CACCIA DOMINIONI, Carlo
Nato a Milano il 14 maggio 1802 dal conte Paolo e da Marianna Martignoni, ebbe la prima educazione in un ambiente familiare refrattario alle idee rivoluzionarie. Manifestata la vocazione religiosa, entrò nel 1811 nel seminario minore di Castello, sopra Lecco, dal quale passò ai seminari di Monza e Milano. Ordinato sacerdote nel 1826, fu in cura d'anime nelle parrocchie milanesi di S. Vittore al Corpo e di S. Maria delle Grazie, segnalandosi per zelo e pietà. Fu confessore straordinario dei seminaristi e direttore spirituale delle suore orsoline. Nel 1836, durante l'epidemia, si adoperò a favore dei colerosi.
Nel 1838 fu ascritto tra i canonici del duomo di Milano nell'ordine suddiaconale. Non subì, anche dopo l'avvento al papato di Pio IX, il fascino delle idee neoguelfe e fu del tutto estraneo al movimento patriottico; anzi nel 1848 biasimò la partecipazione di sacerdoti all'insurrezione contro l'Austria. In questi anni fu direttore dell'oratorio dell'istituto Patellari per le figlie pericolanti, prefetto e visitatore per la porta Vercellina, delegato alla disciplina dei seminari, membro della consulta ecclesiastica della diocesi, direttore degli oratori festivi della città e delle congregazioni urbane. L'11 dic. 1849 ottenne il primiceriato del capitolo metropolitano e, in tale veste, si espresse per l'allontanamento dai seminari degli insegnanti seguaci delle idee giobertiane e rosminiane. L'anno dopo manifestò la sua solidarietà all'arcivescovo di Torino, monsignor Fransoni, costretto dal governo sardo ad abbandonare la diocesi. Nel 1853 fu creato provicario generale e, successivamente, vescovo ausiliario della diocesi ambrosiana. Il 3 ag. 1857 fu consacrato arcivescovo titolare di Famagosta.
Alla morte dell'arcivescovo, Romilli (7 maggio 1859), il capitolo metropolitano lo elesse vicario capitolare sede vacante preferendolo a monsignore Paolo Ballerini. L'imperatore d'Austria, poi, facendo valere il suo diritto di presentazione, propose a Pio IX il Ballerini e il papa lo proclamò arcivescovo di Milano il 20 giugno 1859, quando gli Austriaci, sconfitti a Magenta, avevano già abbandonato la Lombardia. Il governo sardo non aderì alla nomina di un arcivescovo in fama d'austriacante e il Ballerini, anche per una vivace e insidiosa campagna di stampa, dovette abbandonare la diocesi che rimase, di fatto, affidata alla reggenza di monsignor Caccia.
Il C. condusse una dura lotta contro il clero liberale e patriottico che si era raccolto nella Società ecclesiastica e aveva fondato un giornale, Il Conciliatore, sostenendo l'opportunità del riavvicinamento tra Chiesa e Stato. Nel luglio 1860 Pio IX, non tenendo conto della opposizione del governo di Torino, perfezionò la nomina di monsignor Ballerini attribuendogli la giurisdizione arcivescovile; non potendo prender possesso della diocesi, lo stesso monsignor Ballerini confermò il C. come suo vicario. Questi combatté la partecipazione del clero alle manifestazioni patriottiche, ma una parte di esso gli si ribellò e l'ostilità popolare si espresse in un tentativo di aggressione in duomo (17 maggio 1861), che lo convinse ad abbandonare Milano e a prendere dimora nel seminario di Monza, donde continuò a governare l'arcidiocesi.
Il C. riuscì a provocare la soppressione del Conciliatore, che era stato pubblicamente riprovato dalla S. Sede, e lo scioglimento della Società ecclesiastica (1862); il clero liberale, pur opponendo una vivace difesa, documentata da numerosi opuscoli polemici, preferì la sottomissione. Ma nel dicembre 1863 i rosminiani iniziarono la pubblicazione di un nuovo giornale, Il Carroccio, promosso da Giovanni Battista Avignone e da Antonio Stoppani.
L'azione intrapresa dal C., con l'aiuto di oblati e religiosi, per imporre al clero obbedienza e disciplina esasperò il conflitto in atto nella Chiesa milanese: monsignor Arrigoni e monsignor Corsi, arcivescovi, rispettivamente, di Lucca e di Pisa, intervennero presso don Giulio Ratti, prevosto di S. Fedele e convinto rosminiano, e lo stesso C. invitandoli a promuovere la pacificazione "senza scapito dell'Autorità Diocesana da una parte e senza soverchio sacrificio d'amor proprio dall'altra".
Nel 1863 si aprì, tra il C. e il governo, una controversia per la copertura dei posti vacanti del capitolo del duomo sottoposti al regio patronato; l'autorità civile, in contrasto con le proposte della Curia, nominò tre sacerdoti appartenenti al clero liberale, tra i quali anche il fondatore del Carroccio, don Avignone. Ma il C. rifiutò loro la istituzione canonica e, chiamato a Torino dal ministro Pisanelli (dicembre 1863), non modificò il suo atteggiamento. Invitato nuovamente, nel gennaio 1864, a raggiungere la capitale entro quarantott'ore per conferire con il ministro, dichiarò che le condizioni di salute non gli consentivano di spostarsi e fu allora piantonato, per un breve periodo, nel seminario di Monza. La sentenza del Consiglio di Stato confermò che il rifiuto all'istituzione canonica dei sacerdoti nominati dal governo era stato abusivo; non furono però accolte le richieste del ministero in ordine all'allontanamento del vicario dalla diocesi.
Il 2 genn. 1864 iniziò le pubblicazioni in Milano L'Osservatore cattolico, giornale che intendeva contrapporsi al Carroccio sostenendo la linea intransigente; attorno all'Osservatore si raccolse il clero favorevole al C. e ciò segnò, dopo un quarantennio, la fine della prevalente influenza rosminiana.
Nello stesso anno il C. provvide alla riforma dell'educazione nei seminari, indirizzandola alla formazione di un rigido spirito intransigente e all'eliminazione di qualsiasi traccia di filosofia rosminiana e giobertiana. Egli favorì anche il sorgere in Milano di una sezione dell'Associazione cattolica italiana per la difesa della libertà della Chiesa promossa dall'avvocato G. B. Casoni di Bologna allo scopo di organizzare, accanto al clero, il laicato cattolico intransigente. L'influenza del vicario fu, pertanto, decisiva per il passaggio della diocesi milanese dal cattolicesimo transigente, d'ispirazione liberale e patriottica, all'intransigentismo che caratterizzò il movimento cattolico lombardo degli anni successivi.
Il C. si spense il 5 ott. 1866 nella villa Paradiso di Cornate, presso Milano.
Fonti e Bibl.: Oltre alla bibl. riportata alla voce Avignone, Giovanni Battista, in Diz. biogr. degli Italiani, IV, pp. 680 s., si vedano: F. Vittadini, Mons. C. C. ed una commissione di sacerdoti italiani, Milano 1861; L. Vitali, Le piaghe della Chiesa milanese, Milano 1863; C. Bonacina, Mons. C. C. e i suoi tempi, Milano 1906; A. Berselli, L'Assoc. cattolico-ital. per la difesa delle libertà della chiesa in Italia, in Quad. di cult. e storia sociale, III (1954), pp. 242 s.; L. Ambrosoli, Profilo del mov. catt. milanese nell'Ottocento, in Riv. stor. del socialismo, III (1960), pp. 690-93; C. Castiglioni, Società ecclesiastica in Milano (1860-63), in Mem. stor. della diocesi di Milano, IX (1962), pp. 9-39; G. De Rosa, Storia del mov. cattolico in Italia. Dalla restaurazione all'età giolittiana, Bari 1966, pp. 70 s.