'abate Zanoja (1805-1817). Nel 1805 Napoleone ordinava il compimento della facciata e dei fianchi del duomo di Milano, e affidava al Pollack i lavori che alla sua morte (1806) furono proseguiti dallo Zanoja e in seguito dall'A., in collaborazione con lo stesso Zanoja. Risultato di tale collaborazione (1807-1813) fu la fronte attuale della cattedrale milanese, che si rifà a forme goticizzanti e che ha conservate le porte dette "del Pellegrini" e la zona basilare seicentesca. Ma caratteri neoclassici hanno altre opere dell'A. quali la chiesa di Casate Nuovo in Brianza (1805), la facciata della chiesa di Brivio, il pulpito ligneo del duomo di Monza; l'opera sua di gran lunga più importante è la chiesa di San Carlo (1836) in Milano, il cui prospetto, memore del Pantheon, si accorda a un colonnato corinzio che cinge per tre lati la piazza antistante, raggiungendo con mezzi semplici e poco spazio notevole imponenza.
L'A. morì a Milano il 23 marzo 1852.
Considerato a suo tempo come principale propagatore e sostenitore dell'architettura "neo-romana", specialmente in S. Carlo l'A. si rivela uno degli esponenti del "purismo architettonico milanese, di intonazione cmquecentesca e palladiana" (Lavagnino).
Pubblicò in tema d'architettura opere ricche di dottrina; tra le più importanti: Antichità di Milano (con rami), Milano 1804; Il Duomo di Milano, ibid. 1809; Antichità di Milano - Illustrazione delle sedici colonne presso S. Lorenzo, ibid. 1821; Memoria sullo stato dell'architettura civile nel Medio Evo, ibid. 1825; Disegni e modelli del nuovo Tempio di S. Carlo in Milano, ibid. 1836. Buona parte delle tavole che accompagnano le sue opere furono incise in rame dallo stesso A.; è stato ipoteticamente considerato da alcuni l'autore di una incisione Veduta di Torino firmata "Amati", da altri attribuita all'incisore Pietro Amati (attivo in Torino nella seconda metà del sec. XVIII), da altri ancora considerata di una terza persona non altrimenti conosciuta.
Bibl.: Necrologio, in Appendice alla Gazzetta di Milano, 28 giugno 1852; P. A. Curti, Storia degli architetti lombardi nel XIX sec., C. A., in Il giornale dell'ingegnere-architetto ed agronomo, IV (1856-57), pp. 602-610; A. R. Willard, History of modem Italian An, New York 1898, pp. 510-513; P. Mezzanotte-G. C. Bascapè, Milano nell'arte e nella storia, Milano 1948, pp. 87, 91, 102, 114 s., 117, 119 s., 163, 287, 440; E. Lavagnino, L'arte moderna, Torino 1956, pp. 80, 279-281, 351-354; P. Mezzanotte, L'architettura dal 1796 alla caduta del Regno italico, in Storia di Milano, XIII, Milano 1959, pp. 485, 501; U. Thieme-F. Becker, Allgem. Lexikon der bildenden Künstler, I, p. 379; Enciclopedia Italiana, II, p. 764.