FAIT, Carlo
Figlio di Antonio, oste, e di Angela Galvan da Borgo Valsugana, nacque a Rovereto (Trento) l'8 genn. 1877.
Il F. iniziò il suo apprendistato presso i marmisti Scanagatta di Rovereto. Iscritto per due anni ai corsi della scuola di ornato a Trento, nel 1897 si trasferì a Milano, dove frequentò per qualche mese il primo corso preparatorio dell'accademia di Brera; interrotta anche questa esperienza, iniziò la vera pratica di modellazione e finitura del marmo presso gli studi di alcuni scultori della città. All'inizio del secolo conobbe P. Canonica, più anziano di lui di soli otto anni, ma già pienamente affermato, che lo volle con sé nel suo studio torinese. Dal 1906 - anno in cui espose un ritratto in bronzo (cfr. catal. della Promotrice) - al 1934 il F. partecipò per dieci volte alle collettive della Società promotrice di belle arti di Torino, dove fu di nuovo presente molto più tardi, nel 1954 e nel 1967.
Nel 1907, alla VI Esposizione internazionale d'arte di Venezia, presentò Desiderio, un busto femminile in marmo, che ricevette una certa attenzione critica. L'anno successivo eseguì la prima opera pubblica per la sua città natale, un busto in bronzo del letterato settecentesco Clementino Vannetti, considerato un precursore dell'irredentismo trentino; all'inaugurazione del busto, avvenuta nel maggio 1908, era presente anche Cesare Battisti.
L'opera, cui G. Chini dedicò una recensione su L'Illustrazione italiana (7 giugno 1908, pp. 540, 552), subì molte traversie: abbattuta dai soldati austriaci nel 1916 e rifatta dal F. nel 1925 (cfr. Le Arti belle, 30 luglio 1925, foto copertina e p. 146), fu consegnata alle fonderie di guerra all'inizio del secondo conflitto mondiale; solo dopo la guerra, infine, una terza versione fu posta sotto il portico del palazzo della Cassa di risparmio di Rovereto.
Il F. assunse intanto un ruolo sempre più importante nella bottega di Canonica, con cui collaborò nel 1912 alla realizzazione del Monumento equestre al granduca Nicola per una piazza di Pietroburgo, eseguendo altorilievi con scene di guerra. Nello stesso anno seguì Canonica a Roma, dove poté conoscere direttamente la statuaria antica, che ebbe molta influenza sulla sua produzione tarda. Dai lavori di soggetto letterario e allegorico, databili a cavallo degli anni Dieci (Prima Fides, al Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, un'altra versione è nella Galleria roveretana d'arte; Castellana, collocato nella stessa galleria; Fiammetta, opera in collezione privata, pubblicata in Il mondo di C. Belli, Milano 1991, p. 31), fino al busto di bambino intitolato Cattivo umore (esposto alla Promotrice del '21 e acquistato in quella occasione dalla Galleria Ricci Oddi di Piacenza), i modi del F. rientrano nell'ambito del verismo accademico e di un tardo simbolismo.
Dopo la guerra lo scultore ottenne importanti incarichi, per opere commemorative celebrative e funerarie, e fu nominato, nel 1922, cavaliere nell'Ordine della Corona d'Italia. Dei primissimi anni Venti sono una serie di monumenti ai caduti della guerra, sia in Piemonte (Dogliani, Rosignano Monferrato) sia in Liguria (Laigueglia) e in Friuli (Udine e Cordovado: cfr. L'Illustr. ital., 12 ag. 1923, p. 211); eseguì poi alcune tombe per i cimiteri di Torino, Biella, Mezzolombardo e Genova (Staglieno) e inoltre targhe, medaglie e numerosissimi busti e ritratti.
Nel settembre 1930, alla presenza del principe Umberto, fu inaugurato il suo Monumento al conte Cesare Rossi a Chieri. Nel 1934 il F. espose al Salon di Parigi il busto di Giovanna d'Arco, realizzato l'anno precedente, e quello del Don Bosco, opera che fu replicata in seguito per vari enti religiosi (di entrambi esistono copie in gesso presso la Galleria roveretana d'arte). In quegli anni fu colpito da una pressoché completa sordità; si guastarono inoltre i suoi rapporti con Canonica, dal quale si sentiva - dopo il lungo sodalizio - scarsamente riconosciuto, e infine abbandonato. Verso la fine del quarto decennio si rafforzò il legame con la città di Rovereto, mai interrotto; dal 1926 era socio dell'Accademia degli Agiati. Nel 1937 pensò di lasciare al locale Museo Civico una cospicua parte della sua opera; due anni dopo spedì le prime sculture, i calchi e i bozzetti per la nascente Galleria roveretana d'arte. Sempre nel 1939 A. Belloni, uno dei principali committenti del F., donò alla città di Rovereto il Monumento dell'alpino, che fu inaugurato nel maggio del 1940, in concomitanza con il trasporto della campana dei caduti.
Nato come monumento commemorativo della prima guerra mondiale, e destinato in origine ai caduti di Crescentino, il lavoro era rimasto per molti anni nello studio dello scultore prima di essere acquistato dal Belloni.
A cavallo tra il quarto e il quinto decennio del secolo il F. ricevette ancora commissioni di una certa rilevanza: del 1938 sono una Deposizione al cimitero di Torino e il medaglione del chirurgo Antonio Carle a Chiusa Pesio (cfr. Lo scultore e il marmo, 7 ag. 1938, p. 3); del 1941 è il rilievo marmoreo di Pio XII, donato al papa dal Belloni (cfr. Stampa sera, 10-2 apr. 1941); del 1942 il Monumento funebre all'aviatore Sandro Passaleva per il cimitero di Sesto Calende. Nel maggio del 1941 il F. tenne una personale - con la pittrice Velia Rinaldi - al salone de La Stampa di Torino, e successivamente espose nel palazzo dell'Annona di Rovereto. Ma gli incarichi privati e pubblici andarono scemando sempre più con il passare del tempo; tra le opere maggiori degli anni Quaranta e Cinquanta rimangono la statua de La pace (1949), inaugurata in onore dei caduti partigiani a Trino Vercellese (paese natale della moglie del F., Luigia Vanni), e il busto a Luigi Zandonai (1948-1951) per Rovereto. Nel frattempo il F. aveva concentrato tutte le sue energie su un'opera, intitolata La preda, soggetto ispirato al ratto di Proserpina, e il cui primo bozzetto risale al 1934.
Nel 1944, su richiesta dì un committente che lo aveva incaricato di realizzare il gruppo in marmo, dal bozzetto venne tratto un gesso a grandezza naturale (che fu trasportato a Rovereto nel 1956). Nel 1947 anche il marmo era terminato e rivelava le indubbie doti professionali del F., ma il committente, per motivi economici, gli revocò l'incarico.
Il F. trascorse l'ultimo ventennio della sua vita impegnato sporadicamente in qualche opera di poco conto, in una situazione economica sempre più precaria, amareggiato e intristito per il suo stato di salute e alla continua ricerca di un acquirente per il gruppo scultoreo La preda.
Zio dello scultore F. Melotti, di C. Belli, giornalista, scrittore e teorico dell'astrattismo, della cantante R. Melotti, moglie di G. Pollini e madre di Maurizio, anche il F. si interessò alla musica, tanto che tra gli anni Dieci e gli anni Trenta suonò e compose numerosi brani per pianoforte, di cui si conservano anche spartiti editi.
Morì a Torino l'11 marzo 1968; ai nipoti Belli, a lui particolarmente vicini, lasciò varie opere tra cui La preda, che nel 1970 essi donarono, insieme col gruppo della Dama col cane e con diversi lavori dell'artista, alla Galleria roveretana d'arte.
Fonti e Bibl.: Materiale manoscritto e dattiloscritto (epistolari, brani del F.), ma anche ritagli di giornale, spartiti musicali, fotografie, ecc., si trovano a Rovereto, Biblioteca civica Tartarotti, Archivio Carlo Fait, mss. 75. I (15/35.53/54.60/69); sempre relativi al F. sono i Mss. 22-5(12), 66.1(13), 75.1(1), 75.2(4); Ibid., I. Sega, La Galleria roveretana d'arte, in Musei e istituziani per Rovereto: storia e prospettive, tesi di laurea, Univ. di Udine, a.a. 1990-1991, pp. 101-169; Ibid., Museo d'arte moderna e contemp. di Trento e Rovereto, Archivio del '900, Archivio Carlo Belli, R.40/c. 151. Oltre ai cataloghi delle Promotrici e della Biennale, si vedano: necr. in Atti della Accad. Roveretana degli Agiati, s. 6, VI (1966 [ma 1968]), fasc. B, pp. 207 s.; M. Pilo, Settima Esposizione d'arte a Venezia, in Riv. popolare, 31 ott. 1907; V. Pica, L'arte mondiale alla VII Esposizione di Venezia, Bergamo 1907, p. 293; E. Vitelli, L'arte alla VII Biennale di Venezia, Torino 1908, pp. 61 s.; A. Pascal - Lévis, Au Salon de 1934, in Les artistes d'aujourd'hui, 15 giugno 1934, pp. 12 s.; C. Morro, Les artistes vus aux récentes expositions, in La Revue moderne illustrée des arts et de la vie, XXXIV (1934), 12, pp. 10 s.; Il monumento dell'alpino a Rovereto, in L'Illustrazione ital., 9 giugno 1940, p. 928; F. Trentini-R. Wolf, Gli artisti dell'Accademia degli Agiati, in Atti della Accademia roveretana degli Agiati, s. 6, III (1962 [ma 1963]), fasc. A, pp. 46 s.; F. Arisi, Galleria d'arte moderna Ricci Oddi di Piacenza, Piacenza 1988. pp. 260 s.; F.-Belli nell'arte (catal., a cura di M. Kutinceff Pancheri, Rovereto 1989); Artisti del '900. Protagonisti di Rovereto, a cura di G. Belli-G. Marzari (catal.), Rovereto 1991, p. 144; A.M. Bessone Aurelj, Dizionario degli scultori e architetti italiani, Città di Castello 1947, p. 207; A. Panzetta, Diz. degli scultori italiani dell'800, Torino 1989, p. 73; V. Vicario, Gli scultori italiani dal neoclassicismo al liberty, Lodi 1990, p. 284.