EDERLE, Carlo
Nacque a Verona il 9 nov. 1761 da Lucrezia Zuliani e da Giuseppe, pittore d'ornato, presso il quale, giovanissimo fece il suo apprendistato. Intorno al 1780 entrò nella scuola dello scenografo bolognese Filippo Maccari (Dalla Rosa, 1803-04). Iniziando a lavorare con questo al teatro Filarmonico di Verona, ebbe modo di confrontarsi con la scuola prospettica dei Galli Bibiena, di cui Maccari era stato allievo. La sua attività di scenografo dopo l'alunnato presso il Maccari, durato fino al 1786, continuò in collaborazione con Giovanni Canella (Romin, 1975, p. 85), anch'egli allievo del Maccari e attivo al teatro Filarmonico (cfr. anche Garibotto, 1935).
In seguito l'E. iniziò a firmare personalmente la realizzazione delle scenografle del Filarmonico per gli anni 1791-97 (esclusi il 1792 e il 1793), mettendo in scena drammi musicali: La scuffiara (musiche di G. Paisiello), Alciade e Telesia (musiche di G. Giordani), La pastorella nobile (musiche di P. A. Guglielmi) nel 1791; La morte di Semiramide (musiche di G. B. Borghi) e Rinaldo D'Aste (musiche di M. A. Portugal) nel 1794; Igiuochi di Agrigento, Didone abbandonata e L'Adelvolto (tutti e tre con musiche di G. Paisiello) nel 1796, e nel 1797 La moglie capricciosa (con musiche di G. Gazzaniga; cfr. Garibotto, 1935; P. Rigoli, 1982, pp. 156, 158). Nel 1794 realizzò le scene di Lo spazzacamino principe (musiche di M. A. Portugal) e Il chinese in Italia (di F. Bianchi; in Archivio di Stato di Verona, Fondo Malaspina, n. 1507).
Poseguì la sua attività di pittore scenografo tra il 1798 e l'inizio del 1800, anche al piccolo teatro del Territorio a Verona (Ibid., Fondo VIII, Libro Mastro dell'entrata ed uscita della Società delli sig. dilettanti comici nelle sale del Territorio per gli anni 1798, 1799, 1800, vari n. 246). Ritornato al teatro Filarmonico nei primi anni dell'800, l'E. firmò nella stagione del carnevale 1808 le scene per i due balli La morte di Agamennone e Macbeth, ideati da F. Clerico (Rigoli, 1982, p. 161).
In questi anni la sua attività artistica comprese anche la decorazione di alcuni dei più noti palazzi veronesi. Già intorno al 1780 l'E. decorò insieme con Giovanni Canella e a G. B. Le Gru, anch'egli allievo di Maccari (Dalla Rosa, 1803-04, p. 357), palazzo Sivetti, già Allegri, ora delle suore orsoline, il cui impianto generale viene attribuito al Canella (Marini, 1988).
Delle tre camere, "dipinte d'architettura", rimane soltanto quella realizzata dal Canella, mentre degli interventi di Le Gru e dell'E. rimangono solo le travi dipinte (Gozzoli, 1975, p. 97).
La decorazione degli altri palazzi veronesi risale ai primi dell'Ottocento: l'E. lavorò come quadraturista a palazzo Murari Bra a San Fermo Maggiore (Dalla Rosa, 1803-04, p. 354); nel palazzo Portalupi realizzò le quadrature della sala e delle camere tra il 1803 ed il 1804 (ibid., p. 357). Inoltre, negli stessi anni, come testimonia il Dalla Rosa (ibid., pp. 338, 345, 348), l'E. realizzò delle quadrature per palazzo Faccioli, di cui non rimane alcuna decorazione, per palazzo Balladoro in corso Cavour, le cui decorazioni sono ancora in buono stato e per un palazzo Gottardi in San Salvatore a Corte Regia, oggi non ancora identificato.
Della sua attività di pittore non si conoscono tele; quella di cui dava notizia il Dalla Rosa nella chiesa di S. Domenico a Verona non gli può essere attribuita per motivi cronologici: era infatti già documentata nel testo di G. B. Biancolini, Notizie storiche delle chiese di Verona (Verona 1749-1771; cfr. anche Rognini, in La pittura a Verona…, 1986, I, p. 139).
Nel 1815 l'E. pubblicò a Verona i Principi elementari di ornato, testo corredato da incisioni con disegni architettonicidecorativi, le cui stampe furono eseguite per lo più dal figlio Giuseppe e dal cognato A. Rivelante. Inoltre, al Museo di Castelvecchio di Verona rimangono i tre disegni autografi che documentano l'Arco di Gavi in Verona prima della sua demolizione avvenuta nel 1805 (ibid.). Divenuto socio onorario dell'Accademia di pittura e scultura di Verona nel 1802, l'E., quando riapri il regio liceo, nel 1808, sostitui F. Albertolli nella cattedra di disegno (Marchini-Ronzani-Pinoli, 1970-71, pp. 690 s.).
Mori a Verona il 21 dic. 1835.
Lavorarono con lui i figli Giuseppe, pittore ed incisore, e Luigi, pittore, di cui si hanno scarse notizie. Dell'attività del figlio Giuseppe, nato nel 1786, rimane come testimonianza un'acquaforte raffigurante La Maddalena, con dedica a Pietro Pojana (Rognini, 1985, p. 168).
Fonti e Bibl.: Verona, Museo di Castelvecchio, trascriz. dattiloscritta del ms. S. Dalla Rosa, Catastico delle pitture e delle sculture esistenti nelle chiese e nei luoghi pubblici in Verona [1803-04], pp. 61, 338, 345, 348, 354, 357, 362; D. Zannandreis, Le vite dei pittori, scultori e architetti veronesi, Verona 1891, pp. 424 ss.; C. Garibotto, Spettacoli lirici al Filarmonico nel Settecento, in Atti e mem. dell'Accademia d'agricoltura, scienze e lettere di Verona, s. 5, XII (1935), pp. 63 s., 66-69; L. Franzoni, Il primo progetto di conservazione dell'Arco di Gavi e nuovo contributo al suo restauro, ibid., s. 6, XIX (1967-68), pp. 142 s.; G. Marchini-F. Ronzani-G. Pinoli, Contributo alla bibliografia sanmicheliana, ibid., s. 6, XXII (1970-71), pp. 690 s.; F. Dal Forno, Case e palazzi privati di Verona, Verona 1973, pp. 157, 233; M. C. Gozzoli, Il paesaggio, in Mostra dei maestri di Brera 1766-1859, Milano 1975, pp. 97, 226-231; L. Romin, La scenografia teatrale veronese nella seconda metà del Settecento, in Vita veronese, XXVIII (1975), 3-4, pp. 83-88; P. Rigoli, Il teatro Filarmonico dal Settecento ai nostri giorni, in L'Accademia filarmonica di Verona e il suo teatro, Verona 1982, pp. 156, 158, 161, 203 n. 94, 204 n. 119; L. Rognini, Nota sui documenti inerenti agli incisori veronesi, in La Collezione di stampe antiche, Museo di Castelvecchio (catal.), Verona 1985, pp. 168, 185 s.; La pittura a Verona dal primo Ottocento. a metà Novecento, Verona 1986, I-II, ad Indicem; P. Marini, in L'architettura a Verona nell'età della Serenissima, Verona 1988, III, pp. 351, 361; E. Rama, in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1990, p. 707.