BIGNAMI, Carlo
Nacque a Milano il 6 genn. 1808, da Paolo e da Maddalena Marliani, una delle tre gentildonne cantate dal Foscolo come sacerdotessa delle Grazie. La famiglia, dopo aver subito nel 1813 un dissesto finanziario, si trasferì in Bologna, dove il B. compì gli studi e si laureò (1829) in filosofia e matematica.
Animato da idee liberali a tendenza moderata, durante i moti del 1831 il B. fece parte, col grado di sottotenente, della colonna della guardia civica comandata dal colonnello A. Guidotti, che si spinse fino ad Otricoli in soccorso delle truppe di G. Sercognani. Conseguì in pochi mesi il grado di maggiore, ma, dopo la nuova occupazione austriaca, avvenuta nel febbraio 1832, dovette interrompere l'attività militare e allontanarsi da Bologna.
Ritornato nel 1836, si dedicò, insieme con i fratelli Enea e Rocco, all'attività bancaria, finché le vicende del 1848 lo riportarono in vista come ufficiale e competente di guerra. Il 19 marzo si avviò, al comando di una colonna della guardia civica, in soccorso di Modena, che si era ribellata a Francesco V. Quindi, ai primi di aprile, su proposta del cardinale legato L. Amat di San Filippo, ebbe il comando di un battaglione della guardia civica bolognese, di cui iniziò subito l'addestramento, coadiuvato da C. Berti Pichat e da C. Zanetti. All'inizio di maggio il battaglione partì in aiuto alla rivoluzione veneziana; giunto il 10 a Padova, presidiò la città e i dintorni fino al 13 giugno; quindi si trasferì in Venezia, dove fu unito con un altro battaglione bolognese, affluito in giugno, agli ordini di P. Scarselli, in una formazione unica, che si denominò Legione bolognese e passò interamente sotto il comando del B., insignito del grado di colonnello.
Accresciuta da tre compagnie marchigiane, essa prese parte a tre importanti fatti d'armi, rispettivamente nelle giornate del 7 luglio alla Cavanella d'Adige, del 19 luglio a Marghera e del 27 ott. 1848 a Mestre. I Bolognesi si segnalarono nell'attacco alla baionetta, subendo perdite relativamente lievi.
Vi furono per il B. momenti difficili da superare, per l'epidemia, propagatasi anche tra le sue truppe nella grave situazione sanitaria di Venezia assediata, e per le istanze di molti uomini, i quali, sapendo la città e le loro famiglie in pericolo dopo l'assalto austriaco dell'8 ag. 1848, intendevano tornare a Bologna. Ma il B. espresse il fermo proposito di continuare l'opera in difesa di Venezia, riuscendo a mantenere la compattezza della Legione. Egli migliorò anche la condotta del disparato elemento militare posto ai suoi ordini, dedito spesso al giuoco e facile alle risse.
Frattanto, la situazione politica nello Stato pontificio precipitava e, dopo la proclamazione della Repubblica romana, giunse alla Legione bolognese l'ordine di rimpatriare. Il 23 dicembre i militi rientrarono nella loro città, dove un mese dopo il B. veniva eletto deputato all'assemblea costituente romana, ai cui lavori però non risulta abbia partecipato.
Gli uomini della Legione furono quindi inviati a Roma, ove costituirono il 1º battaglione dell'XI reggimento di linea, mentre il B., rimasto a Bologna, fu nominato generale della guardia civica. Nel maggio 1849 la città venne investita dagli Austriaci; il B., insieme con i colonnelli Pichi, Boldrini e Mariscotti e i maggiori Colombarini e Paolucci, fece parte della commissione di difesa, istituita dal preside O. Biancoli, la quale ben presto deliberò di cessare la resistenza, mentre la città, per iniziativa di popolo, continuò ad opporsi agli Austriaci ancora per qualche giorno. Intanto il B., per motivi di salute, veniva sostituito come comandante della guardia civica dal conte Malvezzi.
Il suo operato, come quello di tutta la commissione di difesa e del preside Biancoli, fu oggetto di aspre critiche, sia negli ambienti romani sia tra i concittadini. In realtà, il destino della città era segnato da uno sfavorevole rapporto di forze, anche per l'assenza delle truppe dislocate alla difesa di Roma e vanamente richieste. È tuttavia vero che la commissione di difesa si lasciò condizionare in partenza dalla negativa valutazione, puramente militare, di questi dati di fatto e che, trattenuta dalla mentalità moderata, prevalente tra i suoi membri, non cercò di poggiare l'azione di resistenza sullo strenuo, anche se torbido, entusiasmo popolare. Sull'inerzia del B. in quel frangente influirono, senza dubbio, le cagionevoli condizioni di salute, tali da impedirgli, anche dieci anni dopo, di rientrare in servizio.
Il B. lasciò in seguito Bologna, trasferendosi a Lucca, dove morì il 20 ag. 1885.
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