BUONO (Bono, Boni), Carlo Antonio
Appartenente a una famiglia di scultori originaria di Campione, fu scultore egli stesso. L'attività finora documentata si svolse in Milano, a partire dal 1634. Risale a questa data infatti la ricostruzione dalle fondamenta della chiesa di S. Giovanni in Laterano, ora distrutta. Sulla facciata, sopra il portale principale, vi era un altorilievo raffigurante la Decollazione del santo, opera in stucco del Buono.
La lettura dell'opera è fortunatamente ancora possibile, poiché di essa rimane una riproduzione fotografica sufficientemente chiara (Mezzanotte-Bascapè). Essa è l'unica opera dalla quale si possa partire per ricostruire il percorso artistico del B. e, più ampiamente, della scultura milanese, legata ancora, a questa data, alle forme cinquecentesche di A. Fontana, ma volta a una lenta e graduale conquista di forme più libere e mosse di chiaro carattere barocco. L'accennata posizione del B. è evidente nel contrasto tra la solida struttura plastica dei corpi emergenti a tutto tondo dal fondo ancora privo di un vero significato spaziale e il violento dinamismo compositivo della scena, ottenuto per mezzo della impostazione delle figure su assi divergenti.
Dopo un verosimile, anche se non documentato, periodo di apprendistato presso le botteghe dei marmorari della Fabbrica del duomo di Milano - riaperte nel 1631 dopo la chiusura a causa della peste - nel gennaio 1645 (Archivio storico della Fabbrica, cart. 140) venne ammesso come scultore fisso in quello che, insieme con la certosa di Pavia, era allora il più attivo cantiere della Lombardia, alternando rattività di scultore a quella di decoratore in stucco.
I lavori nel duomo ripresero in questi anni particolarmente fervidi intorno all'opera di continuazione della facciata secondo il disegno dell'architetto C. Buzzi; alla decorazione, oltre al B., si applicarono i migliori scultori di Fabbrica: D. Bussola, A. Prevosti e G. P. Lasagna. Da documenti inediti del 1646 e 1647 risulta che il B. ottenne la commissione di una delle storie a bassorilievo da porsi sopra le finestre della facciata (allo stato attuale delle indagini, non ancora individuata). Nel 1646 iniziò a scolpire una statua in marmo di uno dei Quattro santi coronati, terminata nel 1649. Proprio in quest'anno il B., insieme con i migliori scultori di Fabbrica, venne impegnato nell'esecuzione di quattro statue in stucco per la decorazione dell'arco trionfale eretto in onore di Marianna d'Austria, solennemente accolta in Milano in occasione del suo viaggio verso la Spagna dove andò sposa a Filippo IV.
Da un disegno, conservato nell'Arch. civico di Milano (Verga), appaiono evidenti la conchiusa volumetria delle statue, di sapore ancora cinquecentesco, e uno stretto rapporto spaziale, negatore di ogni possibilità di liberazione della forma nello spazio, tra la, statua e la nicchia aperta nella scenografica architettura.
Il 20 luglio 1649 il B. presentò un modello per un profeta Isaia, che venne accettato dai fabbricieri e, tradotto in marmo, fu stimato il 20 marzo 1653 (Arch. stor. della Fabbrica, cart. 140). Il 23 maggio 1652 presentò un modello di un profeta Geremia "inabito mesto e lugubre", anch'esso accettato e poi tradotto in marmo. Nel 1654 e nel 1657 eseguì due pezzi di Gloria d'angeli per la volta della cappella della Madonna dell'Albero, il secondo rappresentante "angioli di grandezza naturale con istrumenti musicali e cherubini".
Nel 1655 tornò ad occuparsi della decorazione della facciata del duomo, eseguendo una statua "in forma di termine nell'angolo del pilastrone doppio verso la regia corte" e nel 1656 un bassorilievo rappresentante l'Incontro di Ruth con Booz, posto in opera nel timpano della seconda finestra, partendo da sinistra. Nel modello in terracotta di questo rilievo, conservato nel Museo del duomo di Milano, è ancora evidente la difficoltà del B. a liberare la forma dai limiti conchiusi di evidente tradizione cinquecentesca; nessun rapporto dinamico è inoltre creato tra le figure e lo spazio retrostante, sentito esclusivamente come scatola scenica che contiene i personaggi.
Nel 1662 il B. eseguì la statua di un Profeta da porsi davanti al pilastro laterale sinistro della cappella della Madonna dell'Albero e la statua del Re Josia - di un vivo realismo nella definizione anatomica del corpo e nella caratterizzazione quasi ritiattistica del volto, secondo la più schietta tradizione lombarda - ora collocata all'esterno del duomo, nel braccio di croce settentrionale (n. 332 dei grafici del Nebbia). È datata al 1668 la statua del profeta Amos, anchessa posta in opera all'esterno del duomo nel braccio di croce settentrionale (n. 280 dei grafici del Nebbia). Nel 1670, in collaborazione con il figlio Giuseppe, eseguì la statua di un altro dei Quattro santi coronati. L'ultima sua opera, da quanto appare dai documenti finora ritrovati, è una S.Margherita datata 1673, collocata all'esterno del duomo nel fianco settentrionale (n. 395 dei grafici del Nebbia). Si tratta di un'opera di notevole freschezza e novità nel percorso artistico del B.: le forme, finalmente sciolte dal rigoroso e compatto assetto volumetrico, si snodano in piani fluidissimi che mostrano una decisa acquisizione di soluzioni formali barocche. A giustificare l'accennato mutamento varrà sottolineare l'importanza delle nuovissime esperienze in senso barocco che, proprio a questa data, veniva facendo D. Bussola.
Fontie Bibl.: Milano, Archivio storico della Fabbrica del duomo, cart. 140; Annali della Rabbrica del duomo, V, Milano 1883, pp. 308, 316, 320, 325; C. Torre, Ilritratto di Milano, Milano 1674, pp. 47, 337; N. Sormani, Passeggi nella città di Milano, Milano 1752, p. 155; C. Bianconi, Nuova guida di Milano, Milano 1787; P. Zani, Enciclopedia metodica... delle Belle Arti, I, 4, Parma 1820, pp. 114 s.; U. Nebbia, La scultura nel duomo di Milano, Milano 1908, pp. 207, 212; E. Verga, Storia della vita milanese, Milano 1931, p. 333; P. Mezzanotte-G. C. Bascapè, Milano nell'arte e nella storia, Milano 1948, p. 254; G. Nicodemi, La scultura lombarda dal 1630 al 1706, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, pp. 521, 535, 538, 540; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, IV, p. 316 (sub voco Bono C. A.).