CARLO AUGUSTO granduca di Sassonia-Weimar
Nacque a Weimar il 3 settembre 1757, e, morto il padre quand'egli aveva appena nove mesi, la madre, duchessa Anna Amalia (v.), ne curò l'educazione, chiamandogli al fianco prima il conte von Goertz rigido e militaresco gentiluomo in perfetto stile dell'epoca del gran Federico, poi l'amabile poeta Wieland. Nel 1775, uscito di minore eta, passò a nozze con la principessa Luisa di Assia-Darmstadt; e, poich'ebbe assunto nelle proprie mani le redini dello stato, il suo primo atto di governo fu di volere accanto a sé, come consigliere, il Goethe, che impose alla corte e alla burocrazia riluttanti. Parve, in quel quieto piccolo mondo, che ciò dovesse significare un pericoloso avvento della poesia dello "Sturm und Drang" al potere; invece nella saggezza del Goethe, rapidamente maturata per il senso stesso delle nuove responsabilità, l'impulsivo ed esuberante giovanissimo duca trovò la più efficace delle esperienze formatrici come uomo e come regnante.
Nel giudicarlo, il Goethe ha parole di alto riconoscimento. E in realtà, anche al di là della previdente e sagace sua opera d'amministrazione all'interno, è innegabile che mostrò, in più occasioni, sicurezza d'intuito politico. Si rese prontamente conto dello spirito dei nuovi tempi, e lo fece proprio, traendone riforme sociali e politiche per il suo popolo. Fu tra i primi a comprendere che la nuova unità germanica doveva necessariamente gravitare verso la Prussia; e fu tra i promotori del Fürstenbund per reagire contro la troppo invadente politica asburgica di Giuseppe II. Proposto nel 1787 per la corona d'Ungheria, con lucido giudizio della realtà, abilmente respinse l'ambigua tentazione. Prese parte, nel 1792, alla campagna di Francia, e fu, insieme col Goethe, a Valmy. Pur avendo aderito al Nordischer Bund, si schierò nel 1805 a fianco della Prussia contro Napoleone. Ma poi la forza degli eventi fu maggiore di lui. E, dopo Jena, dovette piegarsi dinanzi al vincitore e restar con le proprie modeste forze nell'orbita della sua azione militare e politica. Ne uscì con la guerra di liberazione del 1814; e al congresso di Vienna raggiunse un arrotondamento di confini e l'elevazione alla dignità granducale. Ma dovette anche piegarsi alle tendenze reazionarie sancite dal congresso: dopo l'assassinio di Kotzebue e i decreti di Karlsbad, nel 1818, fu costretto a togliere la libertà di stampa, che tenacemente aveva fino ad allora mantenuto. Il Goethe dice che "fu più grande del mondo che lo circondava". E certamente gli mancarono le circostanze; ma non fu tuttavia nemmeno uno di quegli uomini che sanno provocare essi stessi le circostanze necessarie alla costruzione della propria potenza.
Ma in una cosa rivelò qualità di sovrano veramente superiori: sentì che nella potenza politica e militare non risiede esclusivamente la grandezza d'un popolo, e avendo il dono di conoscere e di indovinare gli uomini, seppe raccogliere intorno a sé, assegnando a ciascuno il suo posto, quanti maggiormente eccellevano o erano destinati a eccellere nelle opere dell'arte e del pensiero. Accanto al Wieland e al Goethe, volle a Weimar anche il Herder, che nominò nel 1776 sopraintendente generale. Protesse lo Schiller, che chiamò nel 1790 a Jena e poi a Weimar nel 1795. Dando impulso al teatro, alla musica e a ogni genere di studî, impresse alla vita sociale della città, e soprattutto della corte, un tono di alta intellettualità. Promosse un grande sviluppo dell'università di Jena, che ascese sotto di lui al suo più grande splendore, tanto che nell'ultimo decennio del secolo, come professori o come studenti, vi si trovarono in gran parte riuniti i poeti e filosofi maggiori della nuova Germania: dai fratelli Humboldt ai fratelli Schlegel, dal Fichte allo Schelling, al Hegel, dal Hölderlin a Jean Paul. Mentre il classicismo fioriva a Weimar, la filosofia idealistica e il romanticismo nascevano a Jena; erano le due grandi correnti destinate ad alimentare la civiltà germanica di tutto un secolo; e il piccolo stato apparve, dinanzi alla coscienza tedesca, quasi simbolo dell'unità e potenza spirituale della nazione. Da Madame de Staël al Constant, al Coleridge, al Quinet, di anno in anno vi convennero tutti gli stranieri che più contribuirono a diffondere il culto della Germania nell'Europa del sec. XIX. Né è da svalutare la forza anche politica, che alla Germania ne derivò. Dopo la vasta catastrofe della guerra, nel 1918, fu nell'immagine della Weimar creata da Carlo Augusto che la Germania ritrovò, al disopra d'ogni interno disgregamento, il senso della sua unità; e fu a Weimar che essa si diede l'attuale costituzione.
Bibl.: Briefwechsel des Grossherzogs Karl August von S. W. mit Goethe, ed. H. Wahl, voll. 3, Berlino 1915-18; H. Wahl, K. A. v. Weimar, sein Leben in Briefen, Weimar 1928; F. Hartung, Das Grossherzogtum Sachsen-W. unter der Regierung Karl Augusts, Weimar 1923; W. Bode, K. A.s Jugendjahre, Berlino 1912; id., Damals in Weimar, Weimar 1910; Das Leben in Alt-Weimar, 3ª ed., Weimar 1922; e Der Weimarische Musenhof 1756-1781, Berlino 1917 (da completarsi con W. E. Wachsmuth, Der Weimarische Musenhof 1772-1807, Berlino 1844). E cfr. anche H. Düntzer, Goethe und K. A., 2ª ed., Lipsia 1888; H. Wahl, C. A.s Tagebuch, eine Quelle zu Goethes "Briefen aus der Schweiz", in Funde und Forschungen, Festgabe für T. Wahle, 1921; F. Hartung, C. A. von W. als Landesherr, in Historische Zeitschrift, CXXIV (1921).