FATTORI, Carlo Antonio
Nato a Scurano (ora frazione di Neviano degli Arduini in provincia di Parma) nel 1793 (secondo- le varie fonti l'11 o il 18 0 il 27 febbraio, o il 2 marzo) dal tenente colonnello Baldassarre e da Fiora Manini, si addottorò in medicina a Modena il 20 giugno e a Parma il 29 luglio 1816, in chirurgia a Parma il 28 ag. 1821. Accusato nel Ducato di Modena (era residente a Reggio) di lesa maestà, per aver aderito alla carboneria (era stato formalmente aggregato tra i Sublimi maestri perfetti, e aveva aggregato varie persone alla carboneria in casa sua), e aver partecipato alle trame di una sollevazione che avrebbe dovuto prendere le mosse dalle valli dell'Appennino reggiano, il F., con sentenza dell'11 sett. 1822, fu condannato dal tribunale straordinario riunito nella fortezza di Rubiera a cinque anni di carcere, che trascorse nella medesima fortezza (cfr. Decis. del tribunale stat. straord. residente in Rubiera ... sanzionata ... 11 ott. 1822, Modena 1822).
Dopo aver scontato la pena, il F. si trasferì a Parma per esercitarsi nell'ostetricia, ottenendo il relativo permesso dalle autorità estensi il 29 genn. 1828. Sottoposto ai precetti di "alta polizia" (sorveglianza politica) di Modena, rivolse istanza al duca Francesco IV il 22 maggio 1829 per esserne prosciolto: la sua istanza fu accolta il 23 giugno, quindi il 30 aprile dell'anno successivo gli venne concessa la cittadinanza di Parma e il 22 novembre dello stesso anno 1830 gli venne conferita la nomina ad astante della scuola teoricopratica di ostetricia, allora diretta da G. Rossi.
Con regolamento dell'11 febbr. 1818 la duchessa Maria Luigia aveva stabilito la sede dell'ospizio di maternità e della scuola teorico-pratica di ostetricia presso l'edificio degli ospizi civili detto di S. Maria Maddalena nel Corso, ove un "medico ostetricio e professore" era addetto all'istruzione delle otto allieve ammesse alla scuola e potevano assistere ai parti anche gli allievi di chirurgia "già passati alla clinica chirurgica".
Il F. si dimostrò ostetrico preparato e capace, e ben presto acquisì a Parma un meritato prestigio. Alla morte del Rossi, nel 1850, concorsero a succedergli alla direzione della scuola F. Gueneau, che del Rossi era nipote, e il F.: l'aspra contesa che ne scaturì fu all'origine del decreto sovrano del duca Carlo III di Borbone del 28 dic. 1851.
Questo stabiliva la separazione dei titoli di direttore dell'ospizio di maternità, al quale veniva assegnata la sovrintendenza sull'ospizio e l'istruzione delle allieve e veniva fatto obbligo di risiedere nell'ospizio stesso, e di professore di ostetricia, cui dovevano competere le lezioni di clinica chirurgica ostetrica. L'astante della scuola di ostetricia avrebbe poi prestato la sua opera anche al servizio del professore di ostetricia.
Stabilito tale ordinamento, con successivo decreto emanato il 30 dic. 1851 il F. fu nominato professore di ostetricia e il Gueneau fu nominato direttore dell'ospizio di maternità. La soluzione di compromesso così delineata fu di fatto convalidata dalla parità del trattamento economico prevista per i due titoli.
Ricostituita l'università, dopo la sospensione decretata dal duca Carlo III il 7 sett. 1849, dalla duchessa reggente Luisa Maria, con decreto del 25 nov. 1854 il F. fu confermato professore di ostetricia; fu anche chiamato per due volte, il 20 IUglio 1853 e 13 dic. 1854, a far parte della sezione chirurgica del protomedicato.
Confermato nella carica anche dopo l'annessione del Ducato al Regno sardo nel 1860, il F. fu nominato professore ordinario di ostetricia e dottrina delle malattie speciali delle donne e dei bambini e direttore della clinica con decreto reale del 15 genn. 1863.
Le attività clinica e didattica del F. furono gravemente ostacolate dalle disagevoli condizioni in cui fu per anni costretto a operare: fin dalla sua nomina a professore di ostetricia le sue reiterate richieste di un'adeguata sistemazione logistica non ottennero risposta. La disponibilità di pochi e insalubri locali, l'assenza quasi assoluta di dotazioni scientifico-didattiche solo in parte compensata da un modesto aumento della dotazione della clinica e sua personale, ma soprattutto l'impossibilità di risiedere presso l'ospizio con la conseguente separazione della sede delle lezioni teoriche da quella delle dimostrazioni pratiche, rappresentarono le caratteristiche salienti dei primi anni di attività del Fattori. Egli constatava, in una nota del 20 maggio 1858 indirizzata al marchese G. Pallavicino presidente del supremo magistrato degli Studi, come nei Ducati l'ostetricia fosse soltanto apparentemente insegnata e appresa, e a causa di ciò, oltre a esserne ignorata l'importanza, persistessero vieti pregiudizi ed errori tanto più funesti in una disciplina destinata a salvare due vite in pericolo. Non ne seguì che un'attivazione delle lezioni poco più che nominale, e nemmeno sotto la nuova dirigenza sarda si vollero inizialmente soddisfare le sue richieste. Egli ebbe dapprima come assistente lo stesso astante del direttore dell'ospizio di maternità, situazione insufficiente a garantire una regolare assistenza, mentre l'ipotesi di nominare astante un medico residente nell'ospizio sfumò nel maggio 1860, quando lo sviluppo di alcuni casi di febbre puerperale causò l'immediata cessazione di ogni attività clinica. Alla fine di quell'anno, nell'ennesima richiesta di mezzi rivolta al delegato rettore della regia università di Parma, il F. includeva anche la constatazione del mancato impiego di fondi già stanziati in bilancio; solo il suo diretto impegno economico permise, nel 1861, l'avvio di una attivazione, sia pure parziale, della clinica ostetrica. Alla fine del 1862 fu finalmente concessa al F. la facoltà di risiedere nell'ospizio, adiuvato da un astante, e di unificare così la sede delle lezioni teoriche e pratiche di ostetricia.
Il F. strutturò i suoi corsi in tre grandi settori, dedicati rispettivamente: "all'anatomia e fisiologia dell'utero, all'ovologia, al parto fisiologico"; "all'eutocia ed assistenza alla medesima e alla distocia coi rispetivi soccorsi profilatici [sic!], medici e chirurgici"; "all'igiene, alle malattie delle incinte, delle puerpere, dei bambini". La parte clinica verteva, oltre che sugli aspetti pratici della gravidanza, del parto e del puerperio, anche sulle malattie dei bambini, sulla vaccinazione e sull'allattamento artificiale. L'insegnamento, dapprima obbligatorio per gli studenti degli ultimi tre anni di corso, venne poi limitato a quelli degli ultimi due anni; nel 1862-63 all'esame teorico fu affiancata una prova pratica sul fantoccio o sul cadavere, mentre il titolo del corso venne mutato in tostetricia e dottrina delle malattie speciali delle donne e dei bambini e di clinica ostetrica".
Non particolarmente abbondante, la produzione scientifica del F. fu molto apprezzata dai contemporanei: Sulla mastite puerperale, Parma 1847, e Considerazioni su alcuni argomenti di ostetricia. (Sul danno del fasciare i bambini. - Se ad evitare l'operazione cesarea a termine di gravidanza sia lecito di procurare l'aborto prima del termine del settimo mese. - Dell'operazione cesarea), ibid. 1861. Premessa l'importanza della scienza come guida di tutte le arti, quindi anche di quella sanitaria, in quanto solo lo scienziato può conoscere ciò che necessita al loro esercizio, egli giudicò la fasciatura dei bambini una pratica pericolosa, non attuata nei paesi del'Europa settentrionale, e ne delineò la storia risalendo all'antichità. Si dichiarò decisamente contrario all'aborto praticato prima del settimo mese al fine di evitare l'operazione cesarea, per la valenza omicida che riteneva sottesa all'interruzione della gravidanza. Per questo fu aspramente critico nei confronti delle scuole francese e inglese favorevoli all'aborto e ai loro epigoni italiani, fra i quali segnatamente E. Raffaele. Egli sosteneva che non solo i pericoli correlati al tagliocesareo, ma anche quelli più generali di malattia avevano mascherato per molti ostetrici il delitto perpetrato con l'aborto, per cui occorreva rivalutare, alla luce dei progressi tecnici, l'operazione cesarea. Così la memoria sul taglio cesareo, strettamente connessa con quella sull'aborto, si apre con un richiamo storico per svilupparsi poi con la difesa del metodo come il più adatto a salvare madre e bambino, specialmente adottando la tecnica del taglio laterale trasverso.
Dopo breve malattia il F. morì a Parma il 25 genn. 1866.
Fonti e Bibl.: Oltre alla documentazione conservata principalmente presso l'Archivio di Stato di Parma e l'Archivio storico dell'Università di Parma, cfr. la voce curata da A. Romani in G. B. Ianelli, Dizionario biografico dei parmigiani illustri o benemeriti, App., Parma 1880, pp. 55 s.; E. Ferroni, I primi cento anni d'insegnamento di ostetricia nell'Università di Parma, in Ann. di ost. e ginecol., XXXVI (1914), pp. 389-453; F. Rizzi, I professori dell'Università di Parma attraverso i secoli, Parma 1953, p. 83.