MALVASIA, Carlo Cesare
Scrittore e pittore, nato a Bologna il 16 dicembre 1616, ivi morto nel 1693. Dopo aver coltivato gli studî letterarî, prese la laurea nel 1638, avendone le più ampie lodi da Claudio Achillini. Esercitatosi nelle letture poetiche in seno all'Accademia bolognese dei Gelati, quando andò a Roma, fu ricevuto in quella degli Umoristi e nell'altra dei Fantastici, della quale fu poi eletto principe. Scoppiata la guerra di Castro, il M. vi prese parte al comando del generale Cornelio Malvasia, suo cugino. Cessate le ostilità, si ammalò gravemente, ma, rimessosi in forze, vestì gli abiti sacerdotali e chiese, fin dal 1642, una cattedra di leggi nell'Istituto di Bologna, che ottenne cinque anni dopo, conservandola per otto lustri. Invitato a trasferire il suo insegnamento nelle università di Pavia e di Padova, preferì di rimanere ammirato maestro in patria. Coadiutore del cugino Giambattista Malvasia, canonico della cattedrale, fu aggregato per il suo sapere al collegio dei teologi. I suoi studi di diritto si dimenticarono presto; invece sono citati ancora i libri d'arte. Il primo, rispetto al tempo, descrive Le pitture di Bologna (1657) ed uscì con il nome dell'Ascoso (Accademico Gelato). Frutto di lunghe ricerche, la Felsina pittrice, apparsa nel 1678 - e ristampata nel 1844 - narra, con pompa secentistica di stile e con straordinaria ricchezza di aneddoti e di particolari, le vite dei pittori di Bologna. Il critico non è sempre sereno; ciò nonostante, l'amore all'arte e la conoscenza pratica della pittura, nella quale ebbe a maestri il Campana e il Cavedone, gli consentono una certa valentia nell'esporre e un'imperturbabile coerenza di giudizî. Nel 1683, il M. s'industriò di spiegare il cosiddetto enigma bolognese, intagliato in una lapide classica (Aelia Laelia Crispis non nata resurgens), ma le sue ipotesi, dettate in grave latino, non furono più felici di altri tentativi di letterati contemporanei e posteriori. I Marmora Felsinea, stampati nel 1690, illustrano con solida dottrina d'antiquari o le iscrizioni e le pietre antiche scoperte nel territorio bolognese. A compiere l'opera larga e varia dello scrittore uscì postumo (1694) Il Claustro di S. Michele in Bosco dipinto dai Carracci e dai loro scolari, con la descrizione di tutti gli affreschi perduti, dei quali conservano ricordo le stampe di Giacomo Giovannini. Il M. "promosse l'accademia del nudo", dipinse paesi, prospettive e soffitti nella sua villa di Mirasole Grande e nelle case degli amici, ma nulla ne rimane. Uno dei suoi migliori meriti è l'aver avviato agli studî Elisabetta Sirani.
Bibl.: G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, V, Bologna 1786, pagine 149-158; A. Bolognini-Amorini, Vite dei pitt. ed artefici bol., I, Bologna 1841, pp. 9, 22; J. v. Schlosser, Die Kunstliteratur, Vienna 1924.