FEA, Carlo
, Carlo Archeologo di larga fama: nato a Pigna (Oneglia), il 4 giugno 1753, morì a Roma nel 1836, il 17 marzo, e fu sepolto nella chiesa di S. Lorenzo in Lucina. Venuto giovanissimo a Roma, studiò diritto civile e canonico alla Sapienza e fu ordinato sacerdote. Ma abbandonò il giure per dedicarsi allo studio dell'archeologia. Per la sua fedeltà al Papato fu esiliato per breve tempo a Firenze, nel 1798, e subì anche un processo, nel 1799, che però si risolse felicemente per lui; anzi egli fu nominato commissario alle Antichità dello Stato Pontificio, nomina confermata da Pio VII nel 1801, anno in cui egli divenne anche bibliotecario chigiano. Figura popolare a Roma, eternata nei sonetti del Belli ("un certo avvocatuccio piccinino") e dalla matita del Pinelli, fu anche presidente del Museo Capitolino, e socio di molte accademie.
Svolse in Roma un piano di scavi ordinato e regolare, si occupò della sistemazione dei Musei Vaticani e Capitolini, e, per difendere le proprie idee, sostenne aspre polemiche, ad esempio col Nibby e col Guattani.
Ricercò sempre le tracce della grandezza dell'antica Roma, sicuro che da questa eredità la Chiesa avrebbe tratto nuova gloria; fu quindi uno dei promotori dell'Editto del cardinale Pacca, studiò e tentò di difendere i monumenti antichi, ad esempio il Pantheon, di cui fu il primo a notare le particolarità costruttive della cupola, eseguita in pomice e tufo; individuò templi e monumenti dei Fori, fu lo scopritore del mosaico con gli atleti delle Terme di Caracalla; curò il restauro dei monumenti e cercò di impedire l'emigrazione in Francia delle opere d'arte.
Si oppose a che la riedificazione di S. Paolo, distrutta dall'incendio del 1821, non corrispondesse, secondo il progetto Valadier, alla primitiva basilica. Ebbe una predilezione per i monumenti architettonici, ma si interessò anche di scultura classica, ed in genere ebbe amore fervido ed operante per tutti i campi dell'archeologia, cui egli applicò il metodo storico deduttivo. Tali meriti attenuano i suoi errori.
Pubblicò anche le opere del Winckelmann e del Mengs, ed un'ottima edizione delle opere di Orazio. Oltre alle opere di mero interesse archeologico, scrisse anche di filologia, di letteratura, di storia, di religione, di politica.
Fra le sue opere, si ricorda: Progetto di una nuova edizione di Vitruvio; L'integrità del Pantheon di M. Agrippa; Relazione di un viaggio a Ostia e alla villa di Plinio; Conclusioni per l'integrità del Pantheon, scritte tra il 1801 e il 1807; Della statua di Pompeo Magno a Palazzo Spada, (1812); ed, inoltre, memorie sugli scavi del Colosseo, sulle iscrizioni trovate negli scavi, su frammenti di fasti consolari e trionfali, una descrizione di Roma, la pubblicazione dell'opera del Bianconi sugli antichi circhi, la descrizione di monumenti dei Musei Vaticani e Capitolini.
Bibl.: E. Re, Brumaio dell'abate F., in Nuova Antologia, V, 1929, pp. 216-231; E. Tea, C. F. e lo scavo del Foro Romano, in Atti III Congr. Studi Romani, II, Bologna 1935, pp. 230-235; G. de Angelis d'Ossat, C. F. e lo studio dei Monumenti Romani, in Rivista di Studi Liguri, Sez. Ingauna e Intemelia, II, 1936, p. 315 ss. (con bibl. precedente).