CITERNI, Carlo
Nato a Scarlino, frazione del comune di Gavorrano (Grosseto), il 3 ag. 1873 da Teodorigo e da Caterina Fontani, aveva intrapreso la carriera militare. Nel 1895, come sottotenente di fanteria del 47º reggimento fu aggregato alla seconda spedizione guidata da V. Bottego, di cui era nipote, e organizzata dalla Società geografica italiana per esplorare le contrade comprese tra la Somalia e la valle del Nilo, ed in particolare il bacino dell'Omo, nonché il complesso di acque che da Enarea scende al lago Rodolfo, col duplice intento di fondare una stazione commerciale a Lugh e di riconoscere i territori di confine situati nella zona sud e sudoccidentale della sfera d'influenza dell'Italia.
Il C. doveva tenere il diario della spedizione e scattare le fotografie, mentre L. Vannutelli, sottotenente di vascello, doveva effettuare i rilievi astronomici e topografici per determinare l'itinerario, e il dottor M. Sacchi, assistente del Regio Ufficio centrale di meteorologia e geodinamica, aveva l'incarico delle osservazioni scientifiche in genere, e in particolare di quelle meteorologiche.
Partiti da Napoli il 3 luglio 1895, e giunti a Massaua dopo undici giorni, i membri della spedizione ripresero il viaggio il 14 settembre alla volta di Brava, dove arrivarono il 1º ottobre. Il 16 novembre raggiunsero Lugh.
Da Lugh ebbe inizio la penetrazione verso l'interno, prima lungo il Ganana, ppi lungo il Daua, attraverso la principale via carovaniera che da Lugh conduceva nella regione dei laghi equatoriali, toccando Neboi, Malcà-Dacà, Bua-Herera e Jabicio. Abbandonato il corso del Daua l'8 febbraio, furono fra i Boràn alla fine dello stesso mese e fra gli Amara ai primi giorni di aprile: l'8 aprile si recarono, infatti, a visitare la tomba di E. Ruspoli, nel territorio di Burgi. Ripresa la marcia, raggiunsero, in maggio, il lago Pagadè, da loro ribattezzato Regina Margherita, da dove si allontanarono, alla metà di giugno, diretti verso occidente, nel tentativo di eludere il pericolo di attacchi da parte dei presidi scioani, la cui ostilità ed intraprendenza nei confronti degli Italiani erano notevolmente cresciute dopo la battaglia di Adua. Nonostante varie difficoltà, il 29 giugno riuscirono tuttavia a raggiungere le rive dell'Omo (a 6º 43' di latitudine) e a discenderne il corso fino alla foce, individuata alla fine di agosto quando riuscirono ad accertarsi che il fiume si immette nel lago Rodolfo.
Dal 6 al 30 settembre Bottego e Vannutelli, assieme ad alcuni ascari, effettuarono una puntata fino al lago Stefania, mentre tra il 5 ed il 16 ottobre il Sacchi e il C. si recarono fino a Cherre per acquistare avorio; al loro ritorno il Sacchi venne incaricato di scortare fino alla costa un ingente carico di avorio e le raccolte naturalistiche della spedizione, ma venne assalito ed ucciso da alcuni predoni amara il 7 febbr. 1897, sulle rive del lago Regina Margherita.
Gli altri membri della spedizione intrapresero, all'inizio di novembre, la circumnavigazione delle rive occidentali del lago Rodolfo alla ricerca delle sorgenti del Sobat, arrivando fino a 3º 8' di latitudine, sulle sponde del Tirgol, un grosso torrente, il punto più meridionale da loro raggiunto, da dove la spedizione iniziò il cammino del ritorno, per pervenire, ai primi di gennaio del 1897, al ramo meridionale del fiume Sobat, dopo aver superato la catena di spartiacque compresa fra il bacino del lago Rodolfo e quello del Nilo, e proseguire poi, fino alla fine di febbraio, in direzione dell'Upeno, il ramo principale del Sobat.
Inoltratisi in territorio abissino, vennero bloccati alla metà di marzo dalle autorità locali, probabilmente per ordine dello stesso imperatore. Dopo essersi accampato sopra l'isolato colle di Daga-Roba, nei pressi di Gidami, il Bottego tentò di aprirsi la strada con la forza, ma venne ucciso dagli indigeni il 17 marzo.
Il Vannutelli, il C., ferito ad un piede, e pochi altri superstiti, fatti prigionieri, saranno liberati il 6 giugno, grazie all'intervento del maggiore Nerazzini, plenipotenziario italiano alla corte di re Menelik: raggiunta Addis Abeba il 22 giugno, sbarcheranno a Napoli il 7 ag. 1897.
L'esperienza acquisita valse al C., negli anni successivi, diversi incarichi di fiducia nell'ambito delle iniziative italiane per lo sfruttamento e la colonizzazione dell'Africa orientale.
Fra il 1902 e il 1903, quando le truppe inglesi dovettero appoggiarsi ad alcune basi italiane dislocate in Somalia, in occasione della loro lotta contro Mohammed Abdallah, fu infatti incaricato di tenere i collegamenti fra le autorità italiane e quelle militari inglesi. Negli anni successivi ricoprì la carica di addetto all'Ufficio coloniale nell'ambito del ministero degli Affari Esteri, che nel 1910 gli affidò il comando di una spedizione destinata a definire la frontiera tra i possedimenti italiani della Somalia e le province dell'Impero etiopico sulla base del trattato stipulato dai due governi il 16 maggio 1908. Col C., i principali componenti erano il dottor Brigante Colonna, medico della Croce Rossa, e i topografi dell'Istituto geografico militare E. Grupelli e A. Venturi, ai quali venne affidato in maniera più particolare il lavoro di determinazione e rilevamento.
La spedizione partì da Napoli il 2 sett. 1910: avrebbe dovuto unirsi ad Addis Abeba a quella etiopica per proseguire verso Dolo, sul medio Giuba, alla confluenza del Daua nel Ganana, ed iniziare da quella località, in direzione nord-est, il rilevamento del confine fino all'Uebi Scebeli; per cui, invece di sbarcare in Somalia, avrebbe dovuto compiere un lungo e faticoso viaggio attraverso regioni in gran parte ancora ignote. Essi scesero perciò a Gibuti il 19 settembre e percorsero in ferrovia il tratto fino a Dirè-Daua, distante circa 500 km da Addis Abeba, dove arrivarono il 10 novembre, per ripartirne il 22 dicembre. Attraversarono l'Auàsc, dirigendosi verso l'Uebi Scebeli, al quale giunsero il 14 genn. 1911, dopo aver superato una catena alta oltre 3.000 metri, che separa il bacino dell'Auàsc da quello dell'Uebi Scebeli e quindi i monti che dividono questi ultimi da quelli del Ganale. Dal 17 al 29 gennaio la carovana sostò a Gobà, residenza del deggiac Nado, dove fu raggiunta dalla missione abissina con la quale doveva svolgere il lavoro di rilevamento topografico.
Tuttavia solo dopo il 15 marzo, quando arrivarono a Dolo, ebbero finalmente inizio le operazioni geodetiche ufficiali, ritardate. fino all'inizio di agosto, da sterili ed interminabili discussioni, causate dalla difficoltà di applicare sul terreno le clausole della convenzione del 1908. Abbandonato il Ganale, furono raggiunti prima i pozzi di Goriale (durante la sosta necessaria per i rilievi di quella zona il C. si recò fino a Lugh, che aveva già visitato sedici anni prima, ospite dei funzionari ed ufficiali di quel presidio) e poi Yet. Il 16 ottobre la spedizione riprese la sua marcia verso Oriente, spingendosi fino ad Ato, dove un ordine dei due governi interruppe i lavori, a causa della scarsa sicurezza della regione circostante l'Uebi Scebeli, in seguito alle ripetute rivolte delle popolazioni locali nei confronti delle truppe abissine.
Troncata così a metà l'opera di delimitazione dei confini, il C., per il ritorno, decise di puntare prima su Baidoa, per raggiungere poi il mare; dopo aver toccato i villaggi di Amalcà e Rova, nel territorio del Rahanuin, e quello di Egherta, proseguirono alla volta della costa, giungendo, il 26 novembre a Brava, dove il 4 dicembre si imbarcavano per arrivare a Napoli il 2 genn. 1912.
A prescindere dai rilievi topografici destinati allo specifico compito per il quale era stata organizzata, la spedizione guidata dal C. ottenne interessanti risultati anche nel campo della geografia fisica, della geologia, della zoologia, della botanica e dell'etriografia di regioni piuttosto vaste, ma ancora poco note. Si deve infatti tenere presente che furono rilevati ben 1.600 km di frontiera, fu redatto il piano topografico di Addis Abeba, furono eseguite seicento fotografie e vennero raccolti dati sufficienti ad una pregevole collezione zoologica, affidata poi, per la sua valorizzazione, al Museo di storia naturale di Genova. In particolare fu definito con notevole precisione il profilo altimetrico di tutto l'itinerario Percorso, attraverso osservazioni termobarometriche, eseguite regolarmente tre volte al giorno e controllate sistematicamente con determinazioni compiute mediante un ipsometro ad acqua bollente.
Ritornò poi in Africa nel 1914, assumendo il comando del VII battaglione eritreo, in Eritrea. Tornò in Italia nel 1916, e fino al maggio 1917 ebbe il comando col grado di tenente colonnellodel 79º reggimento fanteria, in Val Posina; promosso colonnello, passò poi al comando del 61º reggimento fanteria in Macedonia.
Il C. morì di polmonite il 1º ag. 1918 a Roma, mentre era ancora convalescente per le gravi ferite riportate combattendo contro l'Austria sul fronte macedone.
Il C. scrisse in collab. col Vannutelli: Relazione preliminare sui risultati geografici della seconda spedizione condotta dal capitano V. Bottego nell'Africa Orientale, in Boll. della Soc. geogr. ital., XXXIV (1897), pp. 320-330; La seconda spedizione Bottego nell'Africa orientale, in Memorie della Soc. geogr. ital., VIII (1898), pp. 199-223 (conferenza preceduta da una breve introd. di G. Roncagli); L'Omo. Viaggio d'esplorazione nell'Africa orientale, Milano 1899. Del C. si ricordano: Ai confini meridionali dell'Etiopia. Note di un viaggio attraverso l'Etiopia ed i paesi Galla e Somali, Milano 1913; Come si viaggia in Africa, Roma 1913 (vol. inserito nella collana di "Manuali coloniali" pubbl. a cura della Direzione centrale degli Affari coloniali - Ufficio studi coloniali - del ministero delle Colonie).
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. della Società geografica italiana, fasc. XII, C e D. Quattro lettere ined. del C., scritte rispettivamente da Brava l'11 ott. 1895, da Passo di Conia il 31 ott. 1895, da Lugh il 3 dic. 1895 e dalla riva sinistra del Ganana il 29 dic. 1895, sono conservate a Parma dagli eredi del Bottego (cfr. la scheda di P. G. Magri nella Guida delle Fonti per la storia dell'Africa a Sud del Sahara esistenti in Italia, Zug 1973, II, p. 620); L. Vannutelli, Narraz. del viaggio compiuto dalla seconda spedizione Bottego, in Riv. marittima, XXX (1897), pp. 178-189; Id., Intorno all'ultima spediz. Bottego, in Atti del terzo congresso geografico ital., Firenze 1899, 1, pp. 221-236; C. Maranelli, La seconda spediz. Bottego, in Emporium, X (1899), pp. 105-120; R. Gestro, Collezioni zoologiche del tenente C. in Somalia, in Boll. della Soc. geogr. ital., XLI (1904), pp. 8-13; A. Mori, Il ritorno della missione per la delimitazione del confine italo-etiopico e la sua opera geografica, in Riv. geogr. ital., XIX (1912), pp. 82-86; E. Millosevich, C. C., in Boll. della Soc. geogr. ital., LV (1918), pp. 637 s.; P. Gribaudi, Le esplorazioni africane di C. C., in L'Esplorazione commerciale, XXXIX (1919); R. De Benedetti, V. Bottego e l'esplorazione dell'Omo, Torino 1932; A. Lavagetto, La vita eroica del capitano Bottego, Milano 1934; P. Giudici, M. Sacchi e la seconda spediz. Bottego, Parma 1935; C. Della Valle, C. C. e la delimitaz. dei confini italo-etiopici in Somalia, in Riv. delle colonie, XIII (1935), pp. 238-243; P. M. Bardi, Pionieri e soldati d'Africa Orientale, Milano 1936, pp. 504-512; R. Truffi, Precursori dell'impero africano, Roma 1936, pp. 79-97; C. Giardini, Italiani in Africa Orientale. Pagine di pionieri, Milano 1936, pp. 295-324; P. Perotti, L'ultima spedizione del capitano Bottego, Rovereto 1937; C. Cesari, Gli Italiani nella conoscenza dell'Africa. I nostri precursori coloniali, Roma 1938, pp. 266-270; G. Narducci, Diario inedito di Vannutelli e C. sulla seconda spediz. Bottego, in Rivista delle colonie, XVII (1943), pp. 123-126; F. Martini, Il diario eritreo, Firenze 1947, passim; E. De Leone, Le prime ricerche di una colonia e la esploraz. geografica,politica ed economica, Roma 1955, ad Ind.; A. Del Boca, Gli Italiani in Africa Orientale dall'Unità alla marcia su Roma, Bari 1976, ad Ind. Sull'attività di zoologo del C. cfr. gli articoli di F. Silvestri. M. Jacoby e D. Vinciguera, pubbl. negli Annali del Museo civico di storia naturale di Genova, XXXIX (1898), pp. 134-143; 240-261, c. 521-535; di D. Vinciguerra, T. Salvadori, G. A. Boulanger, R. Gestro, W. Hom e P. Lesne, ibid., XLV (1911), pp. 293-303; 304-327; 329-332; 457-460; 461-464 e 473 ss.; di A. Borelli, ibid., XLVIII (1918-1920), pp. 359-381.