BINI, Carlo
Nacque a Livorno il 1° dicembre 1806. Il padre lo costrinse al commercio, nonostante il suo amore per gli studî e il suo temperamento di solitario. Col Guerrazzi, col Mazzini, col Tommaseo, con Elia Benza pubblicò l'Indicatore livornese. Sospeso il giornale per ragioni politiche, sospettato dalla polizia del granduca, sequestrata una sua lettera in gergo al Benza, fu incarcerato a Portoferraio nel 1833. Là compose il Manoscritto di un prigioniero, l'opera che gli diede fama (v. Scritti editi e postumi, Livorno 1843). Dopo una breve prigionia, tornò al commercio e agli studî. Morì a Carrara, di apoplessia, il 12 novembre 1842.
Temperamento di sentimentale e di romantico, lo descrivono bene le parole del Mazzini, che dettò l'epigrafe per la sua tomba e un proemio per l'edizione citata: "La sua calma era calma di vittima; il suo sorriso, dacché ridere nol vidi mai, un sorriso d'esule, dei più mesti ch'io m'abbia incontrati". Tradusse, per affinità di indole, da Byron e da Sterne; appartenne alla schiera degli umoristi divaganti, e derivò qualche atteggiamento da modelli stranieri. Nella sua opera maggiore, infatti, alla descrizione della sua vita di carcerato s'intrecciano considerazioni sociali e politiche, riflessioni sul suicidio, sul libero arbitrio, sull'esistenza di Dio, sulle donne. Degne di ricordo le Lettere all'Adele (a cura di A. Mangini e D. Provenzal, Roma 1926), epistolario tipico del periodo romantico, con atteggiamenti foscoliani e titanici, che svela facilmente le debolezze dell'uomo. Le lettere sono indirizzate ad Adele Perfetti de Witt.
Bibl.: Per la bibliografia delle opere e della critica: A. Mangini, Carlo Bini, in Nuova Antologia, 16 agosto 1907; poi le prefazioni di G. Levantini-Pieroni alle edizioni degli Scritti di Carlo Bini, Firenze 1869 e 1900; G. Rabizzani, Sterne in Italia. Riflessi nostrani dell'umorismo sentimentale, Roma 1920, parte 3ª.