BERTOLAZZI, Carlo
Commediografo, nato a Milano nel 1870. Esordì nel 1888 con un dramma in 4 atti, Mamma Teresa, e con un lavoro in un atto, Ave Maria; una Trilogia di Gilda, in tre atti, affidata l'anno appresso (1889) alla compagnia Checchi-Serafini, fu fischiata. Grandi consensi suscitò invece un monologo, Lezione per domani, recitato (1890) da una bambina prodigio, Dora Lambertini. Ma allora il B. credette d'intravedere un'altra via, e ripiegò sul dialetto: Ona scena della vita, scritta in vernacolo milanese, rappresentata pure nel '90 e nello stesso teatro dalla compagnia dialettale Sbodio e Carnaghi, fu finalmente un trionfo. Artista bohème, collaboratore della Sera e del Guerin Meschino, ufficiale degli alpini, diplomato segretario comunale, il B. menò esistenza affannosa e infelice; e, precocemente malato, si spense nel giugno 1916.
Commediografo nato, osservatore facile, portato a contemplar la vita sotto la specie della rappresentazione teatrale, il B. lascia prevalere con compiacenza amara nell'opera sua, anche dov'egli sembra sorridere con più spensieratezza, un fondo accorato e pessimista, ch'è proprio degli autori del suo tempo. Ma, fiorito accanto a quei commediografi di cui, specie nella sua Milano dove facevano centro, erano note le predilezioni salottiere, egli se ne distinse, oltre che per un'arte certo più rude e immatura, per una sua vena popolana, a cui dobbiamo la massima parte delle sue cose migliori. E perciò, anche se alla sua Lulù si debbano riconoscere doti di freschezza e di verità viva, non c'è dubbio che le sue commedie più felici sono quelle scritte, o pensate, o facilmente riducibili in dialetto. In El nost Milan, per esempio, e nella Gibigianna, egli ebbe momenti felici nella pittura delle folle cittadine; e nella seconda riuscì a porre il contrasto fra poveri e ricchi con toni di saporita efficacia. Al dialetto veneziano (in mancanza, si disse, d'adeguati interpreti milanesi) furon trasportate, per Ferruccio Benini, La zitella, ribattezzata Una tosa al palo; e L'Egoista, vigorosa commedia di carattere in quattro quadri, nella quale il protagonista gradatamente sacrifica tutte le persone che gli stan vicino: il fratello, la moglie, la figlia: il quarto atto, pieno di gelo, rappresenta la squallida atroce vecchiaia dell'uomo che si avvia alla fine tuttora voracemente nutrendosi del sacrificio altrui. E nella riduzione al dialetto guadagnerebbero certamente, di morbidezza e di grazia, anche altre commedie di pretese assai minori, come per es. Il diavolo e l'acqua santa, Lorenzo e il suo avvocato. L'elenco completo delle opere del B. è nel vol. I del Teatro di C. B. (Milano 1915), notevole anche per le prefazioni autobiografiche alle sei commedie che vi si contengono.
Bibl.: G. Roberti, St. del teatro contemp., 2ª ed., II, Bologna 1928.