DELL'ACQUA, Carlo
Nacque a Legnano (Milano) il 30 marzo 1848 da Giuseppe, un modesto vetraio originario della vicina San Vittore Olona, e da Maria Pomini.
Dopo aver frequentato la scuola elementare, il D. seguì dapprima il mestiere del padre, ma a quattordici anni si trasferì a Milano dove trovò lavoro in una fabbrica di bottoni. Impiegatosi poi come commesso in un magazzino di tessuti, si acquistò col tempo la fiducia del principale e divenne viaggiatore per conto della ditta. Attorno al 1870 ritornò nella natia Legnano per entrare nell'azienda dei cugini "F.lli Dell'Acqua e C.".
Luigi, Giovanni, Francesco e Faustino Dell'Acqua decisero infatti in quel periodo di installare alcuni telai a mano; qualche anno dopo essi aggiunsero una tessitura meccanica e reparti di tintoria, candeggio e apprettatura. Già all'Esposizione industriale di Milano del 1881l'impresa si segnalò specialmente per la produzione di fustagni uniti e operati e per quelli pesantissimi. All'inizio degli anni Novanta la "F.lli Dell'Acqua", dotata di una considerevole forza motrice e di due motori idraulici, aveva allargato la gamma dei suoi articoli ai satin e alle stoffe per camiceria, imitando i consimili tessuti inglesi. Nel contempo venivano esportati fustagni, attraverso case commissionarie francesi e tedesche, soprattutto nell'America latina.
Sembra che nella ditta il D. si occupasse della parte commerciale e che proprio grazie ai suoi frequenti viaggi nell'Italia centromeridionale e in quella insulare la "F.lli Dell'Acqua" potesse costituirsi un ottimo mercato in queste regioni. Forse nel 1894 egli si staccò dai cugini e aprì a Legnano, sotto la denominazione di "Carlo Dell'Acqua e C.", una tessitura meccanica di tele gregge e colorate. Più tardi introdusse anche una tintoria e nel 1905 l'azienda dava lavoro a circa trecento operai. Infine, nel 1907, si associò alla "Lissoni-Castiglioni e C." di Busto Arsizio e diede vita al "Cotonificio Dell'Acqua-Lissoni-Castiglioni", una società anonima con capitale di due milioni di lire della quale divenne il presidente.
Vittorio Lissoni e Giuseppe Castiglioni erano attivi a Busto, sin dal 1888, nel commercio di cotonerie e nel dicembre 1899 avevano creato la "Lissoni-Castiglioni e C.", da cui dipendeva una tessitura meccanica per la produzione di tessuti per camiceria e biancheria. La ditta, dal capitale di 160.000 lire, esportava in Europa, Oriente, America centrale e meridionale.
La nuova società, che nel 1915giunse a disporre di 1.300 telai (dei quali 500 a Legnano, 300 a Busto e 500 di terzi che lavoravano per suo conto) e utilizzava motori elettrici e a vapore, riuscì a superare abbastanza agevolmente la crisi che aveva colpito l'industria cotoniera dopo il 1907 e, almeno fino al 1911, poté distribuire in media dividendi del 6%. I suoi prodotti (tessuti lisci e operati a jacquard e tinti in pezza per abiti, biancheria, tovaglieria, asciugamani, a cui si aggiunsero dopo la prima guerra mondiale i tessuti mercerizzati) acquisirono fama di alta qualità ed erano esportati nei Balcani, in Turchia, in Egitto, in Estremo Oriente, nel Sudamerica.
È probabile tuttavia che il D., assorbito com'era dai suoi impegni politici, non seguisse la gestione corrente dell'impresa e che questa rimanesse affidata al Castiglioni per le questioni tecniche e al Lissoni per quelle commerciali. Comunque il D. mantenne sempre stretti legami con il mondo cotoniero e in generale industriale: ripetutamente nel consiglio direttivo dell'Associazione cotoniera (che lo chiamò anche a far parte di commissioni particolari), nel tardo autunno 1914 appoggiò l'iniziativa di P. Soldini del "Cotonificio Cantoni" per limitare l'attività delle fabbriche lungo l'Olona a quattro giorni la settimana, a causa delle difficoltà dell'approvvigionamento della materia prima (in seguito la situazione migliorò e la stessa impresa del D. produsse nel 1915 merce per sei milioni di lire).
Fu poi consigliere della Camera di commercio di Milano e presidente o consigliere di amministrazione di numerose società, tra cui la "Manifattura Rotondi", la "Società italiana d'esportazione E. Dertly", il "Cotonificio F.lli Dell'Acqua" (l'azienda dei cugini trasformata in anonima), il "Cotonificio bresciano Ottolini", il "Credito varesino", la "Banca di Legnano", il "Lanificio nazionale Targetti", la "Società commissionaria d'esportazione". In quanto presidente della "Dell'Acqua-Lissoni-Castiglioni e C." il D. curò soprattutto i rapporti con la manodopera, che trattò con quella caratteristica commistione di paternalismo e di cameratismo che gli proveniva dalle sue umili origini. "Pa' Carleou" (così era chiamato familiarmente dai lavoratori) fece costruire case operaie, dormitori, sale di allattamento per le lavoratrici e fu generoso di elargizioni benefiche verso Legnano e i comuni del circondario (nel finanziamento di asili, ospedali, enti caritativi); promosse a Legnano anche iniziative per l'utilizzazione del "tempo libero" (poligono di tiro a segno, palestra e piscina) e istituti per l'addestramento professionale (la scuola popolare di disegno industriale).
La sua notevole influenza nell'ambito locale era inoltre accresciuta dall'intensa attività politica e amministrativa: già consigliere comunale di Legnano e provinciale di Milano, repubblicano e massone, nel 1900 accettò di presentarsi candidato per la Camera nel collegio di Busto Arsizio. Fu eletto, sconfiggendo di misura l'altro industriale cotoniero Costanzo Cantoni. Sebbene dopo il congresso di Ancona del novembre 1901 (che spinse il partito repubblicano su posizioni di netta intransigenza) egli si isolasse dal partito e entrasse a far parte dei cosiddetti repubblicani "indipendenti", continuò a sedere all'estrema sinistra e a finanziare quel movimento politico.
Fra i suoi interventi parlamentari è interessante, per incisività e franchezza di argomentazione, il breve discorso tenuto alla Camera il 20 marzo 1902, in occasione della discussione della legge sul lavoro, in particolare notturno, delle donne e dei fanciulli: dopo aver premesso che la legge non provvedeva all'"economia nazionale" ma all'"umanità", rivendicava alla sua zona d'origine il merito di avere anticipato la legge di quattro o cinque anni e definiva il lavoro notturno un "avanzo del medioevo", un'"infamia" che stava a confermare "l'egoismo del capitale sfruttante l'umanità senza riguardo alcuno all'umanità stessa". Soprattutto però sosteneva che se già allora un terzo dei fusi cotonieri italiani lavoravano solo di giorno, era "evidente" che gli altri (quelli attivi giorno e notte) dovevano "sparire". E concludeva: "Non preoccupatevi delle conseguenze che ne possono derivare all'industria. L'industria ha superato difficoltà ben più gravi di questa".
Nel 1904 fu rieletto con l'appoggio di socialisti e democratici (suo avversario era P. Tosi) e nella nuova legislatura votò per il passaggio delle ferrovie allo Stato, la laicità della scuola, la riduzione del dazio sul grano e sul petrolio e contro maggiori spese militari. In realtà la sua azione era rivolta principalmente a tutelare gli interessi industriali locali, per i quali era essenziale un efficace sistema di trasporti. Si batté così per la ristrutturazione ferroviaria di Busto Arsizio e la costruzione di una nuova stazione, il prolungamento della ferrovia della Valle Olona sino al confine svizzero, l'istituzione di una linea tra Busto e Abbiategrasso. Nel 1909, dopo una dura competizione elettorale con il cattolico G. Paleari, rientrò alla Camera dove, pur mantenendo la sua opposizione al dazio sul grano, iniziò ad accostarsi alla politica giolittiana. Infatti nel febbraio 1911, in netto contrasto con le dichiarazioni del gruppo parlamentare repubblicano, parlò ampiamente a favore del progetto di legge di riforma elettorale e l'8 aprile, unico tra i repubblicani, votò la fiducia. Né disapprovò le imprese coloniali di Giolitti e il 23 febbraio 1912 Votò (questa volta però assieme alla maggioranza dei deputati del suo gruppo) a favore dell'Ordine del giorno Carcano che sanciva la sovranità italiana sulla Libia. Nelle elezioni del 1913 fu rieletto facilmente al primo turno, a differenza di molti repubblicani "ortodossi". Fu poi tra i primi e più convinti sostenitori dell'entrata in guerra dell'Italia.
Già colpito da malore nel 1916 alla Camera, in seguito a una discussione con l'on. Maffi (che secondo il D. si era espresso in forma ingiuriosa nei confronti dei soldati italiani), morì a Legnano il 1°agosto 1918. Dopo la sua morte il cotonificio, che aumentò il capitale a 4.500.000 lire, fu diretto dagli altri due comproprietari (V. Lissoni assunse la carica di presidente) e da Ottorino Maderna.
Fonti e Bibl.: Presso l'archivio del Consorzio del fiume Olona a Castellanza (Varese) si trovano numerosi documenti relativi all'utilizzazionie della forza motrice idraulica da parte della "F.lli Dell'Acqua e C.". V. inoltre: Atti parlament., Camera dei Deputati, Discussioni, legislature XXI-XXIV; ibid., legislatura XXIII, tornata del 21 nov. 1918, p. 17.249 (commem.); C. Thovez, Sezione XV. Filati e tessuti di cotone, in Esposizione industriale del 1881 in Milano, Relazioni dei giurati... Le industrie tessili, Milano 1883, p. 11; E. Trevisani, Rivista industriale e commerciale di Milano e provincia, Milano 1894, p. 50; L. Taglioretti, Guida Taglioretti per l'alto Milanese: circondario di Gallarate. A. I, 1905, Gallarate s. d., pp. VIII-1, 36 s.; I 508deputati al Parlam. per la XXIII legislatura... Biografie e ritratti, Milano 1910, p. 83; L. Taglioretti, Guida Taglioretti per l'alto Milanese: circondario di Gallarate. Anno II, 1910-11, Varese s. d., pp. VIII-IX, 646 s.; Assoc. cotoniera italiana, Annuario dell'industria cotoniera in Italia, Milano 1912, p. 41; Banca commerciale italiana, Cenni statistici sul movimento economico dell'Italia. La legislazione economica della guerra in Italia e all'estero, Milano 1915, p. 276; A. Bricchi, Puntata 8 della Illustrazione di Legnano, in Illustrazioni di Lombardia, VII(1915), 41, pp. 69 s.; Inostri lutti. C. D., in Bollettino della Cotoniera, XXII (1918), pp. 64 s.; La morte dell'on. D., in Corriere della sera, 2 ag. 1918; Associazione cotoniera italiana, Annuario dell'industria cotoniera italiana 1923, Milano s. d., p. 33; A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, I, Milano 1940, p. 338; P. Rossi, Dall'Olona al Ticino. Centocinquant'anni di vita cotoniera. Profili, Varese 1954, pp. 64 s.; G. Spadolini, Irepubblicani dopo l'Unità, Firenze 1960, p. 92; B. Vigezzi, L'Italia di fronte alla prima guerra mondiale, I, L'Italia neutrale, Milano-Napoli 1966, p. 824; IlCotonificio Cantoni nella storia dell'industria cotoniera italiana 1872-1972, Città del Vaticano s. d., p. 172; M. Tesoro, I repubblicani nell'età giolittiana, Firenze 1978, pp. 37, 42, 82, 103, 288, 290; A. Bernard, Storia dell'Associazione cotoniera italiana, Milano 1982, p. 77.