CORDARA, Carlo
Nacque a Torino il 14 marzo 1866, da Giovanni Battista e da Giuseppina Orange, ma presto si trasferì a Firenze, ove trascorse tutta la sua esistenza. All'università di Pisa si laureò in legge, ma non esercitò mal l'attività forense, assolutamente inadatta alla sua indole riservata e schiva. Contemporaneamente al diritto, a Pisa studiò armonia con G. Menichetti; continuò lo studio della composizione a Firenze con G. Tacchinardi, e infine, più a lungo, studiò con B. Landini. Approfondì tuttavia da solo la sua cultura musicale e generale che gli permise di intraprendere la strada della critica musicale oltre che della composizione. Dal 1891 al 1893 fu infatti redattore musicale del Germinal, diretto da E. Corradini, per poi, dal 1897. passare al Marzocco, da cui si può ricavare la sua più importante lezione di critico. Anche La Stampa lo vide suo redattore, ma per breve tempo, nel 1909. Negli anni 1905 e 1906 fu collaboratore ai "Ricordi musicali fiorentini" della casa Brizzi e Nicolai. La Società dei quartetto "Leonardo da Vinci" lo ebbe come direttore nel 1905. Nella critica dimostrò un atteggiamento sereno nei confronti di ogni tipo di espressione musicale; lo dimostra, fra l'altro, l'articolo Musica di colore, apparso nel 1929 sul numero quarto del Marzocco, ove egli tratta assai approfonditamente del jazz, e si chiede quale aspetto di questo tipo di musica avesse potuto affascinare autori come Stravinskij e Poulenc, che dal jazz avevano più volte attinto.
In ordine cronologico si ricordano altri suoi importanti articoli, tutti apparsi sul Marzocco: La Bayreuth italiana (1907, n. 14), in cui il C. prende le difese della giovane scuola operistica italiana, esclusa, ad opera di Tito Ricordi, dal programma delle manifestazioni musicali che avrebbero dovuto svolgersi nel 1907 a Venezia; Frescobaldi e la cultura musicale in Italia (1908, n. 23). ove all'autore ferrarese viene assegnato il merito di aver dato alla storia della musica il contributo italiano alla elaborazione del pensiero musicale puro; Pergolesi (1910, n. 2), ove il C. sottolinea come la concezione operistica dell'autore in questione fosse sempre improntata a rigorosa verità drammatica; Rivendicazioni palestriniane (1920, n. 12), in cui plaude alla proposta di E. Consolo circa l'edizione critica nazionale delle opere del Palestrina; Giacomo Puccini (1926, n. 49), un mirabile necrologio a due anni dalla scomparsa del musicista, in cui il C. sottolinea la sua relativa avanguardia; Boccherini (1927, n. 42), ove sono rilevati gli elementi caratteristici e diversi del compositore lucchese nei confronti dei suoi contemporanei tedeschi; I Lieder di Schubert (1928, n. 45), ove, con molto affetto per un genio triste in vita, il C. sottolinea la sua capacità pittorica nel creare l'ambiente con pochi tocchi di colore; L'educazione musicale dei profani (1928, n. 47). in cui, al fine di diffondere la cultura musicale il più possibile, il C. propugna l'uso dei grammofono qualora non fossero sostenibili le spese per l'organizzazione di concerti dal vivo. Per quanto riguarda la composizione, il C., nel campo della musica sacra, scrisse una Messa in do maggiore per soprani, tenori, bassi e organo eseguita nel 1889 a Firenze alla SS. Annunziata e una Messa da requiem in memoria della madre. Fra le composizioni vocali e strumentali da camera si ricordano: Tre liriche leopardiane (Ad una foglia, A se stesso, L'infinito); le Impressioni giapponesi su versi di Angiolo Orvieto (Preludio, Nikko, Lago Chuzénii, Musmé, Epilogo); Pioggia di stelle su versi di Pietro Mastri; Ronda azzurra, quartetto per voci sole (1908); una Sonata in sol minore per pianoforte, trasformata poi nel 1909 dal C. stesso in Quintetto per archi è pianoforte; un Trio in fa maggiore per violino, violoncello e pianoforte (1913); la Sonata in do maggiore e la Sonata in re bemolle per pianoforte; la Suire intime per strumenti ad arco (1905); la Suite Louis XIV per archi (1916). Le più importanti sue composizioni per orchestra sono: la Sinfoniain si bemolle maggiore scritta nel 1897 ed eseguita poco dopo con successo a Firenze sotto la direzione del maestro Ferradini; Il Sabato dei villaggio, poema sinfonico in quattro tempi, ispirato al canto leopardiano; il Tritticoschubertiano per orchestra. Da segnalare anche la sua nuova strumentazione dell'Armida di Lulli, che in questo rifacimento fu rappresentata alla Pergola di Firenze nel maggio 1911, diretta da Alberto Bimboni. Dei C. operista ricordiamo: Cavalleria domestica, scherzo musicale in un atto, libretto di M. Taghetti, rappresentata privatamente a Firenze nel marzo 1892; Il voto, idillio in due atti (18911), libretto di P. Mastri; Valdefiore, dramma lirico in tre atti (1895), libretto di P. Mastri mai rappresentato, ma per il quale, sotto il diverso titolo di Manuelita il C. ottenne la menzione di primo grado al concorso Steiner di Vienna nel 1896; Tentazione di Gesù, mistero lirico in un atto sul poema di Arturo Grat eseguito al teatro Regio di Torino il 14 ott. 1902 e poco dopo alla Pergola di Firenze nel febbraio 1903, con cui il C. conobbe un momento di fortuna, e riconoscimenti dalla critica e dal pubblico per l'originalità della concezione, l'austerità delle linee e la sobrietà del colore. Il divampare della guerra e le precarie condizioni del teatro dell'epoca troncarono le sue speranze.
Non furono mai eseguite: La locandiera (1905), commedia lirica in tre atti, libretto di Ettore della Porta, e In Maremma, bozzetto drammatico in un atto su libretto in prosa di Ferdinando Paolieri. De La locandiera fu pubblicato nel 1909 il solo libretto in cento copie fuori commercio. Lasciò incompiuto un Trattato di armonia.
Morì a Firenze il 10 marzo 1930.
Fonti e Bibl.: Necrol. in Il Marzocco, 16 marzo 1930, 23 marzo 1930, 1° giugno 1930; A. De Angelis, Diz. dei mussicisti, Roma 1928, pp. 148 s.; C. Schmidl, Diz. Univ. dei musicisti, I, p. 369; Suppl., p. 214; Enc. della MusicaRicordi, I, p. 545.