BURATTI, Carlo
Citato dal Pascoli tra gli architetti allievi di Carlo Fontana, "servì D. Livio Odescalchi nell'assistere al condotto dell'acqua di Bracciano e nel dirigere la ristorazione del duomo d'Albano e l'erezione della facciata". Bracciano fu venduta a Livio Odescalchi il 22 maggio 1695 e, quindi è dopo questa data che bisogna cercare le testimonianze documentarie di questa attività, cosa peraltro oggi impossibile, data l'inaccessibilità dell'archivio Odescalchi.
Se l'intervento del B. si limitò per l'acquedotto di Bracciano ad una pura opera di ingegneria, nel restauro della cattedrale di Albano, e ancor più nella facciata, eretta secondo i suoi disegni, si può leggere per intero la personalità di questo architetto minore, lontano sia dalle contaminazioni berniniano-borrominiane, sia dalle maniere "barocchette" che fiorivano nella Roma del XVIII secolo. Nella grande facciata a ordine unico di lesene e dal finestrone centrale centinato è evidente il segno della lezione classicista berniniana - non, quindi, del Bernini maggiore, ma piuttosto di quello della facciata di S. Bibiana a Roma e della chiesa di S. Tommaso a Castel Gandolfo - che non risulta peraltro del tutto assimilata, ma piuttosto interpretata nel senso più limitativo: al fine di raggiungere toni asciutti e monumentalistici ad un tempo, che sono stati recentemente avvicinati alla cultura dell'Arcadia (Benedetti).
Certo è che il B. era già noto come architetto: il 18 genn. 1695 era stato difatti inaugurato il rinnovato teatro in palazzo Capranica, che il B. aveva ricostruito in pochi mesi insieme con Pietro Gabrielli: teatro che risultò così "ricco e vago di ornati e dorature" da essere giudicato quasi una "galleria" (A. Cametti, Il teatro di Tordinona, I, Tivoli 1938, p. 78).
Nella seduta del 4 ott. 1697 dell'Accademia di S. Luca il B. fu nominato accademico (Arch. stor. dell'Accademia, Libro delle Congregationi... 1674-1699, vol. 45, f.170), e il 27 apr. 1698 insegnante di architettura (ibid., vol. 46, f. 91). Egli appare inoltre più volte come giudice dei concorsi clementini, il che testimonia il prestigio da lui conquistato nell'ambiente romano. Nel 1702 venne chiamato a Benevento dall'arcivescovo Vincenzo Maria Orsini (il futuro papa Benedetto XIII), su indicazione della Congregazione del Buon Governo, per collaborare con G. B. Nauclerio e F. Raguzzini alla ricostruzione della città, distrutta per la seconda volta dal terremoto. Il B. operò quindi nella ristrutturazione urbanistica, costruendo in proprio l'acquedotto e, forse, la fontana monumentale in piazza dell'Episcopio. Dai nuovi documenti pubblicati recentemente dal Basile, risulta però che l'intervento urbanistico più notevole del B. è la ristrutturazione di piazza S. Sofia, iniziata nel 1705. Nella piazza, gravemente danneggiata dal terremoto, il B. inserisce un monumentale portale, a ridosso delle mura, in corrispondenza dell'asse della chiesa: oltre a restauri al campanile e all'ampliamento della strada adducente al monastero, egli ridisegna la planimetria della piazza, dandole una forma ovale. In tal modo lo spazio urbano viene a caratterizzarsi in modo nuovo, secondo un modello non frequente nell'urbanistica barocca (ma ricordiamo le piazze ovali di S. Gregorio da Sassola [Roma] e di S. Oronzo, a Lecce). A Salerno il B. restaurò, con il Guglielmucci, il duomo, danneggiato dal terremoto del 1688. Da una minuta notarile conservata nell'Archivio storico dell'Accademia di S. Luca (busta 69, n. 291 in data 4 sett. 1723) risulta che nel 1718 Clemente XI aveva imposto all'accademia di restaurare la chiesa dei SS. Luca e Martina. I lavori furono affidati al fabbro murario Antonio Fontana sotto la direzione del B., che fece fare troppi lavori (Noehles, docc. 132, 135, pp. 358 s.), sicché l'accademia si rifiutò di rimborsare il Fontana, che aveva anticipato il denaro. Nel 1723 il B. fu condannato a restituirglielo personalmente.
Da un documento pubbl. dal Noehles (135, p. 359) risulta che va attribuito (ibid., p. n4) al B. il "plastico coronamento, mosso e asimmetrico" dell'altare con l'Assunta (nella stessa chiesa) che era stato donato da Carlo Fontana. Ultima opera, a Roma, è la chiesa del Bambin Gesù (1730 c.), le cui strutture egli riuscì a portare solo all'altezza di venti palmi (Gaddi): alla sua morte l'incarico di portare a termine l'edificio fu dato a F. Fuga, che rispettò l'impianto progettato dal B. (v. i disegni attr. al B. nel Gabinetto naz. delle stampe, Fondo Corsini, vol. 44, H 32, nn. 70421, 70428-70430, pubblicati dalla Bianchi).
La chiesa, come si presenta oggi, è la risultante di uno schema centrico, dominato da una cupola circolare, sovrapposto a uno schema longitudinale. La sua indeterminatezza spaziale, criticata da alcuni (Matthiae, Pane), risponde, con scarsa originalità, a una serie di ricerche condotte dagli architetti romani del XVII sec. sulla composizione di modelli planimetrici di diversa impostazione. Più interessante è la facciata esterna, la cui similitudine con quella della cattedrale di Albano si coglie a prima vista: solo che, questa volta, ripetuto lo schema a ordine unico su piccola scala ed inserito in un contesto urbano che lo richiama a rapporti metrici direttamente determinati dalla semplice impaginazione del fronte del lungo convento (in cui si incastona la chiesa), l'effetto monumentale dell'Ordine stesso genera un curioso contrasto con l'elementarietà della costruzione utilitaria, in un interessante effetto ambientale. Nella facciata della chiesa, su cui il Fuga è potuto intervenire in minor misura, i festoni laterali al finestrone centrale richiamano per analogia simili motivi figurativi fughiani.
Non si conosce la data di morte del B.: il 14 febbr. 1734 il suo nome compare per l'ultima volta fra quelli degli accademici di S. Luca presenti alla seduta della congregazione (Arch. stor. dell'Accad., Libro delle Congregationi... dal 1726 al 1738, vol. 49, f. 132).
Fonti e Bibl.: L. Pascoli, Vite de' pittori, scultori ed architetti moderni, II, Roma 1736, p. 549; G. B. Gaddi, Roma nobilitata nelle sue fabbriche, Roma 1736, p. 113; G. Vasi, Itinerario istruttivo..., Roma 1778, p. 137; M. Zani, Encicl. Metodica ...delle Belle Arti, I, 5, Parma 1820, p. 119; M. Rotili, F. Raguzzini e il rococò a Roma, Roma 1951, ad Indicem; G. Matthiae, F. Fuga e la sua opera romana, Roma s.d., pp. 19, 72; L. Bianchi, Disegni di F. Fuga... (catal.), Roma 1955, pp. 105-107; R. Pane, F. Fuga, Napoli 1956, p. 56; K. Noehles, La chiesa dei SS. Luca e Martina..., Roma 1969, ad Indicem; S. Basile, Restauri settecenteschi a Benevento, in Samnium, XLIII (1970), n. 3-4, pp. 185-195, passim; S. Benedetti, Per un'architettura dell'Arcadia, Roma 1730, in Controspazio, III (1971), n. 7-8, pp. 11, 17); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, V, p. 237.