ESTERLE, Carlo
Nacque a Trento il 1° nov. 185 3 da Carlo e da Maria Rizzi. Il padre, medico e docente di ostetricia, fu, nel 1848, delegato tirolese all'Assemblea costituente di Francoforte, ove perorò l'italianità del Trentino ed il suo distacco dalla Confederazione germanica.
Dopo i preliminari di pace di Villafranca la famiglia fu costretta ad emigrare e si stabilì a Novara. Rimasto prematuramente orfano del padre (1862), l'E., con l'appoggio di alcuni familiari, intraprese gli studi di ingegneriacivile presso la scuola di applicazione per ingegneri di Torino ove conseguì la laurea nel 1875. Trasferitosi con la famiglia a Roma durante la fase di rinnovamento urbanistico-edilizio della nuova capitale, si dedicò alle costruzioni civili realizzando, tra l'altro, per incarico del Municipio, il castello dell'Acqua Marcia.
Sul finire degli anni '80, a seguito della grave crisi finanziaria che colpì il settore edilizio della capitale, si impegnò per qualche tempo nelle costruzioni ferroviarie. Nel 1890 assunse la funzione di direttore della Società delle forze idrauliche di Tivoli proprio mentre la Società anglo-romana per l'illuminazione di Roma si accingeva a realizzare, da Tivoli a Roma, il primo trasporto a carattere industriale, in Italia, dell'energia elettrica a corrente alternata; ebbe così modo di cogliere appieno l'importanza e le grandi potenzialità di sviluppo del nuovo campo d'azione della produzione, del trasporto e della distribuzione dell'energia elettrica.
Alla direzione della Società delle forze idrauliche l'E. riuscì a far apprezzare le proprie doti manageriali presso gli ambienti della Banca generale, cui l'impresa era legata, venne così nominato anche direttore generale della Cassa sovvenzioni ai costruttori di Milano verso la quale la Banca generale vantava consistenti immobilizzi. In questa veste fu in stretto contatto con 0. joel, allora direttore della sede di Milano, e poi di quella di Genova, della Banca generale.
Dopo la caduta di quell'istituto e la costituzione della Banca commerciale italiana (Comit) l'E., considerato persona "assai competente in materia" (Arch. d. Banca commerciale ital. [ABCI], Com. centr., I, 29 sett. 1897, p. 119), divenne consulente per gli affari immobiliari della direzione della nuova banca, dedicandosi in particolare al progetto di concordato per la ricostituzione della fallita Società generale immobiliare (1896-1898) e alla valutazione dei terreni del nuovo quartiere di via XX Settembre a Genova (1897).
Nel 1896 venne chiamato dalla direzione della banca alla guida della Società generale italiana di elettricità, sistema Edison, proprio quando questa usciva da un tormentato ed incerto periodo iniziale e si accingeva ad effettuare cospicui investimenti in nuovi rami di attività. Allo sviluppo della Società Edison, di cui sarebbe stato consigliere delegato fino alla morte, avrebbe legato la parte principale della propria attività trasformando, in poco più di un decennio, l'impresa elettrica milanese, che ancora gestiva un modesto impianto termoelettrico locale, nella maggiore impresa elettrica italiana.
Durante il primo pionieristico decennio di vita i risultati economici della Società Edison, costituita il 6 genn. 1884, avevano risentito pesantemente della ristrettezza del mercato dell'energia elettrica (condizionato dalla concorrenza dell'illuminazione a gas) e della rapidissima obsolescenza cui erano soggetti impìanti e macchinari nella fase iniziale della parabola tecnologica dei sistemi elettrici. L'urgenza di remunerare il capitale aveva spinto il gruppo dirigente dell'impresa ad anteporre la distribuzione di dividendi ad un'accorta politica di ammortamenti tanto che, nel 1892, si era resa necessaria la riduzione del capitale da 6 a 3,6 milioni di lire. Ambiziosi progetti di sviluppo erano stati tuttavia predisposti nei primi anni '90: la realizzazione di un grande impianto idroelettrico a Paderno sull'Adda con una potenza installata di 9.500 kw (che al momento della sua inaugurazione sarebbe stato il maggiore d'Europa) e l'elettrificazione della rete traniviaria urbana. La caduta della Banca generale, alla quale la Edison si appoggiava, e la crisi bancaria del 1893-94 avevano però impedito il reperimento dei capitali necessari per i nuovi investimenti, preventivati in oltre 16 milioni di lire. Solo nel 1895-96 l'intervento di un gruppo composto dalla Banca commerciale, dalla Banca Feltrinelli e dalla Banca Zaccaria Pisa garantì alla Società Edison i necessari sostegni finanziari. A quel gruppo la Edison si sarebbe poi appoggiata per oltre un ventennio.
Nel marzo 1896 l'E. entrava nel consiglio di amministrazione della società quale rappresentante della Banca commerciale; pochi mesi dopo, alla morte del presidente della Edison G. Pesaro, veniva nominato consigliere delegato "per la durata non inferiore ad un decennio a partire dal 10 genn. 1897", ma di fatto cominciò ad operare nelle nuove funzioni fin dal giugno 1896 (Arch. d. Soc. Edison [ASE], Verbali del Consiglio di amministrazione [VCA], III, 6 giugno 1896, pp. 34 s.).
Sotto la guida dell'E. l'amministrazione della Edison subì profonde innovazioni sul piano della gestione finanziaria, della programmazione degli investimenti e della difesa dalla concorrenza delle altre società elettriche che, a partire dagli ultimi anni del secolo, cominciavano a sorgere sempre più numerose. I ventidue anni della sua gestione videro l'attuazione di un'accorta politica imprenditoriale che trovò i suoi cardini nell'attenta cura posta nello stimolare, prima, e nel seguire, poi, lo sviluppo della domanda di energia; nell'abile sfruttamento delle posizioni di rendita acquisite dalla società; nella gelosa salvaguardia della zona di influenza conquistata; in una politica tariffaria e di bilancio capace di garantire, oltre che consistenti dividendi, elevati margini di autofinanziamento; in una politica di espansione industriale e finanziaria, infine, mirante alla realizzazione di un complesso integrato di imprese elettriche nell'area lombarda, precoce prodromo alla formazione di quei sistemi elettrici regionali nei quali l'oligopolio elettrico italiano si sarebbe strutturato dopo la grande guerra.
L'elemento caratterizzante della nuova prassi imprenditoriale seguita dall'E. era costituito dall'approntamento di periodiche, accurate previsioni, a medio termine, dei fabbisogni finanziari per lo sviluppo delle attività sociali: una metodologia che "certamente non trova[va] ampio riscontro nella prassi italiana e permette[va] alla banca finanziatrice di mettere in atto se non l'unico, certo uno dei pochi esempi di considerazione "programmata" della copertura dei fabbisogni di un affidato" (A. Confalonieri, Banca e industria in Italia 1894-1906, Milano 1976, III, p. 251). Una prassi che sembra rendere ragione della nota affermazione di A. Gerschenkron secondo cui, in Italia, le banche miste "fecero affluire alle imprese industriali nascenti o in espansione non soltanto capitali ma anche, in notevole misura, direzione imprenditoriale" (Il problema storico dell'arretratezza economica, Torino 1965, p. 86).
Sul piano industriale prima preoccupazione dell'E. fu quella di giungere a collocare presso l'utenza l'ingente potenza della nuova centrale idroelettrica di Paderno, pari a circa otto volte quella assorbita fino a quel momento dalla rete milanese. In effetti l'impianto idroelettrico - affiancato da una nuova centrale termoelettrica della potenza di 2.400 kw, inizialmente concepita come centrale di riserva - era stato progettato, durante quelli che sono stati definiti "gli anni più neri" attraversati dall'economia italiana, per soddisfare principalmente la domanda di energia per servizi pubblici, quando un ingente investimento mirante a soddisfare unicamente la domanda privata sarebbe risultato troppo rischioso. Poiché il servizio traniviarlo avrebbe assorbito circa la metà della potenza disponibile occorreva promuovere la diffusione dell'impiego dell'elettricità, non solo per l'illuminazione ma anche per forza motrice, attraverso adeguate riduzioni tariffarie consentite dai minori costi della produzione ìdroelettrica. In questo compito l'E. fu coadiuvato dal giovane ing. Ettore Conti, futuro fondatore della Società per imprese elettriche Conti, al momento dipendente della Edison, con il quale avrebbe instaurato un duraturo sodalizio, non solo d'affari, ma anche professionale ed umano.
La centrale di Paderno tuttavia entrò in servizio (1898 a potenzialità ridotta, 1900 a piena potenza) quando, superata la crisi, l'attività produttiva era ormai in netta ripresa: il collocamento della potenza disponibile venne realizzato con molta rapidità tanto che a pochi mesi dall'entrata in servizio della centrale a pieno regime la potenzialità dell'impianto era già saturata. Per far fronte alla crescente domanda l'E. procedette, nell'immediato, ad integrare la produzione dell'impianto idroelettrico con quella della centrale termoelettrica, la cui potenzialità veniva progressivamente accresciuta. Superate le iniziali difficoltà di promozione per vincere inveterate diffidenze, la superiorità dell'elettricità quale fonte energetica - per la versatilità delle possibilità di applicazione e per i minori costi rispetto ai motori termici - portava ad un'espansione "naturale" della domanda, che era quindi in grado di assorbire quanto l'offerta metteva a disposizione. All'inizio del secolo, la potenzialità espansiva del mercato energetico di Milano - ove l'E. riteneva si potessero "collocare altri 5.000 o 6.000 kw di energia con tutta sicurezza" - e la disponibilità di redditizie cadute d'acqua nell'alta pianura lombarda stimolavano la realizzazione di nuove intraprese. Al consigliere delegato della Edison si poneva pertanto con urgenza la necessità di reperire nuove fonti di energia idraulica per conservare alla Edison il monopolio, perché "il cessare la vendita di [nuova] energia equivarrebbe ad aprire la porta alla concorrenza" (ASE, VCA, IV, 10 marzo 1901, p. 63).
Di fronte a questo pericolo l'E. coglieva molto lucidamente i vantaggi derivanti alla Edison dalla sua posizione di firstcomer: "un affare mediocre per altri - affermava - puo essere buono per noi. Ciò che ha trattenuto finora i nostri concorrenti, si e. appunto, l'esistenza della Società Edison la quale si trova in condizioni favorevoli. Avendo già una rete sufficientemente estesa, una riserva a vapore, una numerosa clientela, la nostra Società può, con una spesa notevolmente inferiore a quella che dovrebbe sostenere chiunque altro, ampliare le proprie officine ed estendere la propria rete, mettendosi così in grado di utilizzare nuova energia" (ibid., p. 61). Tuttavia, poiché una parte del gruppo finanziatore (Banca Feltrinelli e Banca Pisa) si mostrava riluttante ad impegnarsi in nuovi investimenti per ampliare la capacità produttiva della società, l'E., giovandosi della posizione di rendita conquistata dalla Edison sul mercato attraverso la progressiva estensione della rete di distribuzione e l'acquisizione di un'utenza consistente, pose in atto una politica di espansione indiretta. Questa si concretizzò nell'assunzione, da parte della Edison, di partecipazioni relativamente contenute al capitale azionario delle società elettriche di nuova costituzione i cui impianti potessero interessare il Milanese, dietro l'impegno, da parte di queste ultime, di riservare alla Edison tutta, o parte, dell'energia prodotta e di astenersi dalla distribuzione nella "zona Edison".
L'inaugurazione di questa politica si ebbe, il 27 nov. 1901, con la partecipazione (per 700.000 lire) alla costituzione della Società per imprese elettriche Conti, sorta, con un capitale di 3 milioni, per iniziativa di Ettore Conti, della ditta Gadda & C., della Società Brioschi & Finzi e di altri azionisti minori, allo scopo di utilizzare una caduta d'acqua sul Brembo la cui potenzialità veniva contrattualmente riservata alle reti Edison. Questa politica venne poi proseguita negli anni immediatamente seguenti con la partecipazione alla costituzione di altre imprese che, con la Conti, sarebbero state, fino alla guerra, le maggiori fornitrici di energia della Edison: la Società anonima per la forze idrauliche di Trezzo sull'Adda "Benigno Crespi", costituita nel 1904 con un capitale di 2 milioni, e la Generale Elettrica dell'Adamello, costituita nel 1907 con un capitale di 10 milioni.
Nel primo lustro del secolo l'E. era il consigliere delegato di una società che, dopo la conversione alla produzione idroelettrica, distribuendo energia a Milano in regime di monopolio, era in grado di conseguire profitti di carattere eccezionale (tra il 1901 e il 1904 - quando aveva un capitale di 13.500.000 lire - la Edison coprì con l'autofinanziamento nuovi investimenti per più di 14 milioni, pur distribuendo un dividendo annuo pari al 15% del valore nominale delle azioni) e che aveva cominciato ad assumere interessenze in altre società elettriche.
Ma l'attività dell'E. sulla scena industriale milanese non si limitava alla gestione della Società Edison: uomo di fiducia della Banca commerciale ricopriva le funzioni di consulente tecnico dell'istituto per gli affari elettrici. L'investitura dell'E. in questo ruolo era avvenuta nel 1898 con la nomina, quale rappresentante della banca, nel consiglio di amministrazione della Società per lo sviluppo delle imprese elettriche in Italia, una finanziaria elettrica costituita dall'istituto milanese (che deteneva il 20% del capitale) con un gruppo austrotedesco, al quale, nel 1911, si sarebbe sostituita la zurighese Elektrobank (braccio finanziario della casa elettromeccanica tedesca AEG). La Sviluppo, nella quale l'E. ricoprirà la carica di vice presidente dal 1911 e di presidente dal 1916, nel periodo prebellico svolse un ruolo non secondario nella mediazione dei contrasti tra gruppi, italiani e stranieri, in lotta per la spartizione delle zone di influenza. Nel 1899 l'E. era stato tra i soci fondatori dell'Associazione fra esercenti imprese elettriche in Italia (AEIE), l'associazione di categoria degli imprenditori elettrici di cui, nel 1902, verrà nominato presidente. In questa veste diresse una commissione, composta dai maggiori industriali elettrici operanti in Italia, che alla fine del 1902 presentò al Giolitti ampie richieste di emendamenti - in parte poi accolti - al progetto di legge sulla municipalizzazione dei pubblici servizi, in senso più favorevole alle imprese esercenti.
A partire dal 1901 era poi entrato, spesso con la carica di presidente, nei consigli di amministrazione delle società elettriche che sorgevano con la partecipazione della Edison e, su designazione della Banca commerciale, anche in società operanti in altri settori, quali ad esempio l'Isotta Fraschini, di cui fu presidente dal 1907 al 1914, rimanendone successivamente consigliere, o la Società per la ferrovia Konia-Eregli-Burgurlu patrocinata dalla Deutsche Bank. Da queste posizioni di prestigio poté svolgere un ruolo di mediazione e conciliazione degli interessi non solo nel settore elettrico ma anche in altri comparti dell'industria italiana.
Come ricordò alla sua morte G. Semenza, l'E. "partecipava all'Amministrazione di Società fra le quali nascevano conflitti di interesse talvolta gravi: e mentre forse altri, timidi e pavidi delle responsabilità, si sarebbero confinati dietro il riparo della incompatibilità, egli rimaneva sulla breccia, e portava nelle contese quell'illuminato spirito di equanirnità che era nel fondo del suo carattere; e tentando di contenere i dissensi, di smussare gli spigoli troppo acuti, indirizzava infine i contendenti a soluzioni che fossero di comune interesse" (in L'Industria elettrica, XIV [1918], 9, p. 103) risultando uno dei "tessitori" di quella struttura oligopolistica che l'industria elettrica italiana aveva cominciato a costruirsi proprio in quegli anni.
Nel decennio 1905-1914 l'E. guidò la Edison nella prosecuzione della politica di espansione indiretta. La posizione di rendita acquisita sul piano industriale, potenziata dall'appoggio di un gruppo bancario che si era ormai posto sulla via della regolamentazione delle zone di influenza, costituiva una solida "barriera all'entrata" per altre imprese private sul mercato milanese dell'energia.
La municipalizzazione dei servizi elettrici, attuata in funzione antimonopolistica dal Comune di Milano nel 1905 - chel'E. aveva cercato di scongiurare con ogni mezzo - poneva fine allo sfruttamento esclusivo, da parte della Edison, di un mercato ad elevata potenzialità ed imponeva al consigliere delegato della Società, oltre a necessarie riduzioni tariffarie, la ricerca di nuovi mercati, tanto più che i progressi tecnologici nel campo delle tensioni consentivano ormai di estendere il processo di elettrificazione dalle grandi città ai centri minori.
L'E., che poteva da tempo contare su consistenti quote di autofinanziamento dell'impresa, e che aveva ottenuto dal proprio consiglio di amministrazione una delega in bianco a gestire la politica di espansione della società, riteneva che la Edison si trovasse nelle condizioni ottimali per porsi al centro di un disegno che portasse al controllo complessivo dell'offerta di energia nell'area lombarda. Si apriva così per la vecchia società milanese una nuova fase di espansione, non soltanto industriale ma anche finanziaria che, in poco più di un decennio, le avrebbe fatto assumere il ruolo di una holding.
Sul piano industriale la realizzazione del programma di espansione della società nella Lombardia occidentale e nel Piemonte orientale, tracciato dall'E. "per provvedere alle continue domande di energia che ci provengono. anche all'infuori del territorio di Milano" (ASE, VCA, V, 27 apr. 1905, p. 31) veniva affidato alla Società Conti - di cui la Edison al momento aveva il controllo di fatto pur detenendo solo poco più di un terzo delle azioni - alla quale erano state cedute le concessioni sul Toce.
Tra la Edison e la Conti, fin dalle origini di quest'ultima società, era venuto a stabilirsi un rapporto simbiotico: la Conti trovava conveniente, per il collocamento dell'energia dei suoi nuovi impianti, appoggiarsi alla consolidata struttura distributiva della Edison, mentre quest'ultima tendeva a "girare" alla Conti la costruzione di nuove centrali, la cui energia veniva poi in parte utilizzata dalla Edison stessa. Il rapporto tra le due imprese era destinato ad intensificarsi e a cementarsi col tempo tanto che, tra il 1911 e il 1912, l'E. avrebbe provveduto ad assicurare alla propria impresa la maggioranza assoluta del capitale Conti. Sul piano finanziario, a partire dal 1906, la Edison aveva cominciato ad assumere partecipazioni di minoranza in alcune società elettriche operanti ai confini della propria zona di influenza, partecipazioni che, a differenza delle precedenti, non trovavano la loro giustificazione nella prevenzione della concorrenza e nell'acquisizione di energia da fonti esterne ma costituivano un vero e proprio impiego di disponibilità finanziarie. Benché le partecipazioni fossero ancora - con l'unica eccezione della Conti - largamente minoritarie, la Edison prestava assistenza finanziaria ad alcune di queste società, attraverso la concessione di avalli per facilitare loro l'accesso al credito, coerentemente col disegno dell'E. tendente ad assumere la leadership delle imprese elettriche lombarde. Sul piano della gestione industriale questi, invece, non fu mai un accentratore - come è dimostrato dall'autonomia lasciata alla Conti, e ad altre società anche dopo l'acquisizione da parte della Edison del pieno controllo sul loro capitale - anzi l'E. attribuiva "gran peso all'azione individuale nella riuscita delle imprese" e comprendeva "quale incentivo sia per un uomo d'azione l'essere il duce di una piccola azienda, anziché il semplice direttore di riparto di una grande (G. Semenza, p. 103).
Dopo il 1905 la formazione di consistenti disponibilità finanziarie autonome aveva consentito alla Edison un allentamento della stretta dipendenza della società dalle decisioni e dalle disponibilità del gruppo bancario cui essa si appoggiava. Inoltre, grazie all'elevata redditività dei suoi investimenti, essa poteva presentarsi sul mercato finanziario come un partner molto appetibile per i nuovi operatori che in quegli anni iniziavano a far affluire credito al settore elettrico (in particolare le società ex ferroviarie e le Casse di risparmio). Tuttavia la società milanese, pur avendo instaurato rapporti finanziari anche con alcuni di questi istituti, avrebbe continuato ad appoggiarsi, per il credito ordinario e per la garanzia degli aumenti di capitale, al consorzio guidato dalla Banca commerciale; a suggello di una solidarietà ventennale nel maggio 1915, al momento dell'"italianizzazione" della dirigenza dell'istituto, l'E. entrava nel consiglio di amministrazione e nel comitato centrale della banca (dal 1916 sarebbe passato al comitato locale), consolidando una presenza di tutto rilievo nelle strutture dirigenziali dell'industria italiana.
Già nel 1910, infatti, era presente nel consiglio di amministrazione di una trentina di società, in gran parte elettriche (presidente, tra le altre, della Conti, della Società unione esercizi elettrici [Un. Es.], della Orobia, della Negri, dell'Idroelettrica ligure, della Caffaro, consigliere della Adamello, della Trezzo e dello Sviluppo), ma anche appartenenti ad altri settori (presidente dell'Isotta Fraschini, vicepresidente della Mediterranea e della Torinese tramways e ferrovie economiche; consigliere della Romana tramways e omnibus, dell'AEG-Thomson-Houston, della Generale immobiliare). Negli anni successivi avrebbe assunto la presidenza della Accumulatori elettrici, della Bolognese, della Elettrica coloniale (1914) e della Bresciana (1916); sarebbe entrato nel consiglio d'amministrazione della Società adriatica di elettricità (SADE), dell'Elettrica centrale, dell'Elettrica bergamasca (1914) dell'Unione telefonica italiana e del Consorzio per l'elettrotrazione (1916).
Nel 1910, per colmare la sentita lacuna esistente nell'organizzazione economica imprenditoriale, si era fatto promotore della costituzione della Associazione fra le società italiane per azioni (ASIA) che fu la prima organizzazione intercategoriale degli industriali a carattere nazionale. L'ASIA - di cui l'E. fu presidente fino al 1916 per divenirne successivamente presidente onorario - aveva raccolto, alla sua costituzione, l'adesione di 181 società con un capitale complessivo di 1.586 milioni e si prefiggeva di promuovere studi ed iniziative per il miglioramento della disciplina giuridica, e l'attenuazione di quella fiscale, cui erano soggette le società di capitali, oltre a svolgere un'azione di coordinamento fra le singole associazioni industriali, locali e di categoria. Di particolare rilievo fu, durante le presidenza dell'E., l'azione dell'ASIA contro il principio della tassazione dei sovrapprezzi sulle emissioni azionarie e la promozione di un'intensa attività volta ad ottenere una politica ulteriormente protezionistica. Nel 1918, di concerto con la Confederazione italiana dell'industria (CII), l'associazione avrebbe poi promosso la costituzione della Confederazione generale dell'industria italiana (CGII).
L'E., dunque, che era giunto alla guida della Edison come grand commis della banca mista, era riuscito a trasformare la Società in un potente organismo industriale e finanziario in grado di muoversi ormai con una certa autonomia e, grazie alle sue qualità personali, aveva conquistato una posizione di notevole prestigio non solo all'interno del settore elettrico, di cui era ormai il leader indiscusso, ma anche nel più vasto ambiente imprenditoriale italiano di cui aveva promosso l'organizzazione e il coordinamento.
Quanti ebbero modo di lavorare al suo fianco concordavano nel riconoscergli doti e qualità non comuni sul piano manageriale ed umano. 0. joel gli attribuiva un'"autorità indiscussa ed indiscutibile" negli affari elettrici (ABCI, Carte di O. Joel, 3 [326-7], lettera 1° marzo 1903). "Geniale, dotato di una mentalità sintetica, preparato alle più ardue situazioni finanziarie" lo definiva E. Conti (Dal taccuino di un borghese, Milano 1946, nuova ediz. Milano 1971, p. 17). Come "uno charmeur, ... intelligente, fine, abilissimo", dotato di "intuizione psicologica, prontezza d'ingegno e coltura, ... di una pieghevolezza di mente incomparabile, uno spirito raffinato" sì da diventare "presto signore e padrone dell'ambiente più difficile" lo ricordava G. Motta (in L'Energia elettrica, agosto 1928, p. 3). Negoziatore abilissimo, era convinto che "una cattiva transazione, tempestivamente stipulata, è preferibile ad una buona sentenza che giunga tardi, dopo anni di contrasti. Ma lottava quando erano in gioco i principi, ... ed allora diventava intransigentissimo". L'abilità negoziale dell'E. improntò non solo la paziente costruzione di "quel sistema di accordi ed intese, quasi sempre affidato alla lealtà degli uomini più che alla forza dei contratti" (ibid., p. 5) che pose le basi dell'oligopolio elettrico italiano ma anche le relazioni industriali (nelle trattative sindacali con i tramvieri, dipendenti dalla Edison, "le Commissioni del personale ... non nascondevano la loro preferenza a trattare direttamente con lui, pur conoscendo la sua abilità e la sua fermezza nel difendere gli interessi della Società": La morte del sen. E., in Corriere della sera, 8 sett. 1918, p. 3) e i rapporti con le Amministrazioni pubbliche (come fu tra il 1912 e il 1916, nelle lunghe trattative con il Comune di Milano, per la costituzione di un cartello tra la Edison e l'Azienda elettrica municipale [AEM] e per sancire le modalità della municipalizzazione tramviaria).
Superata una grave malattia nel 1911 - anche grazie alle cure della moglie Bice Riva cui si era unito in età non più giovane - nel dicembre 1913 venne nominato senatore per la categoria 21a (censo), ma, pur presenziando con una certa assiduità alle sedute, non intervenne mai nei dibattiti. Il suo impegno politico diretto si svolse fuori dalle aule parlamentari e si concentrò nel sostegno all'irredentismo trentino e, successivamente, agli ambienti nazionalisti ed interventisti. Il legame con la terra d'origine era sempre stato molto vivo: socio del Circolo trentino di Milano, era divenuto presidente della Commissione dell'emigrazione trentina e della sezione trentina dell'Associazione politica degli italiani irredenti. Nel maggio 1915, spinto, oltreché dalla solidarietà verso un conterraneo, dalle prospettive di commesse statali per forniture belliche in un settore del tutto nuovo, aveva patrocinato anche finanziariamente l'iniziativa della Società per lo sviluppo dell'aviazione in Italia (la futura Caproni), di cui sarebbe divenuto presidente.
Il suo appoggio agli ambienti nazionalisti risulta documentato dal 1913, quando nel luglio sottoscrisse con M. Bondi, D. Ferraris della Lega industriale di Torino ed E. Breda per la trasformazione dell'Idea nazionale da settimanale a quotidiano. Nell'ottobre 1914, insieme con E. Bruzzone (Unione zuccheri), G. Agnelli (FIAT), P. Perrone (Ansaldo), L. Parodi (armamento) fu tra i primi finanziatori de Il Popolo d'Italia; l'appoggio al quotidiano mussoliniano sarebbe continuato anche negli anni seguenti. Ancora alla vigilia di Caporetto, con B. Mussolini, G. B. Pirelli e L. Albertini, partecipava alle riunioni dei Comitato interventista milanese.
Durante la guerra l'E. ricoprì anche importanti cariche pubbliche; con L. Pontiggia (direttore generale dell'Associazone fra industriali d'Italia per la prevenzione degli infortuni) fu uno dei due membri civili del Comitato regionale di mobilitazione industriale della Lombardia. Per valutare appieno la delicata posizione dell'E. in seno al comitato va ricordato che dei sette membri dei comitati regionali di mobilitazione industriale solo i due membri civili ed il presidente (ufficiale superiore dell'esercito o della marina; nel Comitato per la Lombardia il gen. C. Sardegna) avevano potere decisionale, mentre i rappresentanti degli industriali (A. Salmoiraghi e E. Lepetit) ed i rappresentanti degli operai (13. Buozzi, E. Falchero) avevano semplice voto consultivo. L'E. conservò la carica di membro civile anche dopo l'allargamento dei comitati di mobilitazione industriale attuato nell'estate del 1917 con l'ingresso di altri due membri civili, di altri tre industriali e tre operai.
Il notevole incremento dei profitti registrato nel periodo bellico in tutti i coniparti dell'industria italiana, che nel settore elettrico aveva innescato un processo di sostituzione di capitali nazionali al capitale tedesco, ancora presente in misura considerevole, aveva fornito alla Società Edison nuovi, consistenti mezzi.
Nel 1916 l'E. - da quell'anno coadiuvato da Giacinto Motta che aveva assunto la carica di consigliere direttore della società - si avvalse delle nuove disponibilità per acquisire il controllo della produzione e della distribuzione dell'energia elettrica nella Lombardia orientale attraverso l'acquisto del pacchetto di controllo della Società elettrica bresciana.
Iniziava allora quel processo di concentrazione fra le imprese elettriche italiane, determinato dalle mutate condizioni della domanda, dal progresso tecnologico nel campo delle tensioni, dalle opportunità offerte dalle economie di scala, dalle nuove esigenze finanziarie indotte dal mutamento del regime delle concessioni idrauliche, che nell'arco di pochi anni avrebbe portato alla formazione di quei sistemi elettrici regionali che avrebbero improntato il settore elettrico fino alla nazionalizzazione. L'E., che pur non era stato "amico delle coalizioni gigantesche e farraginose" (G. Semenza, p. 103) e si era anzi adoprato per la costruzione di un sistema articolato e flessibile di imprese "collegate", fu tra i primi a cogliere e ad adeguarsi alle nuove modalità di uno sviluppo rigidamente oligopolistico; non a caso dall'inizio della guerra fu tra i fautori del blocco della costruzione di nuove centrali idroelettriche.
Nel periodo bellico le accresciute disponibilità finanziarie della Edison vennero impiegate anche per accentuare la progressiva autonomia della società dalla Banca commerciale. Tale processo, finché l'E. fu in vita, non assunse, almeno apertamente, connotazioni antagonistiche ma si realizzò con il consenso dell'istituto milanese: nel 1917, in occasione dell'aumento di capitale Edison da 18 a 24 milioni, la Comit si impegnava a retrocedere, al medesimo prezzo di emissione, 8.000 delle 10.000 azioni assunte a fermo dal gruppo bancario tradizionale ad un "Gruppo Edison, rappresentato dal Seri. Esterle e costituito da diversi consiglieri della stessa società" (ABCI, Fondo Ufficio finanziarior, p. 1045).
Nel luglio 1918 l'E. veniva poi nominato membro della sezione XV (utilizzazione delle forze idriche ed elettriche) della Commissione per il dopoguerra, ma la morte avvenuta a Milano il 7 sett. 1918 gli avrebbe impedito di partecipare anche alla seduta inaugurale dei lavori.
Fonti e Bibl.: L'assenza di carte personali e la mancanza di scritti e memorie rende attuale l'avvertimento di G. Motta che già nel 1928, ricordando, nel decimo anniversario, la morte dell'E., affermava: "Si potrebbe certamente compilare una biografia cronologica anche dettagliata, perché la sua attività volse a campi svariati e si fece notare per l'arditezza e l'equilibrio insieme del suo procedere, ma sfuggirebbe forse a tutti la possibilità di uno studio degno di lui: bisognerebbe lavorare su elementi raccogliticci e restare alla superficie. Gli è che si confidava raramente e soltanto con gli intimi; e pochi hanno potuto vantare la comunione di spiriti che forma la base indispensabile per una vera biografia, e senza della quale si fa della retorica" (G. Motta, cit., p. 4). Si deve pertanto ricorrere alla documentazione sparsa in numerosi archivi pubblici e privati. Il nucleo più importante è presso l'Arch. della Società Edison (ASE) a Milano: Verbali del Consiglio di Amministrazione (VCA), Libri mastro; ancora a Milano nell'Arch. storico della Banca commerciale ital. (ABCI): Verbali del Comitato centrale (Com. centr.), Verbali del Comitato locale, Carte di O. Joel (PJ), Fondo Segreteria generale, Fondo Ufficio finanziario (UF) e nell'Arch. di Stato di Milano: Fondo prefettura, Gabinetto. A Roma nell'Arch. centrale dello Stato, Carte Orlando. Tra le fonti a stampa sono rilevanti: Società Edison, Relazioni e assemblee, Milano ad annos; Atti parlam. Senato del Regno, Discussioni, leg. XXIV, sessione 1913-1919, pp. 1193, 1201, 4581 s., 4587, 4590 s.; Notizie statistiche sulle società per azioni, a cura del Credito italiano, ad annos. Della vasta bibliografia, per un primo inquadramento e per alcuni riferimenti cfr.: Sedici anni di attività dell'Associazione fra le Società italiane per azioni (1911-1926), Milano 1926, pp. 3-18; Nel cinquantenario della Società Edison, IV, Milano 1934, pp. 152-196; E. Conti, Dal taccuino di un borghese, Milano 1946, ad Indicem; R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario 1883-1920, Torino 1965, p. 354; M. Abrate, La lotta sindacale nell'industrialismo in Italia (1906-1926), Milano 1967, ad Indicem; V. Castronovo, La stampa italiana dall'Unità alfascismo, Bari 1970, pp. 210, 215, 272; P. Melograni, Storia politica della grande guerra (1915-1918), Bari 1972, p. 344; A. Confalonieri, Banca e industria in Italia 1894-1906, I-III, Milano 1974, ad Indices; G. Mori, Ilcapitalismo industriale in Italia, Roma 1977, ad Indicem; V. Zamagni, Industrializzazione e squilibri regionali in Italia, Bologan 1978, pp. 173, 251; S. Romano, G. Volpi. Industria e finanza tra Giolitti e Mussolini, Milano 1979, ad Indicem; V. Castronovo, L'industria italiana dall'Ottocento a oggi, Milano 1980, ad Indicem; A. Confalonieri, Banca e industria in Italiadalla crisi del 1907 all'agosto 1914, I-II, Milano 1982, ad Indices; P. Hertner, Ilcapitale tedesco in Italia dall'Unità alla prima guerra mondiale, Bologna 1983, pp. 229 ss.; E. Decleva, Conti Ettore, in Diz. biogr. degli Ital., XXX, Roma 1984, pp. 390 s.; Energia e sviluppo. L'industria elettrica italiana e la Società Edison, Torino 1986, ad Indicem; P. Hertner, Municipalizzazione e capitale stranieronell'età giolittiana, in La municipalizzazione inarea padana, a cura di A. Berselli, Milano 1988, pp. 63-66.