Aquino, Carlo d'
, Scrittore (Napoli 1654 - Roma 1737), figlio del principe Bartolomeo di Caramanico. Gesuita, nel 1676 andò a insegnare retorica a Macerata dove ebbe allievo G.M. Crescimbeni, che lo seguì l'anno dopo nel nuovo insegnamento di Siena. Fu poi al Collegio Romano, docente e prefetto degli studi. Nel 1692 collaborò col Crescimbeni al progetto di regolamento dell'Arcadia. Nel dialogo IV Della bellezza della Volgar Poesia del Crescimbeni compare come interlocutore col nome di Alcone Sirio. Scrisse liriche, orazioni, opere di erudizione. Si occupò di D. assiduamente, scrivendo Le similitudini della Div. Commedia di D.A., trasportate verso per verso in lingua latina (Roma 1707), e La Commedia di D.A., trasportata in verso latino eroico da C. d'A., " In Napoli, per Felice Mosca, 1728 ". La raccolta delle similitudini è di gusto secentesco, fatta con l'intento di mostrare il valore retorico della comparazione. La traduzione in verso eroico della Commedia fu in realtà stampata a Roma da Bernabò Rochi con l'imprimatur extra Urbem, non essendosi sino a tale data fatte edizioni romane del poema. In fine dei tre volumi vi sono Annotazioni; una prefazione dà ragione delle lacune esistenti nella traduzione posta a fronte del testo volgare (integro, dall'edizione della Crusca del 1595), col dire che non si conveniva a scrittore religioso fermarsi su luoghi da cui potesse venire offesa la fama " particolarmente di illustri Comuni e sagri Personaggi d'eccelso grado ". Sono tralasciate le invettive contro papi e prelati, contro gli ordini religiosi, i comuni e le monarchie: con una prudenza non eccezionale in un gesuita, quando ormai la Compagnia era sospetta per ingerenze e trame politiche (P. Chiti).
Nella versione ritornano i passi delle similitudini, tranne qualche modifica necessaria a introdurle nel nuovo contesto; taluna è ritoccata per maggior chiarezza e proprietà. Il Tommaseo giudicò belli molti tratti di If V; il Witte aderì a quanti ritennero la traduzione corretta ed elegante. Il d'A. sceglie con avvedutezza tra le interpretazioni, e talora ne formula delle nuove, accennandovi nelle Annotazioni. Il suo latino è accurato; ma l'esametro eroico, preferito al senario giambico, se più gradito al gusto enfatico del '600, e forse più adatto all'elevatezza del Paradiso, indusse ad applicare nella Commedia la poetica del poema eroico, escludendo forme rozze o dimesse, vivezza comica, vigore e concisione espressivi: caratteri che il d'A. pur riconosce tipici del linguaggio dantesco. Ne risultò uniformità divagante e pomposa, nonostante l'autore si proponesse di conservare gli effetti dell'originale.
Bibl. - G.M. Malluchelli, Gli scrittori d'Italia, Brescia 1753, I II 910-911; E. D'Afflitto, Memorie degli scrittori del Regno di Napoli, Napoli 1782, I 401-403; C. Sommervogel, Bibl. de la Compagnie de Jésus, Parigi 1890, I 492-499; G. Storino, C. d'A. e le " Rugiade di Parnasso ", Cosenza 1891; A. Torre, C. d'A., in Dantisti e dantofili dei secc. XVIII e XIX. Contributi alla storia della fortuna di D., Firenze 1901; M. Besso, A proposito d'una versione latina della D.C., in " Bibliofilia " IV (1902) 373-390; G. Giani, " Vendetta di Dio non teme suppe ", in " Giorn. stor. " LXVI (1915) 53; G. Ambrosi, Latini Divinae Comoediae interpretes, in " Latinitas " II (1954) 200; P. Chiti, Un insigne latinista ammiratore e traduttore di D.: il p.C. d'A., in " Civiltà catt. " CXI (1960) 250-263; A. Asor-Rosa, in Dizion. biogr. degli Ital. III (1961) 662-664.