ARCHINTO, Carlo
Nacque a Milano il 30 luglio 1670 da Filippo e da Camilla Stampa.
Frequentò le scuole dei gesuiti di Brera, ove fu alunno di Carlo Ambrogio Cattaneo e di Tommaso Ceva, un dotto dalla cultura enciclopedica, studioso di filosofìa, fisica e geometria, nonché autore di poesie latine e italiane. Passò poi all'università di Ingolstadt, ove si dedicò alla filosofia e alla matematica. Viaggiò successivamente in Germania, Francia e Belgio, interessandosi alle polemiche sulla filosofia cartesiana, alle discussioni teologiche suscitate dal giansenismo e ai problemi della critica storico-filologica che allora si dibattevano.
Tornato in Italia soggiornò per un breve periodo a Roma, stabilendosi poi definitivamente a Milano; quivi continuò i suoi studi. interessandosi sempre più alla storia naturale, alla, fisica, alla chimica, alla medicina, tanto che durante la guerra di successione spagnola ebbe la direzione delle farmacie dell'Ospedale Maggiore.
Data la posizione eminente della sua famiglia nella vita pubbica milanese, non potè esimersi dal prendere, parte attiva alla politica e all'amministrazione. Entrato nel Consiglio dei decurioni della città (26 marzo 1691), fu poco dopo eletto membro del Tribunale di provvisione, conservatore dei Patrimonio (23 dic. 1696) e giudice delle strade (10 genn. 1699).
La sua presenza nelle manifestazioni della vita pubblica milanese è segnalata costantemente in questi anni: nel 1699 è tra i deputati ad accogliere l'arcivescovo di Milano Federico Caccia (cui tre anni dopo succedette lo zio cardinale Giuseppe Archinto); nel maggio del 1702 è incaricato di accogliere ai confini dello stato Filippo V in visita a Milano; nel 1708 dovette scortare da Brescia a Milano la principessa Elisabetta Cristina di Wolfetibüttel che andava sposa a Carlo di Spagna. Non gli mancarono onori: l'imperatore Leopoldo I lo nominò suo gentiluomo di camera; il 20 sett. 1700 il re di Spagna lo insignì del Toson d'Oro; successivamente sia Filippo V (4 nov. 1702), sia Carlo VI (32 nov. 1711) lo nominarono Grande di Spagna: ma per le mutate condizioni politiche della Lombardia né l'una né l'altra concessione venne in seguito riconosciuta.
Sin dai primi anni della guerra di successione spagnola però l'A. si era andato sempre più estraniando dalla vita politica, per dedicarsi ai suoi studi preferiti, accrescendo la biblioteca iniziata dal padre e arricchendo il suo palazzo patrizio di un gabinetto scientifico, di macchine per le esperienze di fisica e di medicina, di opere d'arte. Nel 1702 fondò un'Accademia, riservata ai nobili, ma con lo scopo di risvegliare nell'aristocrazia milanese, fino allora rivolta quasi esclusivamente alle esercitazioni poetico-letterarie dell'Arcadia, l'interesse per le scienze naturali, la matematica e la fisica. L'attività e l'efficacia dell'Accademia furono, però, piuttosto modeste; tra i lavori letti pubblicamente si ricordano solo alcune dissertazioni di metafisica (o dell' "Animastica") di Benedetto Arese (1673-1728) e quattro Ragionamenti della storia filosofica dello stesso A.; dopo qualche anno, non trovando atmosfera propizia, si sciolse.
Meriti maggiori nel campo della cultura ha invece l'A. per la parte avuta nella fondazione della Società Palatina (15 dic. 1721) e per l'appoggio dato all'Argelati e al Muratori per la pubblicazione dei Rerum Italicarum Scriptores. L'A. non solo fu tra i promotori dell'impresa, ma ne ottenne da Carlo VI protezione e privilegi per mezzo di un suo amico, Antonio de Cardona, arcivescovo di Valenza e presidente del Consiglio di Spagna a Vienna. Non fu però tra gli azionisti della società (mentre lo fu il figlio Alberico).
Più che col Muratori, l'A. fu in rapporti con l'Argelati. Questi, che gli doveva particolare riconoscenza per essere stato per molti mesi suo ospite a Milano (durante i quali gli riordinò la biblioteca, redigendone anche un catalogo), non mancò di ricorrere alla sua autorità per imporsi nelle discussioni con il Muratori e il Sassi a proposito dell'edizione dei testi dell'Ambrosiana, come anche per mettere in evidenza i propri meriti: "Stia persuaso - scriveva al Muratori - che se non fossistato io per diciotto mesi a Milano a fare le pratiche ed in quel tempo non fossi stato ospitato dal conte Carlo A. e confortato della sua autorità, nulla se ne sarebbe fatto, perché, sulle prime, a parlare dell'impresa, era come a parlare del Missisipy" (cit. da L. Vischi, La Società palatina di Milano, p. 482).Talvolta lo stesso A., facendosi portavoce degli interessi degli azionisti della società, intervenne suggerendo modifiche e variazioni nel programma delle edizioni.
L'A. morì il 17 dic. 1732.
Delle numerosissime opere manoscritte dell'A. segnalate dall'Argelati e oggi perdute, è probabile che molte siano state solo versioni di opere dei suoi maestri o appunti di lezioni, o manoscritti fornitigli dagli amici: ma dovevano essercene anche di sue. Tra gli scritti di filosofia ricordiamo le Sylvae pro dissertationibus philosophicis e la Manuductio in Cartesianam philosophiam; di fisica e matematica le Demonstrationes mathematicae in ordinem ad spheram, il Tractatus de horologiis, l'Instructio summaria pro trigonometria, le Disquisitiones physiologicae de natura aéris et aquae, le Annotationes geometricae tam theoricae quam practicae; di teologia, i Ragionamenti sulla sacra Scrittura. Dell'A. non restano ora che le annotazioni ai libri III, IV e V di Amolfo, in continuazione al lavoro iniziato dal figlio Alberico per l'edizione dei Rerum Italicarum Scriptores (Arnulphi Mediolanensis historiographi Rerum sui temporis libri V, t. IV, Milano 1723, pp . 20-45).
Fonti e Bibl.: Interessanti indicazioni sulle letture e gli strumenti di formazione culturale dell'A. possono trarsi dal catalogo della sua biblioteca, ricca di manoscritti e libri rari, venduta all'asta nel 1863: Catalogue d'une petite collection de livres rares et précieux, imprimés et manuscripts, provenant de la bibliothèque de feu monsieur le comte Archinto de Milan..., Paris 1863.
Cfr. G. A. Sassi, De studiis literariis Mediolanensium..., Mediolani 1729, pp. 179-183; F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, I, 2, Mediolani 1745, coll. 65-68; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, I, 2, Brescia 1753, p. 954; P. Litta, Fam. cel. ital., Archinto, tav. IV; L. Vischi, La Società palatina di Milano, in Arch. stor. lombardo, VII (1880), pp. 436, 468, 475, 482, 502. 508 s.; L. Auvray, Les manuscripts de Dante des bibliothèques de France, Paris 1892, pp. 52-54 (ove si descrive un prezioso codice miniato dell'Inferno già nella biblioteca Archinto); M. Maylender, Storia delle Accademie d'Italia, I, Bologna 1926, p. 292; II, ibid. 1929, p. 200; E. Verga, Storia della vita milanese, Milano 1931, p. 368; F. Forte, Archintea laus, Milano 1932, pp. 161-168; C. Frati, Diz. bio-bibliogr. dei bibliotecari e dei bibliofili ital., Firenze 1934, pp. 32 s.; M. Parenti, Aggiunte al Diz. bio-bibliogr... di C. Frati, Firenze 1957, pp. 48 s.; G. Seregni, La cultura milanese nel Settecento, in Storia di Milano, XII, Milano 1959, pp. 570, 573; Encicl. Ital., IV, p. 52.