CARLO EMANUELE III di Savoia, re di Sardegna
Nacque in Torino il 27 aprile 1701, figlio minore di Vittorio Amedeo II e di Anna di Francia. Ebbe dapprima il titolo di duca d'Aosta; diventò principe di Piemonte alla morte del fratello maggiore Vittorio Amedeo nel 1715, e solo allora il padre volle che avesse una accurata educazione ed istruzione militare e politica, non letteraria. Quando il padre nel 1730 abdicò, C. E., sebbene con titubanza, salì al trono; ma poi si oppose recisamente ad ogni tentativo di Vittorio Amedeo II di riprendre il potere. Scoppiata la guerra di successione di Polonia, C. E. alle lusinghe austriache antepose l'alleanza della Francia che gli prometteva Milano e tutte le conquiste da farsi (trattato di Torino, 1733). Assistito dal vecchio maresciallo di Villars, prese il comando dell'esercito franco-piemontese, e tra la fine del 1733 e il principio del 1734 occupò Milano, Pavia e le principali fortezze della Lombardia. Una nuova campagna militare sul Po nel 1734 diede modo a Carlo Emanuele di coprirsi di nuovi allori militari a Guastalla (19 settembre 1734); ma la pace di Vienna del 1738 lo costrinse a sgombrare il Milanese, lasciandogli definitivamente solo Novara e Tortona. Così quando si aprì nel 1740 il conflitto per la successione d'Austria, C. E. respinse le offerte francesi e si alleò (trattato di Worms) con l'imperatrice Maria Teresa e con l'Inghilterra; questa si impegnò ad un sussidio annuo di 200.000 sterline, quella promise Vigevano, l'Oltrepò pavese e Piacenza. Di nuovo il re di Sardegna prese il comando dell'esercito contro il generale spagnolo Montemar, avanzatosi da Napoli verso il Po; i piemontesi occuparono la Mirandola e combatterono un'incerta battaglia a Camposanti. Di poi C.E. corse sulle Alpi a ricacciare un esercito spagnolo, che, attraverso alla Francia amica ed alleata, aveva invaso la Savoia.
Più aspra diventò la guerra quando il Piemonte fu oggetto di insistenti attacchi franco-spagnoli. Respinto il tentativo di sbucare in Val Varaita, i nemici ritentarono nel 1744 in Val d'Ilma e, conquistato il caposaldo di Demonte, assediarono Cuneo. C. E. accorse in aiuto della città, ma fu sconfitto alla Madonna dell'Olmo; ritirandosi, pronunciò la frase piena di grandezza morale: "possiamo essere oppressi, avviliti mai". I Franco-Spagnoli non poterono impedire che nella città entrassero vettovaglie e allora si ritirarono. Nel 1745 la minaccia nemica per il Piemonte si delineò gravissima, avendo Genova aderito all'alleanza franco-spagnola. Alessandria venne assediata dopo l'infelice battaglia di Bassignana; Asti e Casale vennero occupate, Torino stessa si trovò minacciata. La Francia offrì allora le più belle condizioni a C. E. se avesse acconsentito a rompere con l'Austria; non solo parlò di cessioni in Lombardia, ma propose una federazione italica, che escludesse dalla penisola l'influsso germanico, e che fosse sotto la direzione militare del re di Sardegna. A Torino tale progetto (D'Argenson) fu respinto senza esitazione, perché si vide tutto il pericolo d'un reale predominio francese in cambio d'un discutibile predominio austriaco. Il re organizzò invece energicamente un'offensiva su Asti: la città fu presa, costringendo quel presidio francese a capitolare: poi si liberò Alessandria dall'assedio e allora le forze piemontesi unitesi con quelle austriache marciarono su Novi e su Genova stessa. C. E. attese a rioccupare Nizza; assediò e conquistò Savona. Quando Genova, assediata dagli Austriaci, si ribellò nel dicembre 1746, C. E. inviò per dovere d'alleanza un corpo d'esercito per partecipare all'assedio della città; ma era in contrasto con il governo di Vienna per la spartizione delle conquiste. Un ultimo tentativo franco-spagnolo di scendere su Torino attraverso alle Alpi Cozie fu gloriosamente respinto dai Piemontesi al colle dell'Assietta (19 luglio 1747). Alla pace di Aquisgrana del 1748 C. E. però dovette accontentarsi di avere dall'Austria Vigevano, l'Oltrepò Pavese e la contea di Anghiera; Piacenza fu data al suo avversario Filippo di Borbone, pur riconoscendo i diritti del re di Sardegna alla successione.
La guerra dei Sette anni, combattuta contro la Prussia dalla Francia e dall'Austria, lasciò C.E. apparentemente indifferente. Il suo ambasciatore a Londra, il Viry, s'interpose poi a nome del re tra Francia e Inghilterra, per far trionfare i diritti sabaudi su Piacenza, ma non riuscì se non a far riconfermare gli aleatorî diritti di successione: la Francia però dovette versare al governo di Torino 10 milioni di indennizzo per le rendite del piacentino.
La seconda parte del regno di C. è contrassegnata da molte riforme finanziarie, amministrative, giudiziarie dirette ad organizzare e sistemare lo stato piemontese, diventato nel sec. XVIII, per opera prevalentemente del grande principe, elemento ponderato d'equilibrio europeo. C. E. III sposò successivamente Cristina Luigia, figlia di Teodoro conte palatino del Reno (1722); Polissena Cristina di Assia-Rheinfelds (1724); Elisabetta Teresa di Lorena, sorella di Francesco di Lorena (1737). Ebbe varî figli: Vittorio Amedeo (nato 1723, morto 1725); Emanuele Filiberto (nato 1731, morto 1735); Vittorio Amedeo (n. 1726), il futuro re di Sardegna; poi Carlo Rinaldo duca del Chiablese, Carlo Francesco duca di Asti, Benedetto Maurizio duca del Chiablese. Morì il 20 febbraio 1773 in Torino. (V. tav. XVI).
Bibl.: D. Carutti, Storia del regno di C. E. III, Torino 1859.