Armellini, Carlo
Giurista e patriota (Roma 1777 - Saint-Josse-ten-Noode, Belgio, 1863). Compiuti gli studi giuridici alla Sapienza di Roma, intraprese una brillante carriera legale e durante la prima Repubblica romana (1798-99) si fece conoscere per le sue idee liberali. La sua carriera politica cominciò con l’avvento di Pio IX di cui fu inizialmente un convinto sostenitore. Fece parte della commissione giuridica per la riforma amministrativa, venne eletto consultore nel ricostituito Consiglio municipale romano (1847), fu una delle figure di primo piano del Consiglio dei deputati e contemporaneamente svolse un’intensa attività giornalistica dalle colonne del «Contemporaneo». Nel corso del 1848, mentre cresceva il movimento riformatore e aumentava il clima di tensione all’interno dello Stato pontificio, Armellini venne progressivamente modificando in senso radicale la sua posizione. Dopo l’uccisione del primo ministro Pellegrino Rossi e la fuga del papa a Gaeta, in una situazione di crescente incertezza, la contrapposizione con il pontefice si fece inevitabile e Armellini si convinse dell’impossibilità di una conciliazione e della necessità del ricorso al popolo. Assunta la carica di ministro dell’Interno nel governo provvisorio, preparò l’elezione della Costituente. Nonostante le minacce di scomunica da parte del papa, le elezioni si svolsero decretando la vittoria dei democratici e la proclamazione della Repubblica. Armellini, nominato membro del Comitato esecutivo e triumviro il 29 marzo del 1849 insieme a Giuseppe Mazzini e Aurelio Saffi, si occupò prevalentemente delle questioni giuridiche, assumendo un profilo più defilato rispetto a quello dei due altri triumviri. Diede un contributo importante alla elaborazione della Costituzione promulgata il 3 luglio 1849 mentre i francesi entravano a Roma. Caduta la Repubblica romana, si rifugiò in Belgio abbandonando di fatto la politica attiva.