CEPPI, Carlo
Nacque a Torino l'11 ott. 1829 dal conte Lorenzo, magistrato nobilitato nel 1846, deputato e senatore, e da Cristina Giulia Ceroni, figlia dell'architetto Giuseppe Antonio, e studiò con V. Promis, laureandosi (1851) ingegnere idraulico e architetto civile. Il Promis sarebbe stato, dal 1854, autore degli edifici, corretti ma impersonali, di corso Vittorio, nel tratto fra la neoclassica piazza Carlo Felice e il rondò destinato al monumento a Vittorio Emanuele II: tratto rilevante per la configurazione del nuovo ampliamento meridionale, che lasciò al C. il gusto dell'inquadramento armonico delle masse architettoniche, pur senza spegnerne le inclinazioni eclettiche. Dopo una breve permanenza nello studio di S. Grattoni - da cui uscì per insofferenza dell'ingegneria pura - il C. si dedicò al disegno ottenendo nel 1857 la nomina a professore aggiunto dell'Accademia militare e dando le prime prove con progetti di arredi sacri (1859, pulpito e confessionale della basilica mauriziana).
La notorietà gli venne dalla partecipazione al concorso per la facciata di S. Maria del Fiore a Firenze, bandito nel 1861 ed espletato nel '63: il suo progetto, "primo in merito", influenzò quello poi attuato dal Fabris. Tra il 1865 e il 1868 collaborò con A. Mazzucchelli alla stazione ferroviaria torinese di porta Nuova, caratterizzata da una immensa arcata su fronte ad ampi finestroni, e attese (1863-66) all'abbellimento della chiesa di S. Carlo. Nel 1869 - dopo aver per breve tempo tenuto la cattedra del Promis alla scuola degli ingegneri - fu chiamato a quella di architettura dell'università di Torino (di cui divenne titolare solo nel '93), mentre il suo matrimonio con Elena Ceriana gli apriva la via a numerose commissioni per ville e palazzi. Nell'attesa continuò a interessarsi all'edilizia sacra intervenendo nel 1874 nella sistemazione del pronao della chiesa delle sacramentine (progettata nel '43 da A. Dupuy ed eretta fra il 1846 e il 1850) e offrendo due anni dopo, con la chiesa di S. Gioacchino, una elaborazione originale degli schemi gotici, interpretati con indipendenza.
A tale eclettica assunzione dei più vari stili (al gotico si affiancheranno romanico e barocco) lo portava l'interesse per le moderne tecniche costruttive (compreso l'uso di materiali non tradizionali), la cui padronanza poteva consentirgli, senza nuocere alla funzionalità e giovando all'estetica, la massima libertà interpretativa. Tali premesse spiegano il ricorso, nel 1879, al barocco locale nel palazzo Ceriana, poi Peyron, in piazza Solferino, la cui peculiarità deriva, oltre che dal dosaggio equilibrato di forme iuvarriane e vittoniane, dalla ricercatezza dei particolari. Nei coevi palazzi Ceppi Marenco in via Pomba (1876), Ceriana Mayneri in corso Stati Uniti (1884), Ceriana Racca in via Arsenale (1887) e nelle case Giacobino, poi Wild (1879), Lanza, poi Borgogna (1881), in corso Vittorio Emanuele, Mondino (facciata) e Baudi di Selve in p. Solferino (1879) elementi romanici s'alternano ai rinascimentali in creazioni dignitose, bene inserite nel tessuto urbano e avvivate da squisite ornamentazioni. Al 1887, contemporaneamente al progetto per l'altar maggiore di S. Agostino e per quello - anteriore di un anno - dell'istituto dei sordomuti, appartiene la chiesa del Sacro Cuore di Maria (per lo meno i disegni recano tale data anche se l'ideazione è di poco precedente) in apparenza non dissimile da S. Gioacchino.
In realtà la pianta ha nette affinità con quella guariniana di S. Filippo - s'impernia infatti su tre ottagoni oblunghi disposti trasversalmente rispetto all'asse principale con cappelle pseudoesagonali, anch'esse oblunghe, ai lati -, mentre l'adesione al gotico, evidente nel verticalismo dei torrioni, s'attenua nel monumentale giro dell'abside e ancor più nelle tessitura fitta, del tutto libera da regole, della decorazione.
In quegli anni si precisa l'interesse del C. per i problemi urbanistici: ne è un esempio il proposito di sottrarre il tracciato viario alla geometricità tradizionale mediante l'apertura d'una diagonale (l'od. via P. Micca) fra le piazze Solferino e Castello. Per tale via il C. erigerà fra il 1894 e il '98 la casa Bellia, nella quale l'impiego del cemento armato gli consentirà audacie di linguaggio quali l'inserto di bow-windows culminanti a torretta in corrispondenza delle arcate, con la conseguenza di dilatare gli spazi interni e di dare vivacità alle superfici.
Nel campo dell'architettura sacra curò l'arretramento (imposto dal tracciato della strada suddetta) e il rifacimento della fronte della chiesa di S. Tommaso (1897), l'ampliamento di quella della Consolata (1899-1904) consistente nella sostituzione dell'antico ambulacro con quattro cappelle laterali a pianta ovale e cupolette ellittiche collegate all'attigua chiesa di S. Andrea, modifiche alla fronte e all'interno di S. Agostino (1900) e il rifacimento della Madonna degli Angeli con l'erezione di una cupola (1901-04). Un progetto per la chiesa di S. Pellegrino (1918-19) restò ineseguito, come pure quelli di ripristino per le chiese della SS. Trinità e del Monte dei cappuccini.
Al tempo stesso il C. attendeva a vari monumenti funebri per il cimitero di Torino: tombe Sineo, Masino, Ceppi, Chevalley (1881), Engelfred (1894), Bianchi (1907), Casana (1910), in alcune delle quali appaiono le caratteristiche colonne rigonfie da lui usate in vari edifici civili. Fra questi ultimi son da menzionare le case Martiny, poi Marchesa, in via Monte di Pietà(1896)e Compans di Brichanteau in corso Vinzaglio e Vittorio Emanuele (1896-98), il villinoEngelfred, poi Provenzale, in corso Cairoli (1896), casa Priotti, poi Frisetti, in via Carlo Alberto (1900-08),in cui riappare, intinto di eleganza floreale, il barocchetto, casa Casana in via dei Mille (1902), palazzo Ceriana Gavotti in via Assietta (1909), e la palazzina Rovere in corso Montevecchio (1905). Numerose pure le ville, dalla villa Mazzucchetti di V. Ceriana a Valenza Po (1886)alle ville Ceriana Mayneri a Pieve Ligure (1899), Ceriana a Ghiffa (Lago Maggiore), Jocteau a Saint-Christophe (Aosta), Ceppi, poi Peyron, e Ceriana Mayneri, poi Chiesa, a Ceresole Reale e Piacenza a Pollone si ricorda anche la scala nella villa il Maggiordomo (1910: A. Pedrini, Ville ... in Piemonte, Torino 1965, p. 177).
Per l'Esposizione generale italiana del 1898 a Torino il C. progettò, in collaborazione con gli architetti G. Salvadori e C. Gilodi, i padiglioni dell'arte sacra (a tre maniche) e delle missioni, oltre all'ingresso principale a porticato ellittico; mentre due anni dopo, per l'Esposizione universale di Parigi, approntava, coi medesimi collaboratori, un padiglione ispirato al gotico veneziano, quasi per sottrarsi alle suggestioni dello stile dominante a Torino. Fuori Torino eresse la facciata del santuario di Belmonte e, nel 1911, la parrocchiale di Fenile lasciando ineseguiti progetti per la chiesa di S. Maria della Neve a La Spezia, del santuario dei Fiori a Bra e di quello di Oropa. Compì inoltre cappelle sepolcrali a Moncalvo Monferrato (tomba Minoglio), Pollone (tomba Piacenza), Giarole (tomba Sannazzaro, 1910); inoltre progetti, non attuati, per il pal. del Parlamento a Roma (in collab. con l'arch. P. Comotto), per la facciata della Società promotrice di Belle Arti in via Verdi, per la Biblioteca civica nell'ex ospizio di Carità in via Po, per l'Ospizio Taparelli a Saluzzo, unitamente a studi per la trasformazione del teatro Regio e per la sistemazione di varie strade cittadine (via Po, in prossimità della chiesa dell'Annunziata; via Roma, a lato di S. Carlo e S. Cristina). Eresse il coronamento di pal. Carignano in commemorazione di Vittorio Emanuele II e la lapide sul fianco di palazzo reale in piazza Castello; né va dimenticata la intensa e lunga attività svolta quale consigliere comunale.
Il C. morì a Torino il 9 nov. 1921.
Fonti e Bibl.: Oltre alla bibl. in U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. 286 s. ed al necrologio in Il Momento, 10 nov. 1921, si veda: G. I. Arneudo, Torino sacra, Torino 1898, pp. 52, 140, 180, 319; Ricordo dell'Esposiz. nazionale e d'arte sacra, Milano 1898, pp. 2 ss.; E. Spurgazzi, Della vita e degli studi del conte C. C. arch. torinese, Torino 1922; E. Bruno, Ricordando il maestro, in L'Archit. italiana, XXIII(1928), pp. 109-112; Id., Il conte C. C. …, in Boll. d. Soc. piemont. di archeol. e belle arti, XIII(1929), 3-4, pp. 78-86; E. Bruno-G. Salvadori-G. Chevalley, C. C., Torino 1931; P. Buscalioni, La Consolata, Torino 1938, pp. 455 s.; A. Midana, L'architetto conte C. C.,in Atti e Rass. tecnica della Soc. degli ingegneri e degli architetti in Torino, n. s., V(1951), p. 2; E. Lavagnino, L'arte moderna..., Torino 1956, I, p. 480; M. Bernardi Tre palazzi a Torino, Torino 1963, p. 34; I. Cremona, Il tempo dell'art nouveau, Firenze 1964, pp. 165-178; C. L. V. Meeks, Italian Architecture 1750-1914, New Haven 1966, ad Indicem; L. Tamburini, Le chiese di Torino, Torino 1968, ad Indicem; M. Leva Pistoi, Torino. Mezzo secolo di architettura, 1865-1915, Torino 1969, pp. 132-156; V. Comoli Mandracci, in G. Guarini e l'internazionalità del barocco, Torino 1970, pp. 399 s., figg. 18-22; H. R. Hitchcock, L'architettura dell'800 e del '900, Torino 1971, pp. 86 s. 204; L. Patetta, L'archit. dell'eclettismo, Milano 1975, pp. 303 s.; Diz. enc. di archit. e urban., I, Roma 1968, p. 539.