MOSCA, Carlo Bernardo
– Nacque a Occhieppo, nel Biellese, il 6 novembre 1792, figlio primogenito di Lorenzo e di Prudenza Calanzano, dalla cui unione nacquero altri sei figli. Il padre era di semplici origini; la madre apparteneva a una famiglia poco più agiata (Occhieppo Superiore, parrocchia di S. Stefano, Registri dei battesimi e dei matrimoni ).
Mosca frequentò le scuole primarie a Graglia e quelle secondarie a Biella. A undici si iscrisse a un corso di retorica; frequentò il liceo a Casale Monferrato. Nel 1808 si presentò a Torino al concorso per l’accesso all’École polytechnique di Parigi, classificandosi tra i migliori: non fu accettato perché non aveva ancora compiuto il sedicesimo anno di età ma l’anno successivo, ripresentandosi al concorso a Genova, fu ammesso e si trasferì a Parigi.
L’École centrale des travaux publics era stata fondata a Parigi nel 1794 (l’anno seguente aveva assunto il nome di École polytechnique) allo scopo di formare specialisti addetti ai servizi tecnici civili e militari dello Stato. L’École era destinata alla formazione teorica ritenuta propedeutica per gli allievi ingegneri; uscendo dalla scuola ci si poteva specializzare nelle altre Écoles d’applications (artiglieria terrestre e navale, genio militare, genio marittimo, ingegneri-geografi, miniere, ponti e strade), il cui accesso era riservato esclusivamente ai polytechniciens (Gabetti - Marconi, 1968). Durante un corso di due anni, era fornita la cultura di base fisico-matematica per un’élite di tecnici sottoposti a un rigido impegno didattico e alla convivenza in un collegio (trasformato in caserma con Napoleone). Nel 1802 l’École polytechnique fu aperta anche agli studenti provenienti dalla 27a divisione militare e agli esami di ammissione poterono accedere anche i giovani piemontesi (Conte, 1994). Il concorso richiedeva l’esposizione del nuovo sistema metrico decimale, approfondite conoscenze di algebra e di geometria, trigonometria, statica, la conoscenza della lingua francese scritta e parlata (Arch. di Stato di Torino, Governo francese, ms. 1701, art. 13, 17 maggio 1811). I giovani di età compresa tra i 16 e i 20 anni erano esaminati in diverse città dello Stato (per l’Italia, Roma, Firenze, Parma, Genova e Torino). A partire dal 1805 fu introdotta una prova di disegno e dal 1807 una di lingua latina. Tra il 1804 e il 1813 furono ammessi 20 studenti piemontesi dei quali 12 sostennero l’esame a Torino.
Dal 1° novembre 1809 al 31 ottobre 1811 Mosca visse a Parigi per compiere gli studi di ingegneria, prima presso l’École polytechnique, poi presso l’École des ponts et chaussées. Sono stati ritrovati parte degli elaborati grafici con cui partecipò a tre dei concorsi banditi periodicamente dalla scuola per verificare le capacità acquisite dagli allievi: uno di architettura civile, una villa, datato 1812, il progetto di un ospedale per la Marina, con il quale vinse il secondo premio, e un progetto di opere idrauliche con il quale si aggiudicò il primo premio.
Nel 1812 iniziò la sua carriera in qualità di ingegnere dei ponts et chaussées a Tulle nel dipartimento del Corrèze. Dopo la morte della madre, nel 1813, chiese l’avvicinamento alla famiglia e fu trasferito a Savona nel dipartimento di Montenotte. Il 18 aprile 1814 fu richiamato a Parigi, minacciata dalle forze della coalizione antinapoleonica e in qualità di tenente della guardia nazionale lavorò alle fortificazioni di Montmartre. Con la Restaurazione scelse di rientrare definitivamente in Piemonte: in qualità di delegato del governo sardo venne inviato in missione speciale a Conflans, in Savoia, per sovrintendere alla reintroduzione delle autorità militari e civili e al riordinamento del servizio stradale. Impegnato negli studi e forse minato dallo sforzo di provvedere ai fratelli più giovani, Mosca aveva una salute cagionevole, spesso vittima di una logorante instabilità psicologica. Molte delle scelte professionali furono influenzate da malattie e ricadute, ma anche dalla grande fede, austerità, dirittura morale e onestà intellettuale che contraddistinsero la sua intera esistenza.
Nel 1815 fu nominato ingegnere provvisorio in servizio a Savona e l’8 luglio 1816 ingegnere civile di seconda classe, confermato nel servizio della provincia di Savona, all’interno della Intendenza generale di ponti, acque, strade e selve da poco istituita. Con questo ruolo si fece carico di molti progetti di manutenzione e progettazione di strade, ponti ed edifici. Il 15 gennaio 1817 fu destinato al servizio della Riviera di Ponente e il 20 gennaio ricevette l’incarico ispettivo interinale per la provincia di Acqui. Il 5 dicembre 1817 con regio biglietto fu promosso ingegnere di prima classe con grado e paga di capitano; nel mese di giugno 1818 fu trasferito a Torino con l’incarico di ingegnere della provincia. In questa veste fu autore dei piani della strada per Chieri, attraverso Pino Torinese, della strada per Piacenza, delle circonvallazioni di Rivoli e della parte bassa di Moncalieri, col progetto di un ponte in legno sul Po. Studiò inoltre i ripari per i ponti in legno sui fiumi Orco e Malone, tra Brandizzo e Chivasso.
Nel 1819 fu insignito dalla Regia Università di Torino della laurea in ingegneria idraulica, esonerato dal sostenere tutti gli esami. Nello stesso anno fu nominato ingegnere civile e idraulico dall’Ordine mauriziano e assunse la manutenzione del suo patrimonio. A partire dal 7 novembre 1820 fu nominato segretario del Congresso permanente e del Consiglio superiore di pontie strade, incarico che mantenne sino al 1848. Nel 1822 avviò la progettazione del ponte sul fiume Tesso a Lanzo, realizzato nel 1826 con una struttura in laterizio. Nello stesso anno si occupò di progettare, per l’Ordine mauriziano, la trasformazione in casa di abitazione con annessi magazzini e botteghe del convento e della chiesa, già degli antoniani, in via Po a Torino. Tra il 1822 e il 1823 si dedicò al progetto del ponte in pietra sulla Dora, ad arco unico ribassato, realizzato negli anni successivi .
La struttura, destinata a diventare l’opera che meglio rappresenta l’attività dell’ingegnere e la sua formazione politecnica, segnò un punto di arrivo nella storia della costruzione dei ponti in muratura. La soluzione ad arco unico, ideata per risolvere il problema dell’attraversamento obliquo della Dora, fu preferita a quelle a tre arcate rette o oblique, che avrebbero imposto una correzione del corso del fiume. La cultura tecnica di impronta francese emerse nell’ardito progetto del ponte di 45 m di luce e soli 5,5 m di freccia. Il ponte, oltre a essere esempio di perizia progettuale e di raffinata conoscenza delle più aggiornate tecniche di costruzione, pur radicate nella tradizione architettonica locale, doveva fare da innesco a un processo di riqualificazione urbanistica e architettonica della zona a nord di Torino. Nelle intenzioni del progettista, infatti, doveva essere inserito in un più vasto programma urbanistico per il Borgo Dora, in stretto rapporto con la volontà di espansione della città e la definizione dell’ingresso da Nord.
Negli anni Venti Mosca intervenne nella parte settentrionale di piazza Emanuele Filiberto (attuale piazza della Repubblica) con un piano che prevedeva una serie di isolati a portici tali da definire l’ingresso della città secondo un’architettura urbana di ricercato decoro. Le costruzioni private furono incoraggiate dal regio biglietto del 27 maggio 1826 che esentava per trent’anni dall’imposta prediale «le fabbriche a costruirsi pel compimento della piazza Emanuele Filiberto verso il Ponte di Dora» (Arch. storico della città di Torino, s. 1K, Regi Biglietti, 1820-1833, n. 9, c. 239, 27 maggio 1826). Nonostante gli incentivi l’attività edilizia stentò a decollare nell’area a settentrione; del piano di Mosca furono realizzati solo il ponte e i primi due isolati prossimi alla piazza della Repubblica.
Nel 1824 fu incaricato di progettare, nella basilica Mauriziana, gli apparati per i funerali di Vittorio Emanuele I. Il 2 aprile 1825 fu nominato ispettore di seconda classe del genio civile, incaricato per le province di Alessandria e Genova, e professore nella Accademia militare di Torino. Nel maggio 1825 fu posata la prima pietra del ponte sulla Dora; a Mosca si affiancò il fratello Giuseppe, dal 1826 ingegnere nel genio civile, e da quel momento suo stretto collaboratore nella progettazione e nella direzione dei cantieri. Nell’ottobre 1826 il marchese Girolamo Ricci, delle Regie Gabelle, gli affidò la consulenza e il progetto per la ricostruzione della diga che fungeva da alimentatore delle acque per la Manifattura tabacchi al Regio Parco. Tra il 1826 e il 1833 fu impegnato nella progettazione dell’edificio per l’Ordine mauriziano in piazza Emanuele Filiberto. I lavori, sospesi, del ponte sulla Dora, furono ripresi nel 1828: il 12 dicembre si concluse il disarmo del ponte. Nell’agosto 1829 Mosca firmò il progetto dei ‘murazzi’ e dei muri di contenimento da costruire a monte e a valle del ponte napoleonico sul Po nella zona centrale di Torino, e l’anno successivo progettò la sistemazione degli archivi dell’Ordine mauriziano.
Gli anni Trenta videro Mosca ormai affermato progettista e direttore di importanti lavori. In questi anni cominciò ad affiancare alla sua attività di funzionario al servizio dello Stato, impegnato in particolar modo nella progettazione delle infrastrutture del territorio, quella di professionista al servizio del sovrano e della corte. Per rispondere alle nuove richieste dimostrò di essere in possesso di ulteriori competenze, legate maggiormente all’ornato architettonico, alla composizione degli spazi e alla decorazione. Dopo la morte, il 27 marzo 1831, del re Carlo Felice, progettò gli apparati funebri nella basilica Mauriziana; il 21 novembre Carlo Alberto lo nominò primo architetto idraulico (Arch. di Stato di Torino, Patenti controllo finanze, 1831, cc. 63, 175).
Mosca ricoprì il ruolo di primo architetto che era stato di Carlo Randoni, superando Ferdinando Bonsignore ritenuto abile nel disegno, ma non così esperto nella direzione dei lavori. La formazione politecnica gli permise di ottenere la funzione di: «ispezione sopra le fabbriche di Reale abitazione od uso, subordinatamente a S.E. il Gran Ciambellano, ed all’Intendente Generale della Real Casa» (Arch. di Stato di Torino, Archivio Alfieri, 30, f. 3). Inoltre il primo architetto, cui era affidato il servizio della sessione di Torino, doveva esaminare, approvare e sovrintendere i progetti di interventi ordinari e straordinari proposti dai regi architetti delle varie divisioni in cui era diviso il territorio del Regno (Genova, Chambéry, Alessandria e Nizza).
Mosca divenne uno dei primi dodici membri dell’Ordine civile di Savoia e fu ammesso nel 1831 all’Accademia Albertina, quale professore onorario. Nel 1832 realizzò le nuove scuderie nei giardini reali. Il 5 febbraio 1833 firmò il progetto per il salone da ballo di palazzo reale e, il 13 marzo dello stesso anno, Carlo Alberto lo incaricò di recarsi in Francia e in Inghilterra per studiare il nuovo metodo, adottato dall’ingegnere inglese Isambard Kingdom Brunel, per la costruzione di ponti sospesi sostenuti da fasci di cavi metallici. Fu accompagnato dall’allievo ingegnere Giuseppe Bella che disegnò le opere visitate. Al termine del viaggio scrisse una relazione destinata, con i disegni, a diventare un volume a stampa: problemi di salute ne impedirono la pubblicazione.
Tra il 1832 e il 1839 fu impegnato nella progettazione e realizzazione dell’ampliamento dell’ospedale dei Ss. Maurizio e Lazzaro. All’inizio del 1833, su incarico del gran priore dell’Ordine mauriziano, formulò la prima idea per la facciata della basilica Mauriziana: la proposta si concretizzò in una serie di disegni sottoposti e approvati da Carlo Alberto nei primi mesi del 1834. Un comitato appositamente costituito incaricò ufficialmente Mosca e il progetto fu sottoposto al Consiglio degli edili «essendo opera pubblica» (Torino, Arch. Ordine Mauriziano, Sessioni originali, 1° semestre 1834).
Il progetto di massima è composto da «tre fogli di disegno più d’uno schizzo del S.r Prof. Vacca per dipingere a fresco l’interno della gran cupola» (Torino, Politecnico, Arch. Mosca, Lotto Dicas, nn. 289-292, 298). La facciata fu prevista in pietra di Malanaggio, con basi e capitelli in marmo bianco; l’attico a coronamento delle quattro colonne di ordine corinzio era al contempo basamento per il tamburo finestrato della cupola da ultimarsi e rivestire in piombo. Al fine di contenere le spese Mosca scelse di mantenere le strutture seicentesche del tamburo della cupola e di ripercorrere, con la nuova facciata, dimensioni e proporzioni del prospetto preesistente. La commissione nominata dal Consiglio degli edili (composta da Benedetto Brunati, Carlo Desiderio Ravera e Giuseppe Formento) riconobbe il progetto degno di nota, tuttavia indicò alcune modifiche al fine di donare all’edificio maggiore decoro. Un maggiore stanziamento economico permise di modificare le dimensioni della facciata, innalzando l’ordine, riducendo l’intercolumnio centrale, aumentando l’altezza del basamento, eliminando la primitiva finestra serliana, riducendo le lesene del tamburo a grandi lesene binate (motivo che prosegue sull’estradosso della cupola). Le soluzioni proposte da Mosca furono numerose prima di giungere alla realizzazione del fronte aggettante rispetto al volume della chiesa, del pronao tetrastilo corinzio ‘a foglie d’ulivo’ in marmo bianco di Frabosa. La copertura in piombo della cupola fu preferita dal progettista rispetto alla preesistente muratura laterizia a vista giudicata troppo rustica. Le diverse soluzioni si differenziano essenzialmente per il numero di colonne (quattro e sei), per il posizionamento delle due statue dedicate a s. Maurizio e s. Lazzaro (in una versione precedente previste in nicchie e poi appoggiate sul basamento) e per un graduale processo di semplificazione dell’apparato decorativo.
Il 10 agosto 1834 ricevette l’incarico dalla presidenza della Municipalità di Berna di esaminare, con gli ingegneri Carlo Donegani di Milano e Negretti di Zurigo, alcuni progetti di un ponte da costruirsi sul fiume Aar. La municipalità elvetica richiese, inoltre, di affrontare il problema dei collegamenti con le città più importanti e dell’inserimento del nuovo ponte in relazione con il nucleo urbano medievale. Nel 1835 fu chiamato dal Cantone di Vaud: a Losanna gli fu richiesto un parere sulla costruzione di un ponte in pietra e ricevette dall’intendente generale della Savoia l’incarico di visitare i lavori ai ponti e strade di quella provincia.
L’8 aprile 1836 firmò, in collaborazione con il fratello Giuseppe, un progetto per l’ospedale di Valenza. Fu ricostruita completamente la manica a nord, realizzando una cappella al primo piano, delimitata da un colonnato, a separare i reparti di degenza maschili e femminili. Nell’edificio applicò i criteri funzionalisti seguendo quei principi compositivi di simmetria e regolarità appresi nel corso tenuto all’Ecole polytechnique da Jean-Nicolas Louis Durand.Nel 1836 gli fu richiesto un progetto per la chiesa di Calasetta, borgo antistante l’isola di Sant’Antioco, in Sardegna; per l’edificio scelse la pianta basilicale a tre navate coperte a botte.
Nel 1837 Carlo Alberto istituì una commissione di studio per il problema ferroviario. Mosca, fra i commissari, scrisse una dettagliata relazione in cui evidenziò la complessa conformazione orografica dei territori sabaudi; intervenne sulla scelta dell’affidamento della costruzione ai privati o allo Stato, elogiando l’esempio belga in cui lo Stato si era fatto carico delle spese. Dimostrò notevole interesse per il collegamento tra Arona e Ginevra, snodo ferroviario di particolare importanza per poter raggiungere il Nord dell’Europa e i grandi porti. Si dimostrò lungimirante perché questa mancata scelta penalizzò enormemente il Piemonte rispetto alla Lombardia.
Sull’esempio di paesi maggiormente industrializzati, quali la Francia e la Gran Bretagna, anche in Piemonte era maturata la convinzione che il trasporto su rotaia potesse eliminare i non pochi problemi che la viabilità tradizionale non riusciva a risolvere. Gli anni Trenta accrebbero la consapevolezza da parte di molti, tecnici e imprenditori, della necessità di avviare il processo di costruzione di una rete statale che potesse allacciarsi con le strade ferrate già realizzate da altre nazioni (fra tutte la Francia). In Piemonte la tratta di attraversamento dell’Alessandrino verso lo sbocco sul mare ebbe la priorità agli occhi degli ingegneri progettisti; tuttavia, non mancarono bocciature ai progetti di volta in volta presentati. La necessità di collegare Genova con la pianura Padana, con Torino, ma anche con Milano e la Svizzera spronò le autorità a ipotizzare un accordo con gli Austriaci per snellire la rete ferroviaria che si doveva costruire. Necessitavano opportune indicazioni sulla via da scegliere per collegare Genova, il Piemonte e i territori Oltralpe.
Nel novembre 1838 Mosca fu nominato ispettore di prima classe nel genio civile; nel 1839 entrò nell’Istituto lombardo di Brera, nel 1842 nel primo Consiglio direttivo della Società promotrice di belle arti in Torino, nel 1843 fu ammesso all’Accademia delle scienze. Il 20 agosto 1840 presentò i progetti per la chiesa del Voto, dedicata alla Madonna delle Grazie, da costruirsi a Nizza Marittima, quale ringraziamento della cittadinanza per aver preservato nel 1832 la città da un’epidemia di colera. Lo stanziamento di 40.000 lire permise di progettare una chiesa in grado di ospitare tra i 1500 e i 2000 fedeli. Nel 1843 curò, con la collaborazione degli ingegneri Amedeo Peyron e Valentino Foglietti, il restauro della facciata seicentesca su via della Basilica dell’ospedale dei Ss. Maurizio e Lazzaro, essendo contemporaneamente impegnato nelle questioni relative alla linea ferroviaria Genova-Alessandria.
Una commissione con a capo Mosca, affiancato da Pietro Bosso e Giovanni Negretti, fu incaricata di effettuare un esame completo del progetto ferroviario presentato dall’ingegnere Kingdom Isambard Brunel. Le osservazioni furono anche compiute direttamente sul campo, analizzando il tracciato proposto: il 26 dicembre 1843 giunsero a Torino le relazioni e i disegni di Brunel, corredati dai progetti della galleria di Sheffield, per un adeguato confronto con il progetto di attraversamento dei Giovi. Con regie patenti del 13 febbraio 1845, Carlo Alberto deliberò che la costruzione della rete ferroviaria fosse a spese dello Stato e l’incarico della direzione dei lavori del tratto Genova-Alessandria affidato a Brunel. Questi accettò, ma si dimise alla fine dell’anno, sostituito da Michel-Henri-Joseph Maus già nominato Ingegnere onorario del genio civile sardo.
Tra il 1845 e il 1854, anno del suo pensionamento, Mosca entrò a far parte del Consiglio speciale delle strade ferrate, l’organo incaricato di sovrintendere l’impianto della rete ferroviaria negli Stati sardi. Dopo la proclamazione dello Statuto albertino, nel 1848, fu nominato senatore del Regno per meriti scientifici, impegnandosi nella presentazione di diversi progetti di legge riguardanti i lavori pubblici. Nello stesso anno progettò la ristrutturazione dell’ex collegio dei gesuiti in via Dora Grossa, l’attuale via Garibaldi. L’anno successivo, fece parte della commissione incaricata degli allestimenti per i funerali a Torino di Carlo Alberto, morto in esilio a Oporto. Nel marzo 1849 progettò l’ospedale Mauriziano di Lanzo, prevedendo il rifacimento pressoché totale delle strutture più antiche, mantenute solo in piccola parte. Nello stesso anno fu eletto nel Consiglio comunale di Torino, dove rimase sino al 1859. Il 20 novembre 1851 un decreto di Vittorio Emanuele II lo inserì nella commissione destinata a proporre un nuovo ordinamento per il genio civile, ormai destinato a un aggiornamento, date le sempre più moderne esigenze cui far fronte.
Nel 1853 fu nominato accademico di S. Luca e l’anno successivo chiese il pensionamento al genio civile per motivi di salute, dimettendosi contemporaneamente dal Consiglio speciale delle strade ferrate. Il 1° aprile gli fu concessa la pensione. Continuò a essere attivo sia nel Consiglio comunale torinese sia nel Senato dove ancora nel 1865, già malato, fu relatore della proposta per l’alienazione della Società ferroviaria Vittorio Emanuele. L’anno successivo fu tra i 60 promotori della Società degli ingegneri ed industriali in Torino (poi Società degli ingegneri ed architetti in Torino).
Morì nella casa di Rivalta Torinese il 13 luglio 1867.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Lavori Pubblici, Genio civile, Personale, 1816-1860, ms. 336; Materie economiche, Strade e ponti, mss. 5, 8, 9, 11, 13, 20; Strade ferrate, Verbali delle Sedute del Consiglio speciale delle Strade ferrate, mss. 157-158; Torino, Politecnico, Archivio Mosca, Lotto DISET; ibid., Lotto Dicas; Ibid., Archivio Ordine mauriziano, Registri sessioni, 1819-1843; P. Richelmy, Notizie biografiche intorno al commendatore C.B. M., in Atti della Regia Accademia delle scienzedi Torino, III (1867), pp. 390-412; L. Mosca, Cenni biografici intorno a C.B. M.…, Torino 1869; C. Mosca, Il ponte Mosca sulla Dora Riparia in Torino. Dissertazione…, Torino 1873; B. Signorelli, C. M., in Studi piemontesi, XI (1982), 2, pp. 446-453; C.B. M. (1792-1867). Un ingegnere architetto tra Illuminismo e Restaurazione, a cura di V. Comoli - L. Guardamagna - M. Viglino, Milano 1997. Per gli studi compiuti presso l’École polytechnique cfr.: A. Fourcy, Histoire de l’École polytecnicque, Paris 1828; R. Gabetti - P. Marconi, L’insegnamento dell’architettura nel sistema didattico franco-italiano (1789-1922), Torino 1968; A. Conte, Gli studenti piemontesi all’Ecole polytechnique di Parigi, in All’ombra dell’Aquila imperiale… Atti del Convegno, Torino… 1990, Roma 1994, pp. 598-609; A. Dameri, Giovanni Antonio Carbonazzi e gli studenti piemontesi all’École polytechnique, Giovanni Antonio Carbonazzi. Ingegnere del Genio civile e «grand commis» dei lavori pubblici del Regno di Sardegna (1792-1873). Atti della Giornata di studi, Felizzano… 1997, a cura di N. Vassallo, Alessandria 1999, pp. 45-51.