DOMPIERI, Carlo
Nacque a Trieste il 29 luglio 1842, figlio di Luigi, commerciante di tessuti trentino, primo di tre figli. Frequentati la scuola commerciale italiana e l'ultimo corso del liceo tedesco, si iscrisse alla facoltà giuridica di Padova, ma dopo un semestre - poiché qui mancava il riconoscimento legale del titolo di studio - passò a Vienna e successivamente si laureò ad Innsbruck. Tornato a Trieste ed esentato con la sostituzione dal servizio militare, si dedicò per qualche tempo agli affari, sempre più difficili, della ditta paterna e agli inizi della professione forense. Entrò nello studio dell'avvocato C. Bozza, poi lavorò in società con l'avvocato A. Tommasini. Nel 1868 sposò Anna Vigolla, dalla quale ebbe ben dieci figli.
Nello stesso periodo entrò nella vita pubblica, essendo stato eletto a Trieste direttore della liberale Società del progresso e presidente della fiorente Società di ginnastica. Pronunciò i primi discorsi politici, auspicando con oratoria sobria e concettosa la prossima fine dei potere temporale dei papi (1869). Difese nel 1871 E. Rascovich dall'accusa di alto tradimento, in un processo che fece scalpore, e ne ottenne alla fine l'assoluzione (1871). Candidato al Consiglio dell'Impero, non sostenuto come sperava dalla Società del progresso, ritirò quasi subito la candidatura (1873). Alla fine del 1876 venne eletto consigliere municipale di Trieste nel Il corpo elettorale (laureati e professionisti).
Nella sua permanenza nel Consiglio il D. fondò la sua attività su questi punti: strenua difesa dell'autonomia comunale, garantita dalla patente imperiale dell'aprile 1850, severa e oculata gestione amministrativa, sostegno ai preminenti diritti della popolazione di lingua italiana nelle scuole e nelle società, tutela degli interessi cattolici minacciati dall'anticlericalismo massonico. Egli tenne con abilità e successo la gestione dei teatro comunale, poi assunse la presidenza dell'azienda del gas.
Sciolto d'autorità il Consiglio che si era rifiutato di onorare il reggimento Weber reduce dalla Bosnia Erzegovina, ne venne eletto un altro più avanzato che espresse come podestà R. Bazzoni. Insorsero controversie sul ginnasio comunale, pro e contro la sua statizzazione, e, più gravi per i risvolti politici, sui festeggiamenti programmati nel cinquecentesimo anniversario della dedizione di Trieste all'Austria. Infatti maturava la preparazione dell'attentato di G. Oberdan, che - poco dopo la visita di Francesco Giuseppe - venne condannato a morte e impiccato. Il D. s'era reso in questi anni economicamente indipendente, svolgeva apprezzata attività di conferenziere su temi storico-filosofici alla Società di Minerva, e veniva eletto vicepodestà (1886). In tale veste svolse trattative a Vienna per conto del Comune, ottenendo agevolazioni nella gestione portuale, mentre come avvocato assunse la difesa dello stampatore dell'Indipendente, arrestato con i redattori per reato di stampa (1889), e l'anno dopo quella di quattro giovani del Circolo Garibaldi, rei del lancio di petardi a scopo dimostrativo. 1 movimenti a sfondo irredentistico venivano duramente colpiti: vennero sciolte la Società Pro Patria, per la solidarietà dimostrata verso la Dante Alighieri, e la stessa Società dei progresso, per scarso attaccamento alle istituzioni. Nel 1891 poi, essendo podestà F. Pitteri, venne soppresso anche il porto franco di Trieste e di Fiume. Il D. sosteneva in Consiglio la richiesta d'una università italiana a Trieste, poi l'opportunità di restituire alla gestione statale i Magazzini generali. Alterne vicende impegnavano la politica locale, bisognosa dei sostegno governativo, ma incline a condividere le proteste dei Comuni istriani contro l'imposto bilinguismo.
Nelle elezioni del 1897 si affermava una forte maggioranza liberale al Comune (48 consiglieri, e 6 sloveni del suburbio): il 24 marzo, dopo la forzata rinuncia di G. De Angeli, al quarto scrutinio venne eletto podestà il Dompieri. Lo salutò con fiducia nella "sperimentata capacità amministrativa" il luogotenente imperiale T. Rinaldini, lo applaudi la folla, anche per la concomitante elezione di A. Hortis a deputato di Trieste, ma il suo triennio fu assai travagliato.
Affiorarono polemiche sul potenziamento dell'acquedotto e si acui il contrasto fra il Comune e il vescovo, il croato A. Sterk, il quale fece predicare in sloveno nelle chiese di S. Giusto e di S. Antonio, mentre il Comune lo invitò a consentirlo solo in quelle del suburbio. A differenza della maggioranza liberale, il D. era un cattolico praticante (tra l'altro interveniva abitualmente alla messa pasquale); come podestà incontrò a Roma il cardinale M. Rampolla, sostenendo le ragioni della latinità della Chiesa triestina, e favori la venuta a Trieste dei salesiani italiani, che ottennero una parrocchia e fondarono un patronato destinato ad espandersi. In questa situazione il D. fu osteggiato contemporaneamente dai laicisti e dagli Sloveni, mentre il luogotenente proibi l'apposizione della lapide da lui dettata a ricordo dell'assise dei delegati dei Comuni giuliani contro le pretese slave (15 genn. 1899). Ma la crescita del porto e l'aumento di popolazione vennero affrontati dal Comune con ampiezza di vedute: fu lanciato un prestito cittadino di 6.000.000 di fiorini, potenziato l'acquedotto di Aurisina, avviato a realizzazione il porto di Sant'Andrea, eretto il palazzo del governo, le carceri, il manicomio, accresciuto l'impegno di spesa per le istituzioni scolastiche, sostenuta l'attuazione delle linee ferroviarie dei Tauri e dell'Isonzo.Alla fine del secolo una grave crisi divise i liberali triestini nella corrente intransigente capeggiata da F. Venezian e in quella democratica guidata da C. Banelli. Indipendente nel giudizio e nell'azione, il D. fece parte per se stesso e non venne neppure riproposto come candidato al Consiglio nel marzo 1900. Di fronte alle fiere polemiche di stampa e alla fiducia degli elettori che nonostante l'esclusione lo votarono in due collegi, il partito offrì al D. la candidatura al Parlamento. Egli la respinse con un dignitoso manifesto, nel quale ricordò "quel po' di bene che [aveva] potuto fare nella civica amministrazione" affermando che "il compito parlamentare richiede forze giovani e retta intelligenza dei tempi nuovi".
Pur non essendo più membro del Consiglio municipale, preoccupato per la diminuita autonomia comunale e per l'avanzata del socialismo, il D. diede un notevole contributo alla rielezione al Parlamento dell'Hortis (1901) e partecipò alle riunioni della Società D. Rossetti che caldeggiava l'alleanza fra i liberaInazionali e i cattolici. Negli anni successivi crebbe l'isolamento del D. che si dedicò tutto alla famiglia. Con lo scoppio della prima guerra mondiale, egli subi ancora dolorose prove: la perdita del fratello e della consorte, la lontananza dei quattro figli maschi che avevano passato il confine per arruolarsi nell'esercito italiano, le perquisizioni e gli interrogatori della polizia, le privazioni e la fame.
Le ultime pagine del suo diario (pubblicato dal figlio Sergio), sempre più scarne, sono dedicate alla cronaca delle gioiose giornate della liberazione di Trieste, seguite dalle note sulla difficile definizione dei confini, la preoccupazione per la crisi politica ed economica del dopoguerra. Ma orinai il vecchio patriota era uno spettatore appartato. Alla fine del 1920 rinunciò all'esercizio dell'avvocatura, estraniandosi da ogni attività e ripiegando nelle letture e nei ricordi.
Il D. morì a Trieste il 14 nov. 1925.
Fonti e Bibl.: Necrologio, in Il Piccolo (Trieste), 16 nov. 1925; C. Dompieri, Diario (pubbl. dal figlio Sergio, pro manuscripto), Faenza 1932; S. Dompieri, Il diario di C. D., I, 1869-1902, in Atti e memorie della Soc. istriana di archeol. e storia patria, n. s., XVI (1968), pp. 161-199; II, 1903-22, ibid., n. s., XVII (1969), pp. 175-206; A. Tamaro, Storia di Trieste, Roma 1924, II, pp. 433-436; M. Alberti, L'irredentismo senza romanticismi, Como 1936, pp. 323-324; Diario di C. D. podestà di Trieste, in Vita italiana, 1943, fasc. 359; R. Alessi, Trieste viva, fatti uomini pensieri, Roma 1954, pp. 118, 169; C. Pagnini, I cento anni della Società ginnastica triestina, Trieste 1963, pp. 40, 49; G. Valdevit, Chiesa e lotte nazionali: il caso di Trieste (1850-1919), Udine 1979, pp. 184, 191, 193-195, 202, 208, 235; C. Schiffrer, L'attesa di Trieste, in Atti del XLIV Congresso di storia del Risorgimento italiano (Trieste 1968), Roma 1970, p. 24.