Campanini, Carlo
Attore cinematografico e di rivista, nato a Torino il 5 ottobre 1906 e morto a Roma il 20 novembre 1984. Si dedicò assiduamente alla rivista, rivelando la sua straordinaria vena comica, e ottenne grande popolarità per le sue interpretazioni macchiettistiche nel cinema. Spalla classica, C. non disdegnava il suo ruolo ma piuttosto ne sottolineava la difficoltà e la funzione determinante nel generare comicità tanto che il suo nome è quasi sempre ricordato in coppia con altri: da Carlo Dapporto a Macario, da Walter Chiari a Totò.
Debuttò sul palcoscenico nel 1926 recitando in una delle più popolari compagnie dialettali, quella di M. Casaleggio, e continuò a portare con sé quel bagaglio in tutta la carriera, creando un carattere tipico piemontese che subito lo mise in mostra nel mondo della rivista fin dall'ingresso ufficiale nella compagnia di A. Maresca (1928). Dopo una lunga esperienza accanto a N. Navarrini e I. Bluette (1931-1935), si affermò nell'avanspettacolo prima come comico assoluto e poi in coppia con Carlo Dapporto, con il quale faceva una spassosa imitazione di Stanlio e Ollio. Esordì nel cinema nel 1939 in "Lo vedi come sei… Lo vedi come sei?!" di Mario Mattoli al fianco di Macario. Seguirono molte interpretazioni in film di successo, tra cui, in particolare, Le miserie del signor Travet (1945) di Mario Soldati, dalla commedia omonima di V. Bersezio, che il regista costruì sulla sua figura dolente e anti-moderna, offrendogli il ruolo del protagonista in cui risulta esaltata la sua vena piccolo-borghese, balbuziente e moralista. Interpretò quindi I due orfanelli (1947) e Un turco napoletano (1953), dalla commedia omonima di E. Scarpetta, film di Mattoli entrambi con Totò, e infine il curioso Follie d'estate (1963) di Edoardo Anton, accanto a molti protagonisti della commedia all'italiana e della comicità popolare. Ma fu il teatro a dargli le soddisfazioni migliori: dagli anni Cinquanta fu in coppia con Walter Chiari e, infine, negli anni Settanta, recitò insieme a Macario nella compagnia stabile piemontese del Teatro Carignano.
C., da perfetta spalla, seppe essere cattivo con il comico senza sovrastarlo, rispettando i tempi canonici ma al tempo stesso seguendo il partner nelle sue improvvisazioni: un compito duro che presuppone una conoscenza completa della macchina teatrale. C. aveva imparato ad apprezzare la forza del gioco comico-spalla seguendo dalla platea i trionfi dei fratelli De Rege a Torino negli anni Trenta, tanto che, vent'anni dopo, convinse Walter Chiari a rimodernare quel mito e quel repertorio in una serie di sketch esilaranti consegnati alla memoria televisiva, come accadde anche per la celeberrima scenetta del 'Sarchiapone', riproposta e dilatata a dismisura in molte occasioni.