SOLIVA, Carlo Evasio
– Nacque il 27 novembre 1791 a Casale Monferrato, da Giovanni, commerciante, originario di Semione in Val Blenio (Canton Ticino), e da Lucia Cima.
Primo di quattro figli, ebbe i primi contatti con la musica nella cappella del duomo cittadino. Indi studiò nel neonato Conservatorio di Milano, pianoforte con Francesco Pollini e armonia e contrappunto con Bonifazio Asioli e Vincenzo Federici. Si diplomò nel 1815 e subito ottenne la scrittura di un’opera nuova per il teatro alla Scala: fu il ‘melodramma eroicomico’ La testa di bronzo o sia La capanna solitaria, libretto del giovane Felice Romani, con il quale il musicista strinse una durevole amicizia. Il dramma – tratto da un mélodrame à grand spectacle parigino del 1808, con il tipico salvataggio in extremis – ebbe un cast importante, con Giuseppina Fabbrè (Fabré) nei panni di una contessa polacca, il tenore Claudio Bonoldi, un militare suo segreto sposo, e il basso Filippo Galli, il principe slovacco che li ricatta e perseguita. Dalla prima recita, 3 settembre 1816, si contarono poco meno di cinquanta repliche: un successo di portata rossiniana, confermato dalla circolazione negli anni successivi, anche su piazze importanti.
Le recensioni furono contrastanti; alcuni testimoni (tra di essi Louis Spohr) sottolinearono la scrittura densa ed elaborata, non affidata alle sole virtù della melodia vocale, com’era invece consueto per gli operisti italiani; e l’ordito musicale, secondo taluni, richiamava (o ricalcava) Wolfgang Amadeus Mozart e, più in generale, lo stile ‘tedesco’. In effetti, sotto il profilo stilistico, la partitura della Testa di bronzo non scimmiotta Gioachino Rossini: vi mancano, ad esempio, le amplissime colorature e le melodie periodiche (ossia regolari e squadrate), come pure gli abbondanti procedimenti iterativi. Del resto il prepotente predominio rossiniano sul cartellone scaligero scoppiò soltanto con il terzo decennio, mentre in quel momento l’ambiente milanese, dalla Scala al Conservatorio, guardava soprattutto a modelli tedeschi. Per i più accesi sostenitori, Soliva avrebbe creato una ‘terza via’: «Siamo giunti al tempo in cui tra la scuola italiana e la scuola tedesca se ne può combinare una mista» (Gazzetta di Milano, n. 249, 5 settembre 1816, p. 986). Più tardi scrisse Raimondo Boucheron: «il Soliva seppe tenersi lontano dalla servile imitazione di Rossini, e nutrito com’era nello studio di Mozart, seppe aprirsi una via propria, e formarsi uno stile, che al suo prediletto modello s’accosta, non tanto gli rassomiglia da poterlo dire imitazione di quello» (Gazzetta musicale di Milano, XII, n. 16, 16 aprile 1854, p. 122). La testa di bronzo ebbe ampia eco; per il poeta Carlo Porta, «la musica del sig.r Soliva è divina, ed il pubblico ha lui resa quella giustizia che gli era dovuta avendolo chiamato e richiamato sulla scena, quante volte si è trovato inebbriato di squisito piacere» (6 settembre 1816, in Le lettere di Carlo Porta..., 1967, p. 214).
Pur con diverse sfumature, la critica mise in evidenza la scrittura fin troppo rapsodica della musica di Soliva: un gran numero d’idee musicali accostate l’una all’altra (anziché sviluppate), transizioni frequenti e inusitate (magari spiazzanti per l’orecchio italiano), modulazioni peregrine, una tensione continua che mai si stabilizza: «non sempre il compositore sostiene, o sviluppa progressivamente, il motivo, ma lo abbandona per balzar d’uno in altro», dice un recensore pur nel complesso favorevole (Gazzetta di Milano, n. 249, 5 settembre 1816, p. 986). Peter Lichtenthal, primo promotore dell’interesse per la ‘musica tedesca’ nell’ambiente musicale milanese, sostenne posizioni analoghe, ma in senso negativo: Soliva avrebbe mal interpretate e applicate le tecniche della ‘scuola tedesca’ (Piccardi, 2001, p. 409). A Stendhal (1817) si deve il più entusiastico, e noto, giudizio su Soliva: «Sa musique est la plus ferme, la plus enflammée, la plus dramatique que j’aie entendue de ma vie [...] Cela est beau comme les plus vives symphonies de Haydn» (pp. 12, 14). Ma ben presto cambiò idea (p. 31).
Soliva in effetti rimase il compositore di un unico grande successo: ebbero scarso seguito Berenice di Armenia al teatro Regio di Torino (26 dicembre 1816, dramma per musica, libretto di Jacopo Ferretti), indi, tutte alla Scala, Le zingare dell’Asturia (5 agosto 1817, melodramma semiserio, Romani), Giulia e Sesto Pompeo (24 febbraio 1818, dramma per musica, Benedetto Perotti), Elena e Malvina (22 maggio 1824, melodramma semiserio, Romani). Come molti altri operisti coevi travolti dall’alta marea rossiniana, Soliva finì per ripiegare su altri generi e sull’insegnamento. Si ha testimonianza di esecuzioni di sue sinfonie nelle accademie di musica strumentale dirette da Alessandro Rolla. Pubblicò con Ricordi, tra l’altro, sei valzer per clavicembalo/pianoforte nel 1819, e nel 1820 delle variazioni per pianoforte sopra la romanza e la preghiera dell’Otello di Rossini, e sul duetto mozartiano «Là ci darem la mano». Il Grand Trio concertant pour piano, harpe ou deux pianos & alto (Milano, Artaria) fu dedicato a Ludwig van Beethoven, che ringraziò con lettera del 9 febbraio 1821 (Soliva rispose con deferenza il 1° marzo).
Tre anni più tardi Soliva, reduce da un primo soggiorno in Polonia e in viaggio per Milano, incontrò Beethoven a Vienna. La sua voce è registrata nei quaderni di conversazione beethoveniani; il 9 giugno 1824 avrebbe detto: «Aujourd’hui nous n’avons que de Cabalettes. On n’entend plus un Morceau de déclamation [...] La masse du public est partout presque la même. Il y a très peu de vrais conaisseurs» (Konversationshefte, 1974, pp. 261 s.). Beethoven gli dedicò una piccola composizione, il canone Te solo adoro WoO 186 (su parole dalla metastasiana Betulia liberata); nell’autografo, custodito nel Museo nazionale di Cracovia, si legge: «Canone a due voci, scritto al 2do junio 1824 per il Signore Soliva come sovvenire dal suo amico Luigi van Beethoven».
Soliva era giunto a Varsavia nel 1821 su invito del direttorato governativo del teatro, e il 1° giugno fu nominato direttore del dipartimento di canto nel neocostituito Istituto di musica e declamazione, con obbligo d’insegnare il canto in tutte le classi dell’istituto e di offrire consigli ai giovani cantanti impegnati nel teatro Nazionale. Il suo compenso, in quanto specialista straniero, ammontava a 10.800 złoty annui e superava quello del rettore Józef Elsner. Nell’aprile del 1823 il compositore chiese una licenza di due mesi per l’Italia, ma la prolungò arbitrariamente fino al giugno del 1824 (dopo l’andata in scena di Elena e Malvina). Al suo ritorno, grazie al favore del direttorato, il musicista venne nominato direttore del Conservatorio (uno dei dipartimenti dell’Istituto) nonché docente del corso superiore di canto, nonostante il parere avverso di Elsner, che ne riteneva inadeguate le competenze nella tecnica vocale (Elsner, 1957, p. 200). Della stessa opinione era Henriette Sontag: la celebre cantante, ascoltati gli studenti di Soliva nel giugno del 1830, avrebbe detto che «hanno sì voci potenti e buon metodo, ma dovrebbero impostare la voce in modo diverso per non perderla dopo due anni» (Korespondencja Fryderyka Chopina, I, 1816-1831, a cura di Z. Helman - Z. Skowron - H. Wróbleska-Straus, Warszawa 2009, p. 337). Inoltre nel programma didattico il maestro contemplava il solo repertorio italiano, escludendo le composizioni su testo polacco (J. G., 1825, p. 2).
Nondimeno Soliva acquisì una buona reputazione nell’ambiente artistico e sociale di Varsavia. Nel 1822 aveva dedicato allo zar Alessandro I la Sonata per pianoforte, violino e bassetto (Opis΄ del Archiva, 1910, 211); e curò poi le musiche per le esequie imperiali celebrate il 7 aprile 1826 nella cattedrale di S. Giovanni a Varsavia. Profuse molte energie nella pubblicazione di metodi di pianoforte e di canto, anche in lingua polacca: si ispirava ai «migliori autori» e, per il solfeggio, al suo maestro Bonifazio Asioli. Grazie alla riorganizzazione dell’Istituto di musica e declamazione da lui promossa nacquero la Scuola principale di musica dell’Università di Varsavia e la Scuola di arte drammatica e di canto: appoggiato dalla commissione governativa per gli affari interni (Dziadek, 2011, p. 62), Soliva fu promosso direttore di quest’ultima, comunemente nota come Conservatorio, carica che tenne dal 13 febbraio 1827 al 31 dicembre 1830.
Nel periodo varsaviano Soliva compose soprattutto musica da chiesa e da camera e fu apprezzato come direttore d’orchestra: fu infatti uno dei maestri concertatori del teatro Nazionale (1823-30). Per il teatro e per altre istituzioni cittadine diresse opere italiane, spettacoli di gala e concerti sinfonici, inclusa la prima esecuzione del Concerto per pianoforte e orchestra in Mi minore di Fryderyk Chopin, solista l’autore (11 ottobre 1830). Chopin parlò di Soliva in termini lusinghieri: «Ci ha saputo guidare tutti in modo che mai prima, ti assicuro, mi era accaduto di suonare così tranquillamente con l’orchestra» (lettera del 12 ottobre 1830 a Tytus Woyciechowski, in Vita di Chopin attraverso le lettere, a cura di V. Rossella, Torino 2003, p. 84). Il 23 agosto 1825 sposò Marianna Regina Liliana Anna Kralewska (nata il 26 gennaio 1808), figlia di un oste di Varsavia; dal matrimonio nacquero quattro figli (Ludwik Maksymilian, 30 marzo 1827; Jan, marzo 1829; Karol Napoleon Tankred, 26 agosto 1832; Aurelio Giacomo, 2 ottobre 1843).
Il Conservatorio di Varsavia venne smantellato in seguito alla repressione dell’insurrezione polacca contro l’Impero russo (ottobre 1831). Soliva si trasferì a Pietroburgo. Nell’acquisire la posizione di Kapellmeister della compagnia russa presso la Direzione dei Teatri imperiali ebbe il sostegno del ministro della corte imperiale Pëtr Michajlovič Volkonskij (RGIA, f. 472, op. 13, ed. chr. 268, p. 10). Per decisione dello zar Nicola I, l’impiego di Soliva a Pietroburgo venne considerato, anche ai fini dell’anzianità di servizio, come prosecuzione dell’incarico di Varsavia. Dal 12 luglio 1832 rientravano tra le mansioni di Soliva la direzione d’orchestra nelle recite di opere russe, la composizione di musiche da balletto e di altri lavori su commissione della corte, consulenze vocali per i cantanti della compagnia russa, l’insegnamento del canto e della teoria musicale nella Scuola teatrale. Ottenne un alloggio, una remunerazione di 8000 rubli cartacei (elevata a 10.000 dal 1835) e il diritto a una recita operistica annua a proprio beneficio (RGIA, f. 497, op. 1, ed. chr. 5630). Divenne insegnante della gran principessa Aleksandra Nikolaevna, cui dedicò una Ballade et Chansonnette (1840-41), e frequentò il salotto dei fratelli Mateusz e Michał Wielhorski. La musica ch’egli compose per Le cinesi di Pietro Metastasio (versione russa di Rafail Zotov), data al Gran Teatro di Pietroburgo per una sua beneficiata nel maggio 1833, fu criticata per la scoperta imitazione di Saverio Mercadante e Rossini (Peterburgskij teatr, 1833). All’epoca scrisse musiche per il coro della cappella di corte e una Polonaise et Trio à grand orchestre. Nell’aprile 1837 Soliva, i cui servigi di direttore d’orchestra non soddisfacevano più la direzione dei Teatri imperiali, ottenne il collocamento a riposo al termine di un servizio decennale; da allora lavorò solo come professore di musica nella Scuola teatrale.
A Pietroburgo, Soliva aveva inteso riorganizzare il sistema della formazione musicale; ma i progetti da lui proposti furono respinti. Soliva deluse infatti le aspettative proprio nella prima mansione assegnatagli per contratto: la formazione di solisti della compagnia russa. A esami ultimati, le abilità canore dei suoi allievi risultarono insufficienti: la maggior parte di loro aveva in repertorio composizioni in lingua italiana e non in russo. D’altra parte, la commissione riconobbe che i suoi allievi avevano una buona conoscenza della teoria musicale (Michail Glinka, 1988, lo lodò come «eccellente teorico», p. 65). E nella sua classe, in quasi nove anni, si formarono apprezzati musicisti russi.
In una lettera del 10 agosto 1841 – Soliva era stato licenziato esattamente sette mesi prima – Gaetano Donizetti dà notizia del ritorno in Italia di Soliva al tenore Gilbert Duprez: «il bravo maestro Soliva, reduce da Pietroburgo, unico compositore allievo del Cons[ervatorio] di Milano, desidera conoscerti. Parlarti de’ suoi talenti sarebbe il portar vasi a Samo; per le sue qualità te ne lascio giudice» (Lettere inedite di Donizetti, in Studi donizettiani, II, 1972, p. 102). Soliva si stabilì dapprima a Semione (lì nacque il quarto e ultimo figlio; padrino di battesimo fu Giacomo Ciani, il banchiere fuoruscito che il musicista doveva aver conosciuto fin dagli anni di Milano). Nella primavera del 1844 si trasferì a Parigi, dove continuò a dedicarsi alla musica strumentale, alla musica sacra (compose tra l’altro un Te Deum dedicato a Napoleone III) e all’insegnamento. Frequentò la cerchia di George Sand, che lo stimava molto («Soliva, compositeur lyrique d’un vrai talent, professeur admirable, caractère noble et digne, artiste enjoué, enthousiaste, sérieux»; Sand, 1876, p. 461). Ma non dovette abbandonare l’idea di tornare in Italia, se nel 1845 fu in lizza per la carica di censore (ossia direttore) del Conservatorio di Milano. Nel 1846 compose un Compianto sulla tomba di Giovanni Simone Mayr per coro a quattro voci e due campane.
Morì a Parigi il 20 dicembre 1853. È sepolto al Père-Lachaise.
Fonti e Bibl.: RGIA = Rossijskij Gosudarstvennyj Istoričeskij Archiv (Archivio storico statale russo), f. 472, op. 13, ed. chr. 268, ed. chr. 546; f. 497, op. 1, ed. chr. 5630; f. 472, op. 2, ed. chr. 730; Stendhal, Rome, Naples et Florence, en 1817, Paris 1817, pp. 8-19, 31; J. G., O popisie publicznym Instytutu Muzycznego i Deklamacyi (Il saggio pubblico dell’Istituto di Musica e Declamazione), in Gazeta korespondenta Warszawskiego i Zagranicznego, 18 gennaio 1825, n. 11; Peterburgskij teatr (Il teatro di Pietroburgo), in Severnaja pčela (L’ape del nord), 3 giugno 1833, n. 122, p. 1; F. Romani, Artisti contemporanei, in Gazzetta piemontese, 27 luglio 1844, n. 166; G. Sand, Œuvres complètes. Histoire de ma vie (nouvelle édition), IV, Paris 1876, p. 461; Opis’ del Archiva Gosudarstvennogo Soveta (Inventario dell’Archivio di Stato), XIX, Dela Stats-Sekretariata gercogstva varšavskogo i carstva pol΄skogo s 1807 goda po 1825 god (Affari della Segreteria di Stato del ducato di Varsavia e del regno di Polonia, 1807-1825), Peterburg 1910, pp. 214-217, 221; J. Elsner, Summariusz moich utworów muzycznych (Inventario delle mie composizioni musicali), a cura di A. Nowak-Romanowicz, Kraków 1957; Le lettere di Carlo Porta e degli amici della Cameretta, a cura di D. Isella, Milano-Napoli 1967; L. Spohr, Lebenserinnerungen, a cura di F. Göthel, Tutzing 1968, pp. 245 s. (9 settembre 1816); Ludwig van Beethovens Konversationshefte, VI, a cura di K.H. Köhler - G. Herre - H. Schöny, Leipzig 1974, pp. 258-262; La testa di bronzo, a cura di G. Tintori, Milano 1980; J. Falenciak, C. S. e la Polonia, in Musica, teatro, nazione dall’Emilia all’Europa nel Settecento, Modena 1981, pp. 187-201; M. Glinka, Zapiski (Documenti), a cura di A.S. Rozanov, Moskva 1988, pp. 65, 77; W. Tomaszewski, Bibliografia warszawskich druków muzycznych 1801-1850 (Bibliografia delle stampe musicali di Varsavia, 1801-1850), Warszawa 1992; “Giulia e Sesto Pompeo”. Una documentazione sull’opera di C.S. compositore dell’Ottocento tra centro e periferia, a cura di P. Carlomagno - C. Piccardi, Lugano 1998; C. Piccardi, C.S., operista europeo nel fermento della Milano neoclassica, in Fiori musicologici. Studi in onore di Luigi Ferdinando Tagliavini, a cura di F. Seydoux, Bologna 2001, pp. 397-479; S. musicista europeo (1791-1853), Atti del Convegno internazionale, Casale Monferrato... 1999, a cura di S. Baldi, Torino 2001; M. Dziadek, Od Szkoły Dramatycznej do Uniwersytetu: dzieje wyższej uczelni muzycznej w Warszawie 1810-1944, (Da Scuola di Arte drammatica a Università: storia dell’istituto superiore di musica di Varsavia, 1810-1944), I, Warszawa 2011, pp. 51, 55, 57-63, 67; M. Deasy, Looking north: C.S. and the two styles south of the Alps, in The invention of Beethoven and Rossini: historiography, analysis, criticism, a cura di N. Mathew - B. Walton, Cambridge 2013, pp. 139-158; G. Petrova, O peterburgskoj kar’ere Karlo Solivy (La carriera pietroburghese di C. S.), in Opera musicologica, 2013, n. 16, pp. 36-54; W. Antonczyk, Muzyczne dary polskich kompozytorów: nuty z bibliotek nadwornych Petersburga, 1799-1912 (Doni musicali di compositori polacchi: partiture dalle biblioteche di corte di Pietroburgo), in Muzyka, LX (2015), 2, pp. 25-53; Z. Helman, C.E.S. e Fryderyk Chopin, in Chopin e l’Italia, a cura di J. Miziołek, Varsavia 2015, pp. 61-73; C. Piccardi, Italiani e oltremontani. Stazioni di una disputa negli anni della Restaurazione, in Studi musicali, n.s., IX (2018), in corso di stampa.